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domenica 24 gennaio 2016

LA PERFEZIONE, LA NATURA, LA DEMAGOGIA PROTESTANTE DEI LAICI, LA FAMIGLIA, IL MATRIMONIO, LE ADOZIONI GAY

   Esiste la perfezione? Se esiste, esiste nella realtà naturale e non in quell’artificio che è la società. La perfezione non è nell'idea, tanto meno è la superiorità (+) o l'inferiorità (-), ancor meno è l'uguaglianza (=). La perfezione è ogni individuo nato, è la differenza tra gli individui e tra i generi, è la differenza stessa. Si può, dunque, dire che la perfezione è la diversità naturale. Come tale, la perfezione non è, non può essere, non deve essere, un’idea, altrimenti non sarebbe più “differenza”. Se la perfezione fosse un’idea, dato che le idee hanno il carattere dell’unificazione nel concetto, la perfezione diventerebbe un artificio idealistico, platonico, sociale, cosa che non è. Se fosse un’idea la perfezione sarebbe uguaglianza nell’idea e per l’idea. E, infatti, il peggior vizio della demagogia protestante dei laici è proprio quello di considerare l’idea come perfezione e quindi fissare l’ideale nell’eguaglianza. Questo criterio, che può avere un senso nell’artificio sociale, è vera depravazione in senso naturale. Nell’artificio sociale non esiste alcuna perfezione, mentre la diversità resta l’unica perfezione possibile, cioè naturale. La diversità individuale, la diversità sessuale sono, quindi, la perfezione, una società che appiattisca la diversità naturale o che mortifichi la differenza sessuale, con l’idea del “medio”, del “neutro”, del passaggio da una diversità all’altra (“trans” e tutti i derivati) è un mondo che mortifica la natura e la perfezione. Significa voler essere altro da Sé. Voler essere altro da Sé (alienazione) e mortificazione della diversità, negazione della perfezione naturale della nascita, sono la stessa cosa.
    Se la perfezione fosse un’idea, si verificherebbe quello che dice Leopardi: “nulla è né può essere perfetto secondo la frivola idea che noi ci formiamo di una perfezione assoluta, che non esiste, di una perfezione indipendente da qualunque genere di cose ed anteriore ad essi..Certo che nulla è perfetto in un modo che non è, in un modo in cui le cose non sono; e la natura delle cose che sono non può corrispondere a quella ch’é fuor di loro..Noi sognando andiamo a cercare la perfezione di ciò che vediamo, fuori dell’esistenza, mentr’ella esiste qui con noi..immaginando un solo ed assoluto tipo di perfezione, indipendente e antecedente ad ogni sorta di esistenza, tutti gli esseri perfetti debbono essere interamente conformi a questo tipo; dunque tutti perfettamente uguali” (G. Leopardi - “Zibaldone” 1907-1908). La perfezione, dunque, “esiste qui con noi” e non è un’idea svincolata dalla realtà naturale, perché in tal caso l’idea, in quanto tale, porterebbe ad un modello unico in cui sarebbero “tutti perfettamente uguali”. L’uguaglianza, quindi, non ha nulla a che fare con la perfezione, giacché la perfezione reale non è un modello unico, ideale, ma è la diversità naturale, individuale e sessuale, non è assoluta, ma è relativa ai vari individui e ai vari generi sessuali. E non si tratta di qualcosa di semplicemente spirituale o intellettuale, perché, in questo caso, si parlerebbe di idea. La perfezione non è un “Io” astratto, che pensa di essere quello che il suo arbitrio decide, ma è la reale diversità naturale data: quella corporea, individuale, sessuale, caratteriale ecc.., cioè cose che non vengono decise dalla mente, dalla società, dalla cultura, dalle leggi. La diversità non è una semplice e astratta diversità mentale, ma è una diversità completa tra individui e sessi. Se questo non rende Mario diverso da Giovanni quanto è diverso da un marziano, tuttavia la diversità è assoluta nella relatività di Mario e di Giovanni, se non fosse assoluta, Mario si confonderebbe con Giovanni ed emergerebbe l’idea “trans”, che, però, è meramente ideale e quindi falsa. Lo stesso discorso vale tra il maschio e la femmina, la quale è una diversità assoluta relativa a due individui diversi. Se non fosse così, il maschio si confonderebbe con la femmina e viceversa, si avrebbe l’idea “trans”, che confonde i sessi nella morta “neutralità” (transgender). La diversità, quindi, deve guidare nel giudicare ciò che è perfetto e ciò che è artificioso nei rapporti umani. L’amicizia è il sentimento che lega due “diversi” individui, ma non li confonde in nessun modo, l’amore è un sentimento che lega due “diversi” individui e due “diversi” sessi. Se nell’amore non ci fosse un’assoluta diversità tra i due individui vincolati, quindi individuale e sessuale, il maschio si confonderebbe con la femmina e viceversa, emergerebbe l’idea di “trans” (transessuale, transgender), che, però, è meramente ideale e quindi falsa.
