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sabato 18 gennaio 2020

DALL'INDIFFERENZA RELIGIOSA A QUELLA LAICA COMMERCIALE E UMANITARIA 


Buddha e Cristo finirono per confondere i genitori tra i “discepoli” e i seguaci delle loro follie religiose, finendo per considerare gli estranei come fratelli, madri, sorelle e madri, sorelle, fratelli come estranei, in pratica deformando il significato stesso della relazione affettiva particolare e non riconoscendo più la specificità dei rapporti affettivi e delle individualità personali: “Quando Buddha visitò la casa paterna, dodici anni dopo che l’aveva lasciata, fu soltanto per accogliere nel suo seguito la madre e il padre, la moglie e il figlio” (S. Radhakrishnan - “La filosofia indiana” vol. 1°, cap. VII, 4), poi: “chi fa la volontà del Padre mio <Dio, ma potrebbe essere benissimo la società, lo Stato, il Partito ecc.>, egli è mio fratello e mia sorella e mia madre” (“Nuovo Testamento” - “Matteo” 12, 50). Far diventare discepoli il proprio padre, la propria madre, i propri fratelli ecc., significa non distinguerli più dagli altri, è una forma di disumana anaffettività dovuta al fanatismo intellettuale; che Buddha abbia, poi, abbandonato la moglie e il figlio ne fa piuttosto un delinquente che un santo. Tutti fratelli in Dio, significa nessun fratello reale nei sentimenti personali. Nichilismo affettivo. I fratelli o sono pochi e addirittura uno, o non esistono. La civiltà buddhista e cristiana prima, poi quella umanitaria borghese e socialista, prefigurano quella “solitudine affettiva” odierna della società industriale, commerciale, della globalizzazione, in cui si è soli in mezzo alla massa.

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