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lunedì 9 settembre 2019


L'OPPRESSIONE SOCIOLOGICA E SOCIALISTA

Il concetto di “sociologia” e quello di “socialismo” fanno capo al concetto di “società”, di cui uno si presenta come “scienza della società” e l’altro come “politica sociale alternativa”. Si è anche tentato di presentare il socialismo come scienza, come fece Marx, appoggiandosi a un nauseante economicismo che avrebbe portato il capitalismo a distruggersi per le sue contraddizioni, ma questa “scienza del socialismo” solo gli idioti l’hanno presa sul serio. Questo non perché la scienza sia seria e il socialismo no, ma perché il socialismo è un progetto sociale alternativo e niente di più. Sia come “scienza”, sia come “politica sociale alternativa”, la società, in un modo o nell’altro, viene assolutizzata. L’individuo viene preso sempre come parte di un insieme che appare “organico”, la società, che ha vita propria nelle istituzioni, nel mercato o in altro prende l’individuo, in ogni caso, solo come una frazione e non una libera e forte individualità. Nonostante tutte le correzioni, in senso culturale in opposizione alla struttura economica marxista e di molto socialismo, in un senso civile articolato rispetto al tentativo dei positivisti di considerare la sociologia una “scienza” ad imitazione delle “scienze naturali”, alcuni elementi strutturali nel socialismo e nella sociologia sono rimasti intatti rispetto al suo fondatore Comte. Perfino “l’individualismo metodologico” della scuola economica di Vienna, che nasce nell’ambito della sociologia, considera l’individuo come interconnesso a priori nella società, che, poi, finisce per essere il capitalismo, come se il capitalismo non avesse dimensioni organizzative e organicistiche. Le ha solo rese più elastiche e usa l’individualismo per giustificare quel liberismo economico che, di fatto, è il capitalismo, in cui l’indiidualità assume la dimensione egocentrica del padrone o dell’azienda privata intorno alla quale girano quegli schiavi del “datore di lavoro” che si chiamano lavoratori. Il fatto stesso che l’individualismo metodologico della sociologia liberista ci tenga a distinguersi dall’egoismo e dall’esistenza di individui indipendenti (presentandoli per isolati, mentre il singolo si rapporta agli altri con le emozioni, gli istinti, i sentimenti: quando si va al bar, il barista non oggetto di un rapporto personale, privato o pubblico che sia, ma organizzativo-organicistico: il barista è la sparizione, ad esempio, di Mario nella “funzione”, questa riduzione dell’individuo a funzione c’è tanto nella sociologia olistica o classica, che nella sociologia individualistica, come c’è, e in modo brutale, in ogni forma di socialismo, sia esso nazi-fascista o comunista). Società, sociologia, socialismo, come entità sopra-individuali non possono piacere né a Leopardi e né a Nietzsche, che nell’attegiamento anti-sociale, anti-sociologico, anti-socialista hanno l’ennesimo, forte, punto di convergenza. Essi, assieme a Stirner e agli anarchici individualisti, rappresentano proprio quegli individualisti che la sociologia dell’individualismo metodologico, o capitalismo nella sua vesta economico-sociologica, condanna. Il fatto che l’individualismo metodologico sia una “teoria della società” la dice lunga sul fatto che il termine usato, cioè individualismo, sia fortemente ingannatore e fa venire in mente perché certe volte Nietzsche condanna l’individualismo, appunto perché vede l’individuo come un ente inserito a priori in un ordine sociale, anziché creare i suoi rapporti su base personale: “Quali sono, dunque, le caratteristiche di un vero individualismo <in realtà del ‘falso individualismo’>? La prima cosa da dire che esso è, innanzitutto, una teoria della società, un tentativo di capire le forze che determinano la vita sociale dell’uomo..Ciò..dovrebbe essere sufficiente per respingere il più sciocco dei comuni equivoci: la convinzione che l’individualismo postuli..l’esistenza di individui isoltati o indipendenti, anziché partire da uomini la cui natura e carattere vengono complessivamente determinati dalla loro esistenza nella società” (F. A. von Hayek - “Individualismo: quello vero e quello falso” 3). Questa visione dell’individuo presuppone che egli sia inserito a priori nella società come ente reale, mentre essa non è altro che un insieme di simboli, di convenzioni, di costumi che vengono o seguiti o imposti, cioè niente di reale. Perfino vestirsi è una convezione, se si tiene presente che i primitivi spesso erano nudi. Figurarsi poi il vestirsi in un modo anziché in un altro. Questo individualismo è una forma di sociologia che si accomoda agli interessi economici del mercato, santificato da essa in mille modi. Che poi abbia