L'ANARCHISMO DI LEOPARDI (dal mio libro su Leopardi)
Una delle pochissime cose corrette che appaiono nel saggio di Gladstone è la seguente: “La politica occupa lo spazio più esiguo nelle opere sue, e c’è n’è giusto abbastanza per mostrare che era insoddisfatto del tono del partito retrivo, cui apparteneva sua padre, mentre non era amico delle rivoluzioni” (W. E. Gladstone - “Opere e vita di Giacomo Leopardi” in “Quarterly Rewiew” del 1850 - vol. LXXXVI). Leopardi era, come Nietzsche, certamente un orgoglioso “inattuale”, fu “ribelle”, ma non fu mai un “rivoluzionario”. Era un “ribelle” e per questo, vista la distinzione che fa Stirner, era anarchico: “La rivoluzione esige la creazione di istituzioni; l’imperativo della ribellione è invece di sollevarsi o innalzarsi” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà” parte 2°, II, 2). Il socialista, in questo erede del cristiano mistico, distrugge le istituzioni per crearne di nuove con la demagogia, l’anarchico si ribella e basta e non accetta nuove istituzioni, che considera tiranniche come le vecchie. Leopardi voleva la “società larga o scarsa”, la società antica, possibilmente arcaica, se era disgustato dai reazionari difensori del trono e dell’altare (vedi il padre), era ancora più nauseato dai liberali progressisti (in cui covavano i futuri socialisti, il socialista è un borghese educato dalla caritas cristiana per tutti, applicata alla società industriale, crede all’idea di comunismo con lo stesso fanatismo con cui un prete con vocazione crede all’idea di Dio, preti e socialisti sono stracolmi di ottusità ideologica). La “società scarsa” è quella società in cui il sussidio agli altri viene fornito solo in casi eccezionali (cadere in un fiume, terremoti, alluvioni ecc.), non quotidianamente e come “sistema”: Leopardi, come Nietzsche, detestava la società dell’amore universale, personificato in Dio, quando Dio scese sulla terra, si venne a creare lo Stato: “L’ingresso di Dio nel mondo è lo Stato” (G. W. F. Hegel - “Lineamenti di filosofia del diritto” (Aggiunte ricavate dalle lezioni di Hegel, compilate da E. Gans, 258)). Questo Dio scesa in terra era il “dover essere”, l’obbligo dell’amore universale, che annientava l’amor proprio che sta alla base della filosofia di Leopardi (e di Nietzsche), amore universale che in terra diventa costrizione, negazione di libertà, cioè Stato, come bene rilevava Stirner: “Lo Stato rappresenterebbe allora la realizzazione dell’amore, sarebbe per tutti l’esistere gli uni per gli altri” (M. Stirner – “L’Unico e la sua proprietà” parte 2°, II, 2). Per Leopardi questa servile demagogia cristiana, borghese e socialista dell’amore universale negava l’“amor proprio” e quindi ha sempre deriso l’amore universale che, come dice il combinato filosofico di Hegel e Stirner, con l’ingresso di Dio nel mondo divenne lo Stato, cioè la schiavizzazione reciproca, come dirà Nietzsche, nella moderna morale dello schiavo. Per Leopardi non c’è una società o uno Stato da perfezionare con il progresso (rivoluzione), ma solo uno Stato a cui ribellarsi (anarchia). A questo Dio fattosi Stato, come amore universale, Leopardi si opponeva e, per quanto si opponeva all’amore universale, di tanto era anarchico individualista. Come già fecero i romantici si ribellò alla radici della modernità, cioè all’Illuminismo, si ribellò al corso della Storia (pessimismo storico) e rimase fermo nella sua posizione anarchica della “società scarsa”, che, se non era quella primitiva, pure apprezzata, era almeno quella dell’antichità arcaica o repubblicana, comunque eroica, in questo in piena linea con Nietzsche.
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