LA
PERFEZIONE, LA NATURA, LA DEMAGOGIA PROTESTANTE DEI LAICI, LA FAMIGLIA, IL
MATRIMONIO, LE ADOZIONI GAY
Esiste la perfezione? Se esiste, esiste
nella realtà naturale e non in quell’artificio che è la società. La perfezione non è nell'idea, tanto meno è la superiorità (+) o l'inferiorità (-), ancor meno è l'uguaglianza (=). La perfezione
è ogni individuo nato, è la differenza tra gli individui e tra i generi, è la
differenza stessa. Si può, dunque, dire che la perfezione è la diversità
naturale. Come tale, la perfezione non è, non può essere, non deve essere,
un’idea, altrimenti non sarebbe più “differenza”. Se la perfezione fosse
un’idea, dato che le idee hanno il carattere dell’unificazione nel concetto, la
perfezione diventerebbe un artificio idealistico, platonico, sociale, cosa che
non è. Se fosse un’idea la perfezione sarebbe uguaglianza nell’idea e per l’idea.
E, infatti, il peggior vizio della demagogia protestante dei laici è proprio
quello di considerare l’idea come perfezione e quindi fissare l’ideale
nell’eguaglianza. Questo criterio, che può avere un senso nell’artificio
sociale, è vera depravazione in senso naturale. Nell’artificio sociale non
esiste alcuna perfezione, mentre la diversità resta l’unica perfezione
possibile, cioè naturale. La diversità individuale, la diversità sessuale sono,
quindi, la perfezione, una società che appiattisca la diversità naturale o che
mortifichi la differenza sessuale, con l’idea del “medio”, del “neutro”, del
passaggio da una diversità all’altra (“trans” e tutti i derivati) è un mondo
che mortifica la natura e la perfezione. Significa voler essere altro da Sé.
Voler essere altro da Sé (alienazione) e mortificazione della diversità,
negazione della perfezione naturale della nascita, sono la stessa cosa.
Se la perfezione fosse un’idea, si
verificherebbe quello che dice Leopardi: “nulla
è né può essere perfetto secondo la frivola idea che noi ci formiamo di una
perfezione assoluta, che non esiste, di una perfezione indipendente da
qualunque genere di cose ed anteriore ad essi..Certo che nulla è perfetto in un
modo che non è, in un modo in cui le cose non sono; e la natura delle cose che
sono non può corrispondere a quella ch’é fuor di loro..Noi sognando andiamo a
cercare la perfezione di ciò che vediamo, fuori dell’esistenza, mentr’ella
esiste qui con noi..immaginando un solo ed assoluto tipo di perfezione,
indipendente e antecedente ad ogni sorta di esistenza, tutti gli esseri
perfetti debbono essere interamente conformi a questo tipo; dunque tutti
perfettamente uguali” (G. Leopardi -
“Zibaldone” 1907-1908). La perfezione, dunque, “esiste qui con noi” e non è un’idea svincolata dalla realtà naturale,
perché in tal caso l’idea, in quanto tale, porterebbe ad un modello unico in
cui sarebbero “tutti perfettamente
uguali”. L’uguaglianza, quindi, non ha nulla a che fare con la perfezione,
giacché la perfezione reale non è un modello unico, ideale, ma è la diversità
naturale, individuale e sessuale, non è assoluta, ma è relativa ai vari
individui e ai vari generi sessuali. E non si tratta di qualcosa di
semplicemente spirituale o intellettuale, perché, in questo caso, si parlerebbe
di idea. La perfezione non è un “Io” astratto, che pensa di essere quello che
il suo arbitrio decide, ma è la reale diversità naturale data: quella corporea,
individuale, sessuale, caratteriale ecc.., cioè cose che non vengono decise
dalla mente, dalla società, dalla cultura, dalle leggi. La diversità non è una
semplice e astratta diversità mentale, ma è una diversità completa tra
individui e sessi. Se questo non rende Mario diverso da Giovanni quanto è
diverso da un marziano, tuttavia la diversità è assoluta nella relatività di
Mario e di Giovanni, se non fosse assoluta, Mario si confonderebbe con Giovanni
ed emergerebbe l’idea “trans”, che, però, è meramente ideale e quindi falsa. Lo
stesso discorso vale tra il maschio e la femmina, la quale è una diversità
assoluta relativa a due individui diversi. Se non fosse così, il maschio si
confonderebbe con la femmina e viceversa, si avrebbe l’idea “trans”, che
confonde i sessi nella morta “neutralità” (transgender). La diversità, quindi,
deve guidare nel giudicare ciò che è perfetto e ciò che è artificioso nei
rapporti umani. L’amicizia è il sentimento che lega due “diversi” individui, ma
non li confonde in nessun modo, l’amore è un sentimento che lega due “diversi”
individui e due “diversi” sessi. Se nell’amore non ci fosse un’assoluta
diversità tra i due individui vincolati, quindi individuale e sessuale, il
maschio si confonderebbe con la femmina e viceversa, emergerebbe l’idea di
“trans” (transessuale, transgender), che, però, è meramente ideale e quindi falsa.