ragione nel condannare il totalitarismo delle varie forme di socialismo è un altro discorso, in ogni caso rimane una sociologia, cioè perfino la sociologia individualistica, quasi una contraddizione in termini, ha la stessa struttura aprioristica organizzativa e organicistica che è presente nella sociologia fin dalla sua nascita nel Positivismo e che non l’abbandona, a meno che non smetta di essere società a priori e quindi scienza sociologica. La sociologia non può fare a meno di esaminare solo concetti e mai individui reali, Mario, in quanto Mario, non è oggetto della scienza sociologica, è oggetto della sociologia solo in quanto concetto, cioè barista, padre, politico, in quanto fa parte di un gruppo, di una famiglia, di una funzione sociale. Si dirà, allora, che Mario, in quanto Mario, può essere oggetto della psicologia, cosa che Comte, olista fino alla nausea, negava, ma anche la psicologia non esamina che concetti, cioè la varie tipologie o patologie che costruisce sugli individui, per di più tende a supporre l’individuo come entità psichica, cioè sostanzialmente spirituale, mentre fa del corpo un organismo, mentre l’individuo non è né un’entità psichica e né il suo corpo è un organismo, ma è un corpo vivente assolutamente personale e incomparabile, non classificabile, in cui corpo, sensi, istinti, sentimenti costituiscono quel tutt’uno che è la sua unicità personale. Ma la sociologia ricorre alla psicologia solo quando quest’ultima assume vesti collettive. La psicologia di Mario, che lo stesso psicologo crea arbitrariamente con concetti, alla sociologia neppure interessa se non ha un qualche significato di gruppo, collettivo. Leopardi e Nietzsche detestano, a ragione, società, sociologia e socialismo allo stesso modo.
    La sociologia, quindi, ha dei punti fermi che risalgono alla sua stessa orgine legata al fortissimo e bestiale olismo positivista. E, se il socialismo è alternativo alla società borghese solo per i suoi tratti cristiani ed egualitaristi, tanto che un anarchico molto acuto la definì, la sociologia è direttamente un prodotto della società borghese, come tutta la scienza. L’idea del socialista come alternativa al borghese è una delle più grandi menzogne mai diffusa da quella che si chiamava la “sinistra”: “Il socialismo è un corpo borghese contenente una volgarissima animaccia cristiana” (R. Novatore - “Le mie sentenze” (Socialismo)). Si può dire la stessa cosa della sociologia, che borghese lo è per nascita, ma possiede anche “un’animaccia cristiana”, giacché fa della solidarietà sociale un imperativo categorico come la caritas cristiana (Comte non fa altro che parlare di solidarietà per la quale la società sarebbe un’unità a priori, indipendente da ogni decisione individuale) e vede l’individuo solo all’interno di un altruismo di gruppo, di funzione, di ruolo, insomma non vede l’individuo reale, ma solo quello acculturato, che è tutt’altra cosa rispetto alla personalità, istintività e passione del singolo reale. E’, quindi, completamente falso sostenre che la sociologia, come tutte le altre scienze, si basi sull’osservazione, visto che lavora solo dati concettuali causali, funzionali che non sono visibili, ma solo pensati: “la filosofia positiva <qui la sociologia> è innanzitutto caratterizzata..da questa subordinazione necessaria e permanente dell’immaginazione all’osservazione” (A. Comte - “Corso di filosofia potivia” -  lezione XLVIII). Questo olismo a priori non ha mai abbandonato la sociologia, che è del tutto incapace di capire l’individualità come indipendenza e personalità materiale, tanto che, fin dall’inizio, essa vede il singolo sempre e solo nel tutto, totale o parziale, cioè nel nichilismo metafisico dei concetti e dei ruoli, nell’organicismo, nell’organizzazione, per la sociologia all’inizio, anziché Dio, c’era l’organizzazione sociale, è contro quanto la religione, è metafisica come la religione: “Una prima contemplazione dell’insieme dei fenomeni naturali ci conduce a dividerli..in due grandi classi principali, la prima comprendente tutti i fenomeni dei corpi bruti e la seconda tutti quelli dei corpi organizzati. Questi ultimi sono evidentemente..più complicati” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” - lezione II). La società, vista come un “organismo” (visione che fu anche del fascismo e del comunismo), prevede l’unità e la solidarietà degli organi tra di loro, la spersonalizzazione dell’individuo è il presupposto stesso della sociologia, se la sociologia prendesse ogni individuo come “personalità” non potrebbe esistere: “non devo metodicamente stabilire la dimostrazione diretta di una simile solidarietà fondamentale fra tutti gli aspetti dell’organismo sociale” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” - lezione