L'OPPRESSIONE SOCIOLOGICA E SOCIALISTA
Il concetto di “sociologia” e quello di “socialismo”
fanno capo al concetto di “società”, di cui uno si presenta come “scienza della
società” e l’altro come “politica sociale alternativa”. Si è anche tentato di
presentare il socialismo come scienza, come fece Marx, appoggiandosi a un
nauseante economicismo che avrebbe portato il capitalismo a distruggersi per le
sue contraddizioni, ma questa “scienza del socialismo” solo gli idioti l’hanno
presa sul serio. Questo non perché la scienza sia seria e il socialismo no, ma
perché il socialismo è un progetto sociale alternativo e niente di più. Sia
come “scienza”, sia come “politica sociale alternativa”, la società, in un modo
o nell’altro, viene assolutizzata. L’individuo viene preso sempre come parte di
un insieme che appare “organico”, la società, che ha vita propria nelle
istituzioni, nel mercato o in altro prende l’individuo, in ogni caso, solo come una frazione e non una libera e forte individualità. Nonostante tutte le
correzioni, in senso culturale in opposizione alla struttura economica marxista
e di molto socialismo, in un senso civile articolato rispetto al tentativo dei
positivisti di considerare la sociologia una “scienza” ad imitazione delle “scienze
naturali”, alcuni elementi strutturali nel socialismo e nella sociologia sono rimasti
intatti rispetto al suo fondatore Comte. Perfino “l’individualismo metodologico”
della scuola economica di Vienna, che nasce nell’ambito della sociologia,
considera l’individuo come interconnesso a priori nella società, che, poi,
finisce per essere il capitalismo, come se il capitalismo non avesse dimensioni
organizzative e organicistiche. Le ha solo rese più elastiche e usa l’individualismo
per giustificare quel liberismo economico che, di fatto, è il capitalismo, in cui
l’indiidualità assume la dimensione egocentrica del padrone o dell’azienda
privata intorno alla quale girano quegli schiavi del “datore di lavoro” che si
chiamano lavoratori. Il fatto stesso che l’individualismo metodologico della
sociologia liberista ci tenga a distinguersi dall’egoismo e dall’esistenza di
individui indipendenti (presentandoli per isolati, mentre il singolo si
rapporta agli altri con le emozioni, gli istinti, i sentimenti: quando si va al
bar, il barista non oggetto di un rapporto personale, privato o pubblico che
sia, ma organizzativo-organicistico: il barista è la sparizione, ad esempio, di
Mario nella “funzione”, questa riduzione dell’individuo a funzione c’è tanto
nella sociologia olistica o classica, che nella sociologia individualistica,
come c’è, e in modo brutale, in ogni forma di socialismo, sia esso
nazi-fascista o comunista). Società, sociologia, socialismo, come entità
sopra-individuali non possono piacere né a Leopardi e né a Nietzsche, che nell’attegiamento
anti-sociale, anti-sociologico, anti-socialista hanno l’ennesimo, forte, punto
di convergenza. Essi, assieme a Stirner e agli anarchici individualisti,
rappresentano proprio quegli individualisti che la sociologia dell’individualismo
metodologico, o capitalismo nella sua vesta economico-sociologica, condanna. Il
fatto che l’individualismo metodologico sia una “teoria della società” la dice lunga sul fatto che il termine
usato, cioè individualismo, sia fortemente ingannatore e fa venire in mente
perché certe volte Nietzsche condanna l’individualismo, appunto perché vede l’individuo
come un ente inserito a priori in un ordine sociale, anziché creare i suoi
rapporti su base personale: “Quali sono,
dunque, le caratteristiche di un vero individualismo <in realtà del ‘falso
individualismo’>? La prima cosa da
dire che esso è, innanzitutto, una teoria della società, un tentativo di capire
le forze che determinano la vita sociale dell’uomo..Ciò..dovrebbe essere
sufficiente per respingere il più sciocco dei comuni equivoci: la convinzione
che l’individualismo postuli..l’esistenza di individui isoltati o indipendenti,
anziché partire da uomini la cui natura e carattere vengono complessivamente
determinati dalla loro esistenza nella società” (F. A. von Hayek - “Individualismo: quello vero e quello falso” 3).
Questa visione dell’individuo presuppone che egli sia inserito a priori nella
società come ente reale, mentre essa non è altro che un insieme di simboli, di
convenzioni, di costumi che vengono o seguiti o imposti, cioè niente di reale.
