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lunedì 25 novembre 2019

NIETZSCHE E IL FEMMINISMO 

Ovviamente anche le donne, in particolare le femministe, che sono figlie dell’intellettualismo borghese, cristiano e socialista, quindi di un anarchismo arbitrario che non tiene conto delle differenze corporee e di personalità, finiscono per sbandierare come un dogma la tesi egualitaria. Tesi che disconosce ogni personalità e ogni amor proprio e crea un’immagine di donna unica per tutte le donne e fatta su misura dell’intelletto e della sessuofobia corporea, nonché fatta su misura per entrare in quel servilismo che è la competizione sociale borghese. Non a caso le femministe si lamentano di non avere potere abbastanza e non di non pulire i cessi abbastanza. Ambiziosità borghese dunque. Contro questo tipo di donne “emancipate”, si potrebbe dire anarchiche, se non fossero già pienamente inserite nella competizione borghese per il successo, Nietzsche tuona perché ignorano il vero anarchismo individuale e la vera libertà della donna: “le donne emancipate sono le anarchiche nel regno dell’‘Eterno femminino” <idea platonica che cancella l’amor proprio o egoismo di ogni donna>, le disgraziate, il loro istinto più profondo è la vendetta” (F. Nietzsche - “Ecce homo” - Perché scrivo libri così buoni 5). Che il femminismo si regga sul rancore verso il passato e la storia e che questa prospettiva sia diventata oggi un luogo comune è cosa che sta davanti agli occhi di tutti, basta volerlo vedere. Leggendo i libri di donne borghesi e socialiste del femminismo storico degli anni Settanta e Ottanta, si ha la netta impressione che Nietzsche avesse visto giusto. Falsa emancipazione femminile, falso anarchismo. Una donna deve essere certamente libera, ma non uguale, dato che la libertà si fissa secondo il corpo e non secondo l’astrazione mentale egualitaria.

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