Natura, diversità, perfezione, quindi, sono
la stessa cosa. Quando reputiamo non perfetto qualcosa di naturale lo facciamo
sempre in base ad un pregiudizio ideale o sociale (ad esempio l’idea giudica
imperfetto il labbro leporino, in tal modo si giudica la natura imperfetta, ma
in tale caso, come diceva Leopardi, si valuta una cosa con un'altra, si
valutano quelli che hanno il labbro leporino sulla base di quelli, la
maggioranza, che non lo hanno: “certo che
nulla è perfetto in un modo che non è..la natura delle cose non può
corrispondere a quella ch’è fuor di loro”). La perfezione naturale è, dal
punto di vista morale, superiore ad ogni discrezionalità ideale e sociale. Ne
consegue che non può essere reato cedere all’imperfezione dell’artificiale, ma
resta pur sempre un’inferiorità morale. Quando le imperfezioni artificiali
diventano il modo stesso di essere di una società, vuol dire che questa società
è composta da pervertiti.
Fino a trenta anni fa gli omosessuali
cercavano solo rispetto per le loro tendenze innaturali, cioè volevano che la
società non li punisse, non li perseguitasse. E questo era giusto perché la
violenza su un individuo non è mai giustificata. Da un certo momento in poi,
però, per un processo di egualitarismo borghese dilagante, animato dalla
demagogia protestante dei laici (che espelle dalla persona il corpo e la
natura, quindi anche la differenza individuale e sessuale: è noto che il
protestante considera “Io” solo l’anima che lo congiunge a Dio, mentre
considera il corpo legato al peccato, secondo l’insegnamento di San Paolo che
Lutero riprende), laici che affermano ovunque uno snaturato principio di
uguaglianza, si è equiparata sempre di più la diversità individuale
nell’indifferenza e sostituibilità degli individui (società industriale) e la
differenza sessuale nell’indifferenza (transgender) e sostituibilità tra
eterosessuali ed omosessuali. A questo punto gli omosessuali non hanno più
voluto semplicemente essere lasciati in pace, hanno cominciato ad aggredire,
per farle proprie, le istituzioni che riflettevano la diversità naturale, come
la famiglia, il matrimonio, aggiungendo perfino la volontà di avere figli. Dato
il pregiudizio laico di uguaglianza, che non distingue più le diversità
naturali e quindi ha perso lo stesso concetto morale della perfezione, perdendo
quello di diversità, tutta l’opinione pubblica ha finito, stupidamente, per
appoggiare queste richieste arroganti degli omosessuali (hybris greca),
aggiungendoci sempre quel buonismo che fa passare gli omosessuali per vittime a
priori, anche quando fanno richieste arroganti e contro natura. In quanto
categoria delle vittime, gli omosessuali hanno sempre ragione nel parere
dell’opinione pubblica, in quanto fanno richieste accessibili a tutti gli
eterosessuali, cioè farsi una famiglia, sposarsi, avere figli: in questo caso scatta
subito lo stupido riflesso condizionato mentale del principio di “uguaglianza”,
che comporta il consenso di un’opinione pubblica sempre più in preda alla
demagogia protestante, la quale usa in astratto concetti come “Io”, “persona”,
“amore”, a prescindere da chi ne è l’artefice. C’è da meravigliarsi che non si
parli di matrimonio tra un uomo e un cane o tra padre e figlio, in fondo c’è
“amore” tra di loro. Se si pensa che il sesso non ci può essere (non dovrebbe)
tra uomo e cane o tra padre e figlio, per cui non sarebbe amore completo,
occorrerebbe anche notare che il sesso non è solo un piacere arbitrario della
mente (chiamiamo sesso quello di un individuo che raggiunge l’orgasmo
strofinandosi con un lampione?), ma è anche una conformazione fisica, basata
sulla diversità, giacché il sesso completo non è la procreazione, ma avviene
tramite gli organi riproduttivi, cosa che negli omosessuali non avviene. Gli
omosessuali hanno una sessualità che tende ad escludere gli organi riproduttivi
e la diversità sessuale. L’omosessualità vive di un piacere costruito
mentalmente e che vede solo la mèta come un individuo del proprio sesso,
dimenticando il proprio corpo (alienazione tipicamente protestante), proprio
corpo che viene usato in modo da sostituire, in modo goffo, il sesso reale che
manca. L’omosessualità è una negazione della diversità a livello sessuale e
quindi è una negazione della perfezione naturale. Che i pregiudizi sociali oggi
non comprendano più questo appare ovvio, visto il livello di alienazione
mentale a cui porta l’egualitarismo spirituale protestante dei laici. Armati
del proprio vittimismo e dell’egualitarismo, gli omosessuali si integrano nella
perfetta società borghese: fanno famiglia, si sposano, vogliono figli, tutte
cose che fatte da loro diventano ridicole. Non vogliono sentirselo dire che
sono ridicoli, si arrabbiano per la frustrazione, ma qui si dice solo quello
che si pensa e non si compiace nessuno.
