IL CORPO E L'INGANNO DELLA GLOBALIZZAZIONE - dal mio libro su Leopardi
Se il filo conduttore di una filosofia si trova nel corpo e nei sensi, come capita in quelle di Leopardi e Nietzsche, queste filosofie sono, inevitabilmente, delle filosofie del limitato e questa è una verità assoluta perché esistono solo individui tutti limitati nello spazio e nel tempo. L’infinito e l’eterno non riguardano l’uomo e nessuna delle singole cose del mondo terreno, infatti gli stessi romantici non lo riferivano all’uomo, ma all’universo, alla natura, e consideravano, comunque, l’universo costituito di entità finite. L’infinito romantico è solo una considerazione sintetica dell’infinità delle entità finite dell’universo, in cui l’uomo appare, come nei quadri di Friedrich, piccolo o comunque di spalle, come a indicare la sua non eccessiva importanza. Immaginare un infinito e un eterno posti oltre l’universo e aventi caratteri antropologici è appunto fare metafisica ed è, nello stesso tempo, egocentrismo e antropocentrismo. Per questo, così come il corpo ha orizzonti limitati (cosa che la globalizzazione sta negando con l’inganno dei mezzi mediatici, per cui la globalizzazione è un inganno: è un'illusione mediatica che altera intellettualmente i comportamenti umani decentrandoli dalla realtà del corpo), anche i sensi, gli istinti, i sentimenti hanno orizzonti limitati e questa è la loro forza e autenticità, perché l’illimitato nell’uomo sarebbe uniformità e nichilismo: “La mia vista, per debole o forte che possa essere, vede soltanto un tratto in lontananza, ed è in questo tratto che vivo e mi agito; questa linea d’orizzonte è il mio prossimo, grande e piccolo, destino, cui non posso sfuggire. In tal modo, intorno ad ogni essere sta un cerchio concentrico che ha un punto centrale e che gli è peculiare" (F. Nietzsche - "Aurora" 117). L’invalicabilità del nostro essere individui, corpo e sensi è la nostra necessità libera, ogni necessità è limitata, lo diceva già Parmenide: “la dominatrice Necessità lo tiene <all’Essere> nelle strettoie del limite <questa limitatezza dell’Essere di Parmenide dovrebbe esclude l’eterno e l’infinito>” (Parmenide - “Frammenti” 8), per cui non solo c’è un limite, un orizzonte all’esterno, ma anche all’interno: il corpo è cosciente di sé tramite istinti e sentimenti, ma non tramite il pensiero, per cui, così come l’uomo non comprende il mondo con il pensiero, ma è compreso in esso tramite il corpo, allo stesso modo il pensiero non comprende il corpo e quindi neppure l’immediatezza dei suoi istinti e sentimenti: “Per quanto uno faccia progredire la conoscenza di sé, nessuna cosa potrà mai essere più incompleta del quadro <comprensione globale> di tutti quanti gli istinti che costituiscono la sua natura” (F. Nietzsche - “Aurora” 119). I sensi non comprendono il mondo esterno, ma almeno accedono ad esso, mentre il pensiero è cieco, riguardo a se stessi il pensiero comprende ancor meno degli istinti e dei sentimenti, giacché non comprende proprio questi ultimi che sono la voce del corpo e della personalità individuale.
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