L'ETICA DELL'INDIVIDUALISMO ROMANTICO E LO SCHIFO CHE SI CELA NELL'ALTRUISMO (dal libro che sto scrivendo su Leopardi)
Che Leopardi sia “individualista” non ci possono essere dubbi, dato che la critica che fa al concetto di “massa” mette in discussione l’olismo stesso, cioè la reale esistenza del tutto chiamato “massa”, vale a dire la massa non esiste ed esistono solo gli individui, per cui ne consegue che il concetto di “massa” è costruito razionalmente mediante un’omologazione concettuale livellante delle individualità: “Lasci fare alle masse; le quali che cosa sieno per fare senza individui, essendo composte d’individui, desidero e spero che me lo spieghino gl’intendenti d’individui e di masse, che oggi illuminano il mondo <chiara polemica preventiva nei confronti delle nascenti sociologia e psicologia, ma anche nei confronti del nascente socialismo>” (G. Leopardi - “Operette morali"- “Dialogo di Tristano e di un amico”). Se al termine “massa” sostituiamo il termine “sociale”, ci si accorge che Leopardi ha messo in discussione l’esistenza reale stessa dell’insieme che chiamiamo “società”, ha un atteggiamento palesemente anarchico, nel senso della “società scarsa” di cui parla nello Zibaldone: “Lasci fare al sociale, il quale che cosa sia per fare senza individui, essendo composto d’individui, desidero e spero che me lo spieghino”. Il filo del ragionamento è identico sia che si parli di “masse” sia che si parli di “sociale” ed è quello di un individualista molto radicale. Individualismo radicale che è tipico del Romanticismo, non solo dal segnale per cui esso si incarna nella figura dell’artista, che nel Romanticismo non è un artigiano al servizio della società o della religione, ma anche e soprattutto dal punto di vista etico (per le forme di anarco-individualismo, alla Stirner, o di anarco-aristocratismo, alla Nietzsche - in questo più vicino a Leopardi -, la derivazione dal Romanticismo è palese; anzi occorre dire che l’anarchismo dell’artista romantico nella sua ispirazione creativa e nel suo estetismo, estetismo che nega ogni volgarità, soprattutto quella della ragione, ispirazione che comunque non è contro natura, ma solo indipendente dalla società, ebbene tale anarchismo dell’artista romantico è già, di per sé, una forma di “anarchismo aristocratico”, e, se qualcuno parlasse di Leopardi come di un “anarco-aristocratico”, un po’ come vale per Nietzsche, non starebbe lontano dalla verità). L’etica romantica, in Leopardi come nel Romanticismo tedesco, è individualista, in quel senso estetico e anti-volgare (per cui non può accettare la volgarità egocentrica della ragione filosofica e popolare) che è tipico dell’artista, se ne ha la più grande evidenza nella seguente massima di Goethe: “Chi non può da solo sollevare una pietra, la lasci stare, anche se è in compagnia di un altro" (J. W. Goethe - "Massime e riflessioni" 320). E' questa una massima di altissimo valore morale. Significa, per prima cosa, che ognuno ha il dovere di badare a se stesso e non di sfruttare il prossimo per realizzare i suoi propositi. Poi che contare sul prossimo sistematicamente, come fanno l'organizzazione e l'altruismo, è immorale e nasconde il principio che la massima stessa evidenzia, cioè l’immoralità di trovare una forza superiore per sollevare la pietra. L’unione fa la forza, ma non fa la morale: questo pone come principio morale l’individualismo romantico. Al contrario, l’altruismo, con la sua disponibilità ad aiutare gli altri sempre e comunque, come nell’esempio ad aiutare il proposito dell’individuo che vuole sollevare la pietra, si pone come progetto di potenza. La bontà dell’altruismo e la sopraffazione della potenza sono la stessa cosa. La bontà e il suo altruismo nascondono la più grande vigliaccheria, quella di far numero, e la più grande prepotenza che sia immaginabile sempre celata nel numero, specie se coordinato nell’organizzazione nei gesti più semplici della struttura tecnica, meccanica o umana che sia: “gesti semplici <premere un pulsante al momento giusto> - posizione delle dita, flessione della gamba..sono..le componenti di base per le condotte utili..che assicurano un addestramento generale della forza, dell’abilità, della docilità.. Finalizzare questi segmenti temporali, fissar loro un termine..<garantisce> la conformità” (M. Foucault - “Sorvegliare e punire” - Parte 3°, I). Una massa organizzata rappresenta la più grande viltà di fronte all’individuo e ad una folla disorganizzata, è la viltà del soldato che si differenzia dall’eroismo del guerriero. Anche se vince la massa, il guerriero resta sempre moralmente superiore, questo insegna la morale romantica da Goethe, passando per Leopardi, fino a Nietzsche. E’ sconcertante scoprire che di questa viltà arrogante è stato fatto il principio della morale, quella che Nietzsche chiama “morale dello schiavo”. Il Romanticismo stava smascherando questo inganno e Leopardi, ma a modo loro anche Stirner e Nietzsche, denunciano proprio questa viltà arrogante, non ponendo, per tranquillizzare, sicurezze che non esistono, ma ponendo l’individuo davanti alle sue responsabilità nella lotta quotidiana per l’esistenza. Ogni altruismo, sublimazione morale dell'organizzazione, è solo ricerca di forza, di potenza, di dominio e allo stesso tempo un vendere la propria libertà e dignità per inseguire propositi smisurati. Significa volersi fare Dio, come fanno la scienza, la tecnica e la religione dell'Umanità.