Anni addietro, quando si rifiutava la
società borghese, si rifiutava la famiglia, oggi la vuole anche chi non
potrebbe averla, come gli omosessuali. La famiglia, nelle generazioni educate
dagli anni Sessanta, era un luogo di autorità, esattamente come la fabbrica, un
luogo di padroni e servi: “In mancanza di
déi abbiamo dovuto inventare delle potenti astrazioni, nessuna delle quali ha
maggiore potere distruttivo della famiglia. Il potere della famiglia risiede
nella sua funzione di mediazione sociale. Esso consolida il potere effettivo
della classe dirigente in qualsiasi società basata sullo sfruttamento” (D. Cooper - “La morte della famiglia”).
E’ paradossale che, mentre 45 anni fa (il libro è del 1971), si voleva la morte
della famiglia, ora vogliano farsi una famiglia anche gli omosessuali.
L’imborghesimento va di pari passo con l’assolutizzazione del pregiudizio di
uguaglianza, che genera solo un continuo e mostruoso “indifferenziato”. C’era,
sì, 40 anni fa, un certo pregiudizio ideologico, perché non tutte le famiglie
erano strutture autoritarie che riproducevano la struttura autoritaria dello
Stato o della fabbrica e non tutte le famiglie riproducevano lo schema
autoritario che la Chiesa attribuiva a questo nucleo naturale. Insomma pensare
che non possa esistere un nucleo naturale della famiglia era ed è un
pregiudizio. Ora, invece, tutti vogliono la famiglia, anche coloro che, per
natura, non possono averla, cioè gli omosessuali. L’omosessuale può avere una
famiglia solo come figlio della propria famiglia di origine. Non si può parlare
di “famiglia” là dove c’è solo il generico termine “amore”. L’amore non fa una
famiglia, può generare convivenza, ma non una famiglia. La convivenza è
compresa nella famiglia, ma non la esaurisce. Vediamo un paio di definizioni di
“famiglia”: “Nucleo fondamentale della
società umana costituita da genitori e figli” (“Dizionario Zingarelli”), poi: “insieme di persone congiunte da stretti vincoli di sangue (padre,
madre, figli) per lo più conviventi”
(“Dizionario enciclopedico Sansoni”). Come si vede dalla seconda
definizione, la convivenza è anche un fatto relativo della famiglia. La
famiglia può anche essere considerata un “nucleo
fondamentale della società”, ma è un fatto che essa auto-sussiste, tanto è
vero che può anche agire contro l’interesse della società. Auto-sussiste perché
i legami affettivi familiari sono “personali”, il familiare non è e non deve
essere semplicemente il bravo cittadino trasferito nel nucleo minimo della
società. E’ quindi opportuno non esaltare troppo il presunto ruolo sociale
della famiglia, tale ruolo è sempre frutto di retorica ed è comunque una
sovrastruttura rispetto alla famiglia naturale vera e propria. La verità delle
famiglie è che sono nuclei anarchici, spesso combattuti dalla società e dal
potere. La famiglia patriarcale di una volta era certamente autoritaria al suo
interno, ma è stata anche a lungo diffamata dal potere sociale, perché si
opponeva più efficacemente a questo potere sociale, mostrando la natura
anarchica di ogni vera famiglia fondata sui sentimenti. Tuttavia il vero punto
che, nelle due definizioni fornite, costituisce l’essenza della famiglia è,
oltre ai sentimenti, che retoricamente vengono detti “amore” (questa retorica
dell’amore è stata usata abbondantemente, in modo anche nauseante, nella manifestazioni
a favore delle famiglie omosessuali e a favore delle adozioni gay), il legame
naturale “procreativo”, che, nella prima definizione, emerge dall’espressione “costituita da genitori e figli” (il
genitore, in natura, non è colui che viene registrato all’anagrafe come tale,
ma è solo chi “genera”, cioè “procrea” o si ritiene possibile che possa
procreare, quindi genitori possono essere solo un uomo e una donna), mentre
nella seconda definizione è ancora più esplicito: “persone congiunte da vincoli di sangue (padre, madre, figli)”.
