LEOPARDI E IL SUPERUOMO
Il superuomo, per poter esistere senza
assistenza, per avere il coraggio della lotta e perfino di morire in essa per
non essere sconfitto nella sconfitta, come la “ginestra” di Leopardi, deve
avere quella forza fisica e morale da cui lo stesso Leopardi faceva derivare la
grandezza dell’uomo, forse non ci si rende conto che i seguenti concetti di
Leopardi, non solo sono in linea con il titanismo romantico, ma addirittura
anticipano il superuomo di Nietzsche: “il
corpo è l’uomo; perché..la magnanimità, il coraggio, le passioni, la potenza di
fare, la potenza di godere, tutto ciò che nobile e viva la vita, dipende dal
vigore del corpo, e senza quello non ha luogo. Uno che sia debole di corpo, non
è uomo, ma bambino” (G. Leopardi - “Operette
morali” - “Dialogo di Tristano e di un amico”). Chi dà una simile
importanza al corpo non può essere definito “pessimista cosmico” ed essere
associato a Schopenhauer. Leopardi ha, invece, definito perfettamente la “volontà
di potenza” del superuomo nietzscheano: “La
parola ‘superuomo’, che designa un tipo benriuscito al massimo grado, <è>
in contrapposizione all’uomo ‘moderno’,
all’uomo ‘buono’ ai cristiani ed ad altri nichilisti” (F. Nietzsche - “Ecce homo” - Perché scrivo libri così buoni 1)
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