RAGIONE, RELIGIONE, SCIENZA (dal mio libro su Leopardi)
La ragione è,dunque, solo una “facoltà mentale” dell’uomo e quel che contiene si presume “uguale” solo perché nessuno può entrare nella testa altrui. Essa può dar luogo a due manifestazioni: quella informale e quella formale. Si badi, anche il mondo terreno della natura è informale, ma non è costituito dalla ragione, perché esso si trova collocato fuori della nostra facoltà della ragione, per cui l’informalità della natura e l’informalità della ragione sono cose completamente diverse, anzi opposte, nel senso che l’informalità della ragione è nichilismo rispetto al mondo terreno, quel nichilismo che Nietzsche ritrova nell’asceta, che si distacca del tutto, anche se illusoriamente, dal mondo terreno. La ragione, essendo costituita solo da una facoltà della mente di astrarre dalla realtà mondana immediata, perversione tipicamente umana e segno del fatto che l’uomo è l’animale più debole esistente sulla terra, prima fisicamente e di conseguenza moralmente, si contrappone alla natura, come il nulla alle singole cose. Come “ragione informale” essa si attiene alla mente chiusa in se stessa, assolutizza questa perversa facoltà, non vede nulla “al di fuori”, senza più un esterno, come un cieco che, non vedendo il mondo, dice che non esiste, immagina di essere “infinita”. L'infinito è un negativo, significa "non-finito", non indica alcuna realtà, indica un nulla che non esiste e non può essere contrabbandato per essere supremo o comunque come criterio, divenuto formale, di giudicare il mondo (ragione in senso classico). Esiste solo l’infinito che non ha parti e non si diversifica al suo interno, da qui il mito dell’unità uniforme. Teologizzata come divinità ha dato luogo alle religioni spirituali, il Dio cristiano, l’Allah islamico, il Brahman indiano, il Nirvana buddhista non sono altro che questo nulla contrapposto alle singole cose del mondo, vengono immaginati come infiniti perché è la facoltà mentale chiusa in se stessa e con i sensi chiusi: occhi, tatto, ecc. Infatti la prima cosa che viene negata sono il corpo o i sensi che ci forniscono la realtà, mentre la “facoltà mentale” della ragione vuole proprio collocarsi fuori della realtà. Se la ragione rimane informale essa diventa causa e fondamento di tutte le cose, cioè in pratica afferma un mostruoso egocentrismo o antropocentrismo, perché è come se dicesse che una “facoltà mentale umana” fosse causa e fondamento di tutte le cose: “Di tutte le cose misura è l’uomo” (Protagora - “Frammenti” 1). Questa idiozia, che ignora l’incomprensibilità delle cose naturali, è vera per un verso, falsa per un altro verso. E’ vera nel senso che è l’uomo ad attribuire misura alla cose, ma le cose, prese per se stesse, non hanno questa misura. E noi le cose senza misura le vediamo, le tocchiamo, basta non provare a immetterle nella falsa “comprensione” della ragione. Quando si dice che tutto ha fondamento nel Brahman o che tutto è stato fatto o voluto da Dio, dato che Brahman e Dio sono assolutizzazioni della facoltà umana della ragione, in pratica è come se si dicesse che l’uomo, con la maschera di Dio, di Allah, del Brahman, “comprende”, “include” tutto il mondo per via mentale. Il che è una sciocchezza gigantesca. Il passaggio dalla “ragione informale”, o ascetico-religiosa, alla “ragione formale”, filosofico-scientifica, che, in parte, avvenne già nell’antica Grecia (per questo Leopardi e Nietzsche hanno ragione a prendersela con i filosofi, che hanno introdotto il nichilismo e antropocentrismo della ragione), non muta il contenuto nichilistico della ragione. La “ragione formale”, che dà luogo a alla filosofia razionale (con delle eccezioni) e alla scienza (senza eccezioni: il che significa che in uno scienziato la stupidità è fuori di dubbio, mentre in un filosofo è da verificare, ma il 95% dei filosofi sono stupidi), è la facoltà della ragione umana che smette di starsene separata per suo conto, come nelle religioni e in particolare nell’ascetismo (l’asceta è un religioso coerente, i normali fedeli delle religioni sono solo delle nullità conformiste), ma si mette praticamente a “comprendere” il mondo, creando un mondo falso e parallelo fatto della frammentazione formale del nulla, ripetendo all’infinito il nichilismo della ragione. La più perfetta frammentazione del nulla, cioè della facoltà mentale, è la ripetizione all’infinito del numero, la matematica e la geometria sono ripetizioni all’infinito dell’uniformità e unità della ragione informale in modo formale. Non si tratta del mondo reale, dove ci sono infiniti individui separati e diversi, ma si tratta di una divisione della pura ragione. Se la ragione informale era unità, non aveva parti, era infinita e sempre uguale a se stessa, la