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martedì 6 agosto 2019

GUERRA E COMMERCIO 


Essendo la morte dietro l’angolo di ogni vita, l’unica dignità è vivere la vita con coraggio, anche con la guerra, nonostante i rischi di morte che comporta. Questa viltà del pacifismo si trova nel cristianesimo perché l’ascetismo è esattamente un tirarsi fuori dal mondo in cui si trova la morte, oltre il mondo ci sarebbe l’anima pura con la sua vita eterna. Puro delirio intellettuale! Ma questa viltà è stata trasmessa all’intera civiltà moderna, con la sua ossessione per la sicurezza e per la scienza, che sarebbero mezzi di salvezza e quindi, se non di una vita eterna, almeno per prolungare la vita. La vita è diventata una quantità, la quantità della vita, meglio se eterna, l’infinito è, infatti, la quantità maggiore possibile. Chi accetta la guerra, evidentemente, ragiona in altro modo e dà più importanza alla qualità della vita che alla quantità (per questo è favorevole all’eutanasia), non badando alla quantità della vita, per il guerriero morire oggi o domani conta poco, l’importante è vivere le proprie energie al massimo e liberare per intero la propria personalità. Nella modernità pacifisti sono i comunisti e i borghesi. I primi sia perché eredi del moralismo cristiano e sia perché borghesi insoddisfatti. I borghesi, invece, perché la guerra, dividendo individui e popoli, restituiti alla loro libertà non più condizionata dal mercato, impedisce il mercato globale e quindi la ricchezza del borghese che dipende dalla vastità dei mercati e dei guadagni che ne derivano, per cui, se il comunista è due volte miserevole, una volta perché erede del cristianesimo e una volta perché vuole un’umanità unita e solidale economicamente, il borghese anche è due volte miserevole: una volta perché erede del pacifismo cristiano e un’altra volta perché considera la guerra dannosa ai suoi affari commerciali e finanziari, come già diceva il borghese e pessimo filosofo Kant: “E’ lo spirito commerciale che non può accordarsi con la guerra e che prima o dopo si impadronisce d’ogni popolo” (I. Kant - “Per la pace perpetua” - 1° supplemento, 3). E, in effetti, lo spirito commerciale ha corrotto tutto il mondo, talvolta ha perfino provocato le guerre, in ogni caso ha drogato nel benessere gli uomini, rendendoli schiavi delle leggi e delle raffinatezze. Che il commercio sia più morale della guerra solo un filosofo imbecille come un borghese lo può dire. Il commercio non sa neppure lontanamente cosa sia la dignità, la personalità, segue passivamente la droga del desiderio, non che non sia lecito desiderare, ma, come diceva Epicuro, il desiderio rende schiavi e se non è naturale e necessario è meglio non averlo. Lo spirito commerciale si basa sul desiderio sfrenato che il comunista vuole soltanto inserire nell’uguaglianza. Con imbecilli del genere è quasi vergognoso stare a discutere. Per cui ha del tutto ragione Nietzsche quando afferma che i peggiori nemici della guerra sono gli speculatori, commerciali o finanziari, internazionali; lo vediamo anche oggi, tali speculatori vogliono imporre la globalizzazione e, non solo non consentono guerre (massima espressione di indipendenza), ma non consentono neppure che i popoli siano sovrani su se stessi e siano indipendenti: “Non posso fare a meno di vedere..gli effetti di una paura della guerra..non posso fare a meno di vedere come coloro che propriamente hanno paura siano quei solitari del denaro, veramente internazionali e senza patria, i quali,..hanno imparato a usare malamente la politica come strumento della Borsa, e a sfruttare lo Stato e la società come apparati per il loro arricchimento” (F. Nietzsche - “Lo Stato greco” in “Cinque prefazioni di cinque libri non scritti”).

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