XLVIII), poi: “in virtà della solidarietà di tutti i fenomeni sociali” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” - lezione  XLVIII), infine: “l’intima solidarietà del soggetto diventa qui..superiore a ciò che presentava la semplice biologia” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” - lezione XLVIII). La solidarietà, da quella cristiana a quella socialista, nasconde sempre un totalitarismo organicistico e una spersonalizzazione degli individui. Dall’organizzazione nasce la presunta maggiore complicazione della sociologia rispetto ad altre scienze. La società sarebbe un organismo, qualcosa di organizzato, non è un rapporto tra individui, ma un rapporto metafisico, Mario non si rapporta a Giovanni come Mario, ma come barista, cioè come “funzione” dell’organizzazione sociale, che è metafisica rispetto alla singolarità di Mario. Mario esegue una funzione perché è stato educato a farla e ha accettato di farla. Se non ci fosse l’educazione, la scuola o nessuno accettasse più alcuna “funzione” la società come organizzazione, come totalità olistica sparirebbe all’istante. Rimarrebbero solo i legami personali, basati sul corpo, sui sensi, sugli affetti, sugli istinti, sui sentimenti, vincolanti la persona emotivamente, ma del tutto slegati socialmente, per questo è falso che un individualismo asociale diventi isolamento. Al contrario, è isolamento metafisico ridurre Mario a barista, che è l’egocentrismo del consumatore da una parte e l’egocentrismo di Mario per lo stipendio. Questa metafisica di concetti, di funzioni, di rapporti di causa ed effetto storicistici, di evoluzioni è tutto l’opposto dell’osservazione, gli stessi simboli visivi, vestiti o segni sul corpo che siano, a livello di semplice osservazione non indicano nulla se non si fa riferimento al concetto astratto cui si riferiscono, la sociologia studia concetti di gruppo, di funzione, di simboli, presuppone lo studio delle culture, che suppone a sua volta la conoscenza concettuale di esse, per un Incas la Bibbia non significava nulla, per un primitivo il crocifisso non significa nulla, si osserva il crocifisso non il suo significato simbolico, la sociologia osserva quello che non si vede: perfino un gruppo non si vede, si vedono tanti singoli individui separati ed è proprio questa “separazione” che sfugge alla sociologia: “la fisica sociale <sociologia> considera dunque ogni fenomeno dal duplice punto di vista elementare <statico e dinamico> della sua armonia con i fenomeni coesistenti, e del suo legame con lo strato anteriore <storico> e posteriore <previsione> dello sviluppo umano. Essa si sforza, per l’uno e l’altro motivo, di scoprire per quanto possibile le vere relazioni generali che legano tra di loro tutti i fatti sociali; ognuno d’essi le sembra spiegato <meccanicismo della legge di causa ed effetto che ‘spiega’>..questa nuova scienza..rappresenta necessariamente in maniera diretta e continua la massa della specie umana, sia attuale, sia passata, sia anche futura, come costituente.. un’immensa ed eterna unità sociale, i cui diversi organi individuali e nazionali <individui e nazioni sono diventati ‘organi’ dell’Umanità, più metafisica di così si muore>, uniti incessantemente da un’intima e universale solidarietà.. all’evoluzione dell’umanità” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” - lezione XLVIII). Sembra una predica cristiana o socialista sulla fratellanza umana, sulla presunta realtà delle “masse”. Le masse non esistono, esistono solo quando gli individui si conformano al totalitarismo sociale. Comunque è un fatto non reale, ma solo psicologico, dato che i corpi restano separati e quindi, potenzialmente, fuori dalla massa. Ovviamente l’olismo totalitario della sociologia si protende, oltre che nello spazio e nella storia, anche nell’evoluzionismo (Darwin non aveva ancora scritto, quindi il riferimento è soprattutto Lamarck), che altro non è che l’inseguimento, sociologico o biolgico, di idee similari nel corso del tempo, insomma nulla di reale, perché il reale esiste solo nel presente e non ha quel fenomeno psicologico che è la memoria: “E’ dunque essenzialmente all’insieme dell’evoluzione sociale che dovranno innanzitutto portare questi paragoni storici delle diverse ere della civiltà, per avere un vero carattere scientifico” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” XLVIII). La sociologia, come l’evoluzionismo, ignora la separazione dei corpi individuali e, come l’olismo evoluzionista nel tempo ignora anche la morte, perché la morte compete agli individui e non ai concetti. Nulla, più di quello che comporta quel che dicono Comte e la sociologia, può essere maggiormente detestato da Leopardi e Nietzsche.           

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