Perfino vestirsi è una convezione, se si tiene presente che i primitivi spesso
erano nudi. Figurarsi poi il vestirsi in un modo anziché in un altro. Questo
individualismo è una forma di sociologia che si accomoda agli interessi
economici del mercato, santificato da essa in mille modi. Che poi abbia ragione
nel condannare il totalitarismo delle varie forme di socialismo è un altro
discorso, in ogni caso rimane una sociologia, cioè perfino la sociologia
individualistica, quasi una contraddizione in termini, ha la stessa struttura
aprioristica organizzativa e organicistica che è presente nella sociologia fin
dalla sua nascita nel Positivismo e che non l’abbandona, a meno che non smetta
di essere società a priori e quindi scienza sociologica. La sociologia non può
fare a meno di esaminare solo concetti e mai individui reali, Mario, in quanto
Mario, non è oggetto della scienza sociologica, è oggetto della sociologia solo
in quanto concetto, cioè barista, padre, politico, in quanto fa parte di un
gruppo, di una famiglia, di una funzione sociale. Si dirà, allora, che Mario,
in quanto Mario, può essere oggetto della psicologia, cosa che Comte, olista
fino alla nausea, negava, ma anche la psicologia non esamina che concetti, cioè
la varie tipologie o patologie che costruisce sugli individui, per di più tende
a supporre l’individuo come entità psichica, cioè sostanzialmente spirituale,
mentre fa del corpo un organismo, mentre l’individuo non è né un’entità
psichica e né il suo corpo è un organismo, ma è un corpo vivente assolutamente
personale e incomparabile, non classificabile, in cui corpo, sensi, istinti,
sentimenti costituiscono quel tutt’uno che è la sua unicità personale. Ma la
sociologia ricorre alla psicologia solo quando quest’ultima assume vesti
collettive. La psicologia di Mario, che lo stesso psicologo crea
arbitrariamente con concetti, alla sociologia neppure interessa se non ha un
qualche significato di gruppo, collettivo. Leopardi e Nietzsche detestano, a
ragione, società, sociologia e socialismo allo stesso modo.
La sociologia, quindi, ha dei punti fermi
che risalgono alla sua stessa orgine legata al fortissimo e bestiale olismo
positivista. E, se il socialismo è alternativo alla società borghese solo per i
suoi tratti cristiani ed egualitaristi, tanto che un anarchico molto acuto la
definì, la sociologia è direttamente un prodotto della società borghese, come
tutta la scienza. L’idea del socialista come alternativa al borghese è una
delle più grandi menzogne mai diffusa da quella che si chiamava la “sinistra”: “Il socialismo è un corpo borghese
contenente una volgarissima animaccia cristiana” (R. Novatore - “Le mie sentenze” (Socialismo)). Si può dire la
stessa cosa della sociologia, che borghese lo è per nascita, ma possiede anche “un’animaccia cristiana”, giacché fa
della solidarietà sociale un imperativo categorico come la caritas cristiana
(Comte non fa altro che parlare di solidarietà per la quale la società sarebbe
un’unità a priori, indipendente da ogni decisione individuale) e vede l’individuo
solo all’interno di un altruismo di gruppo, di funzione, di ruolo, insomma non
vede l’individuo reale, ma solo quello acculturato, che è tutt’altra cosa
rispetto alla personalità, istintività e passione del singolo reale. E’,
quindi, completamente falso sostenre che la sociologia, come tutte le altre
scienze, si basi sull’osservazione, visto che lavora solo dati concettuali
causali, funzionali che non sono visibili, ma solo pensati: “la filosofia positiva <qui la
sociologia> è innanzitutto
caratterizzata..da questa subordinazione necessaria e permanente dell’immaginazione
all’osservazione” (A. Comte - “Corso di
filosofia potivia” - lezione XLVIII).