frammentazione dovrà avere le stesse caratteristiche all’interno di ogni forma e, sebbene la matematica fosse già stata creata ed esaltata dai pitagorici, la migliore definizione della matematica è la seguente: “Così dunque se ci fosse un molteplice esso dovrebbe essere tale quale è l’uno” (Melisso - “Frammenti” 8). Se Parmenide può aver ricevuto qualche influenza dai pitagorici, che, però, tende a superare, giacché la matematica tende all’infinito, Melisso è pienamente pitagorico (quindi non discepolo di Parmenide), giacché immagina l’Essere come uno, infinito e tale da ammettere il molteplice solo se è una ripetizione dell’uno, cioè della ragione, della facoltà umana del pensare vuota di ogni cosa pensata. Il numero 1, il numero due (che unisce due 1) ecc. sono una serie infinita di nulla a cui è stata data forma. La matematica è nichilismo formale. Infatti, senza ricondurla ad una facoltà mentale umana, nessuno sa spiegare cosa sono il numero e la matematica. La matematica può essere sempre e solo pensata e mai vista o toccata, nessuno ha mai visto o toccato il numero 1, 2, 3 ecc., questo perché è una semplice facoltà mentale umana o ragione nella posizione della “ragione formale”. La proiezione visiva del numero è il punto: ogni linea o figura geometrica non è altro che una successione di punti. Ma anche il punto nessuno l’ha mai visto o toccato: “Punto è ciò che non ha parti” (Euclide - “Gli elementi” - Definizioni, 1). Attenzione a non fare confusione, anche i corpi, animali o vegetali, della natura non hanno parti, essendo la scomposizione analitica un lavoro compiuto dalla ragione tramite i concetti e le idee, mentre qui si parla di un presunta oggettività visiva razionale. Successivamente la filosofia, ma soprattutto la scienza, hanno seguitato a raggruppare le entità secondo il criterio dell’uniformità o eguaglianza, uniformità significa, appunto, ridurre a uno: così, seguitando a trattare il molteplice come se fosse uno, secondo quanto detto da Melisso, si raggrupparono gli esseri viventi, nacquero i concetti di uomo, di pantera, di gallina ecc., raggruppati in questo modo omogeneo tramite l’unificazione dell’uniformità, si poté accostare il mondo parallelo della ragione a quello reale, la pantera che ho qui di fronte, diversa da tutte le altre pantere per mille cose, viene vista solo secondo l’uniformità del concetto e quindi da “pantera” diventa “una pantera”. Se fosse presente un’altra pantera, la prima pantera e la seconda diventerebbero “due pantere” e così via. Già il linguaggio, che è figlio della ragione in gran parte, tradisce la realtà, non si doveva dire neppure “prima” e “seconda” pantera, ognuna delle due pantere non sa nulla, a ragione, di essere la “prima” e la “seconda”. Questo raggruppamento si può definire imposizione di uniformità per sintesi, sparisce l’individualtà e diversità delle pantere. Poi c’è l’uniformità per analisi, che raggruppa lo stesso per uniformità, ma lo fa solo dopo aver scomposto con un’idea o un concetto la singola pantera e parla della zampa della pantera. Nel concetto “zampa di pantera” sparisce ogni differenza tra le zampe delle pantere, la ragione scompone e fa credere, cosa falsissima, che i corpi individuali siano dei composti (come ripete ogni scolaretto a scuola a cui hanno fatto il lavaggio del cervello con le scienze, specie quelle naturali). Più si accentua l’uniformità per sintesi, più si accentua l’uniformità per analisi, più la realtà naturale sparisce e l’uomo resta chiuso nella sua facoltà mentale della ragione. Filosofia e scienza diventano, così, delle vere e proprie forme di pazzia, dovendo intendere per pazzo colui che perde il senso della realtà. L’uniformità per sintesi, ad esempio, porta a credere che gli uomini siano tutti “uguali”, che è la base dell’odierna (che vuol coprire interessi economici, con un’etica dell’uniformità e della ragione) globalizzazione. L’uniformità per analisi porta a creare l’analisi dell’analisi, in un processo che può andare avanti all’infinito, si viene a creare, così, un mondo parallelo alla realtà fatto di micro-particelle o micro-organismi. L’ennesima truffa di questo mondo analitico della ragione consiste nel far credere che l’analisi fornisce sempre più particolari, tipico è l’esempio del DNA (in nome del quale, come se fosse l’oracolo di Delfi o Dio sul monte Sinai che detta le regole della legge), e quindi possa identificarsi con la particolarità del singolo individuo reale. Questa è una menzogna, perché la moltiplicazione delle uniformità comprese nell’analisi non porta assolutamente alla singolarità di ogni essere vivente. E’, quindi, tutto un mondo di confusione, di cui alcuni fanno le spese, venendo perseguitati dalla legge.
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