Questo vuol dire che la famiglia è anche un nucleo con finalità procreative,
ciò al di là del fatto che vengano realizzate o meno. Le finalità procreative
devono sussistere nei corpi, quindi la famiglia può essere costituita solo da
un maschio e da una femmina, non da due femmine o da due maschi. Le famiglie
omosessuali sono false famiglie. Nella famiglia, quindi, entrano anche i figli,
ma, per quanto attiene ai genitori, vi deve essere un sentimento di innamoramento e una
potenziale finalità procreativa (finalità che non esaurisce il sesso, ma è,
invece, fondamentale per poter chiamare “famiglia” una “coppia”). Gli
omosessuali, perciò, non possono e non devono fare una famiglia, sarebbero
ridicoli e goffi come la vecchia imbellettata che vuole apparire giovane di cui
parlava Pirandello. Gli omosessuali hanno mostrato “arroganza” e hanno
cominciato a dare fastidio, non quando, a ragione, chiedevano di non essere
perseguitati e disturbati nella loro vita privata, ma quando hanno cominciato a
voler apparire quello che non sono e per natura non possono essere.
La famiglia viene sancita ufficialmente nel
matrimonio. Anni addietro il matrimonio, in quanto fondante la “famiglia”,
veniva addirittura detestato (anche lo scrivente non lo vede di buon occhio): “il solo male del divorzio è che è preceduto
dal matrimonio” (D. Cooper - “La morte
della famiglia”), oggi vogliono sposarsi anche gli omosessuali, che non
potrebbero e quindi non devono. La famiglia, certo, può esistere anche fuori
del matrimonio. Il matrimonio è sicuramente il modo in cui la Chiesa ha tentato
di impadronirsi della famiglia, tuttavia, proprio per questo, appare
paradossale che gli omosessuali pretendano ora di fare matrimoni omosessuali.
Evidentemente il delirio del pregiudizio di uguaglianza protestante dei laici
non conosce limiti. Dato che, in ogni caso, questo atto ufficiale chiamato
“matrimonio” va a costituire una “famiglia”, ne consegue che gli omosessuali
non possono sposarsi e quindi non devono. La definizione dello Zingarelli lo
dice esplicitamente: “Matrimonio -
Accordo tra un uomo e una donna stipulato alla presenza di un ufficiale dello
stato civile o di un ministro del culto” (“Dizionario
Zingarelli”). Ciò viene confermato anche dalla seguente definizione: “Matrimonio - Unione fisica e morale
dell’uomo (marito) e della donna (moglie), disciplinata dalle consuetudini,
dalla legge, dalla religione, come fondamento della società familiare e per la
perpetuazione della specie” (“Dizionario
enciclopedico Sansoni”). Il matrimonio, quindi, come la famiglia, non
ha per scopo solo l’affetto reciproco o il fare sesso, queste cose sono
possibili anche fuori del matrimonio e della famiglia, ma perseguono anche e
soprattutto la procreatività. Il matrimonio può anche non dare figli, ma ciò
non toglie che nel suo scopo entri anche il fare figli. Farli, non adottarli,
prima di tutto. Quindi è ovvio che, così come una famiglia fatta da omosessuali
è innaturale perché, per natura, non possono essere genitori, allo stesso modo
è contro natura che gli omosessuali si sposino. L’atto ufficiale può essere
fatto lo stesso, perché dipende dall’arbitrio della società e dall’artificio
della legge, ma gli omosessuali, comunque, non sono sposati perché non
costituiscono una famiglia. Che le “unioni civili” siano nate da un ridicolo
scimmiottamento del matrimonio è fuori di dubbio, anche se i motivi potevano
essere seri, come ad esempio poter usufruire di alcuni diritti dovuti al legame
con il proprio partner. Questi diritti civili potevano benissimo essere
sostenuti da leggi fatte ad hoc per tutelarli, invece si è preferita la via
demagogica delle “unioni civili”, che sono uno scimmiottamento demagogico del
matrimonio (si parla della demagogia protestante dei laici). Appoggiare gli
scimmiottamenti è da idioti. Si facciano pure le “unioni civili”, se servono a
tutelare dei diritti, ma si tengano separate le “unioni civili” dal
“matrimonio”. Io non considererò mai “sposati” due omosessuali e non ho
intenzione di adeguarmi a nessuna legge che pretenda di impormelo.
Dopo quanto detto appare ovvio che le
adozioni gay sono innaturali e violano uno dei principi che fondano la
“famiglia”, cioè la procreatività. Gli omosessuali non possono dare una
famiglia a dei bambini (che solo artificialmente possono ottenere:
inseminazione artificiale, utero in affitto, adozione: le prime due del tutto
detestabili moralmente, perché chiara strumentalizzazione del corpo altrui),
giacché non costituiscono una famiglia e non sono mai sul serio sposati.
L’amore come concetto metafisico-protestante, questa degenerazione del
cristianesimo stesso, esiste solo sulla Luna.
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