Questo olismo a priori non ha mai abbandonato la sociologia, che è del tutto
incapace di capire l’individualità come indipendenza e personalità materiale,
tanto che, fin dall’inizio, essa vede il singolo sempre e solo nel tutto,
totale o parziale, cioè nel nichilismo metafisico dei concetti e dei ruoli, nell’organicismo,
nell’organizzazione, per la sociologia all’inizio, anziché Dio, c’era l’organizzazione
sociale, è contro quanto la religione, è metafisica come la religione: “Una prima contemplazione dell’insieme dei
fenomeni naturali ci conduce a dividerli..in due grandi classi principali, la
prima comprendente tutti i fenomeni dei corpi bruti e la seconda tutti quelli
dei corpi organizzati. Questi ultimi sono evidentemente..più complicati” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” -
lezione II). La società, vista come un “organismo” (visione che fu
anche del fascismo e del comunismo), prevede l’unità e la solidarietà degli
organi tra di loro, la spersonalizzazione dell’individuo è il presupposto
stesso della sociologia, se la sociologia prendesse ogni individuo come “personalità”
non potrebbe esistere: “non devo
metodicamente stabilire la dimostrazione diretta di una simile solidarietà
fondamentale fra tutti gli aspetti dell’organismo sociale” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” - lezione XLVIII),
poi: “in virtà della solidarietà di tutti
i fenomeni sociali” (A. Comte - “Corso
di filosofia positiva” - lezione XLVIII),
infine: “l’intima solidarietà del
soggetto diventa qui..superiore a ciò che presentava la semplice biologia” (A. Comte - “Corso di filosofia positiva” -
lezione XLVIII). La solidarietà, da quella cristiana a quella
socialista, nasconde sempre un totalitarismo organicistico e una
spersonalizzazione degli individui. Dall’organizzazione nasce la presunta
maggiore complicazione della sociologia rispetto ad altre scienze. La società
sarebbe un organismo, qualcosa di organizzato, non è un rapporto tra individui,
ma un rapporto metafisico, Mario non si rapporta a Giovanni come Mario, ma come
barista, cioè come “funzione” dell’organizzazione sociale, che è metafisica
rispetto alla singolarità di Mario. Mario esegue una funzione perché è stato
educato a farla e ha accettato di farla. Se non ci fosse l’educazione, la
scuola o nessuno accettasse più alcuna “funzione” la società come
organizzazione, come totalità olistica sparirebbe all’istante. Rimarrebbero
solo i legami personali, basati sul corpo, sui sensi, sugli affetti, sugli istinti,
sui sentimenti, vincolanti la persona emotivamente, ma del tutto slegati
socialmente, per questo è falso che un individualismo asociale diventi
isolamento. Al contrario, è isolamento metafisico ridurre Mario a barista, che
è l’egocentrismo del consumatore da una parte e l’egocentrismo di Mario per lo
stipendio. Questa metafisica di concetti, di funzioni, di rapporti di causa ed
effetto storicistici, di evoluzioni è tutto l’opposto dell’osservazione, gli
stessi simboli visivi, vestiti o segni sul corpo che siano, a livello di
semplice osservazione non indicano nulla se non si fa riferimento al concetto
astratto cui si riferiscono, la sociologia studia concetti di gruppo, di funzione,
di simboli, presuppone lo studio delle culture, che suppone a sua volta la
conoscenza concettuale di esse, per un Incas la Bibbia non significava nulla,
per un primitivo il crocifisso non significa nulla, si osserva il crocifisso
non il suo significato simbolico, la sociologia osserva quello che non si vede:
perfino un gruppo non si vede, si vedono tanti singoli individui separati ed è
proprio questa “separazione” che sfugge alla sociologia: “la fisica sociale <sociologia> considera dunque ogni fenomeno dal duplice punto di vista elementare <statico
e dinamico> della sua armonia con i
fenomeni coesistenti, e del suo legame con lo strato anteriore <storico> e posteriore <previsione> dello sviluppo umano. Essa si sforza, per l’uno
e l’altro motivo, di scoprire per quanto possibile le vere relazioni generali
che legano tra di loro tutti i fatti sociali; ognuno d’essi le sembra spiegato <meccanicismo
della legge di causa ed effetto che ‘spiega’>..questa nuova scienza..rappresenta necessariamente in maniera diretta
e continua la massa della specie umana, sia attuale, sia passata, sia anche
futura, come costituente.. un’immensa ed eterna unità sociale, i cui diversi
organi individuali e nazionali <individui e nazioni sono diventati ‘organi’
dell’Umanità, più metafisica di così si muore>, uniti incessantemente da un’intima e universale solidarietà.. all’evoluzione
dell’umanità” (A. Comte - “Corso di
filosofia positiva” - lezione XLVIII). Sembra una predica cristiana o
socialista sulla fratellanza umana, sulla presunta realtà delle “masse”. Le
masse non esistono, esistono solo quando gli individui si conformano al
totalitarismo sociale. Comunque è un fatto non reale, ma solo psicologico, dato
che i corpi restano separati e quindi, potenzialmente, fuori dalla massa. Ovviamente
l’olismo totalitario della sociologia si protende, oltre che nello spazio e
nella storia, anche nell’evoluzionismo (Darwin non aveva ancora scritto, quindi
il riferimento è soprattutto Lamarck), che altro non è che l’inseguimento,
sociologico o biolgico, di idee similari nel corso del tempo, insomma nulla di
reale, perché il reale esiste solo nel presente e non ha quel fenomeno
psicologico che è la memoria: “E’ dunque
essenzialmente all’insieme dell’evoluzione sociale che dovranno innanzitutto
portare questi paragoni storici delle diverse ere della civiltà, per avere un
vero carattere scientifico” (A. Comte - “Corso
di filosofia positiva” XLVIII). La sociologia, come l’evoluzionismo,
ignora la separazione dei corpi individuali e, come l’olismo evoluzionista nel
tempo ignora anche la morte, perché la morte compete agli individui e non ai
concetti. Nulla, più di quello che comporta quel che dicono Comte e la
sociologia, può essere maggiormente detestato da Leopardi e Nietzsche.