    Natura, diversità, perfezione, quindi, sono la stessa cosa. Quando reputiamo non perfetto qualcosa di naturale lo facciamo sempre in base ad un pregiudizio ideale o sociale (ad esempio l’idea giudica imperfetto il labbro leporino, in tal modo si giudica la natura imperfetta, ma in tale caso, come diceva Leopardi, si valuta una cosa con un'altra, si valutano quelli che hanno il labbro leporino sulla base di quelli, la maggioranza, che non lo hanno: “certo che nulla è perfetto in un modo che non è..la natura delle cose non può corrispondere a quella ch’è fuor di loro”). La perfezione naturale è, dal punto di vista morale, superiore ad ogni discrezionalità ideale e sociale. Ne consegue che non può essere reato cedere all’imperfezione dell’artificiale, ma resta pur sempre un’inferiorità morale. Quando le imperfezioni artificiali diventano il modo stesso di essere di una società, vuol dire che questa società è composta da pervertiti.
    Fino a trenta anni fa gli omosessuali cercavano solo rispetto per le loro tendenze innaturali, cioè volevano che la società non li punisse, non li perseguitasse. E questo era giusto perché la violenza su un individuo non è mai giustificata. Da un certo momento in poi, però, per un processo di egualitarismo borghese dilagante, animato dalla demagogia protestante dei laici (che espelle dalla persona il corpo e la natura, quindi anche la differenza individuale e sessuale: è noto che il protestante considera “Io” solo l’anima che lo congiunge a Dio, mentre considera il corpo legato al peccato, secondo l’insegnamento di San Paolo che Lutero riprende), laici che affermano ovunque uno snaturato principio di uguaglianza, si è equiparata sempre di più la diversità individuale nell’indifferenza e sostituibilità degli individui (società industriale) e la differenza sessuale nell’indifferenza (transgender) e sostituibilità tra eterosessuali ed omosessuali. A questo punto gli omosessuali non hanno più voluto semplicemente essere lasciati in pace, hanno cominciato ad aggredire, per farle proprie, le istituzioni che riflettevano la diversità naturale, come la famiglia, il matrimonio, aggiungendo perfino la volontà di avere figli. Dato il pregiudizio laico di uguaglianza, che non distingue più le diversità naturali e quindi ha perso lo stesso concetto morale della perfezione, perdendo quello di diversità, tutta l’opinione pubblica ha finito, stupidamente, per appoggiare queste richieste arroganti degli omosessuali (hybris greca), aggiungendoci sempre quel buonismo che fa passare gli omosessuali per vittime a priori, anche quando fanno richieste arroganti e contro natura. In quanto categoria delle vittime, gli omosessuali hanno sempre ragione nel parere dell’opinione pubblica, in quanto fanno richieste accessibili a tutti gli eterosessuali, cioè farsi una famiglia, sposarsi, avere figli: in questo caso scatta subito lo stupido riflesso condizionato mentale del principio di “uguaglianza”, che comporta il consenso di un’opinione pubblica sempre più in preda alla demagogia protestante, la quale usa in astratto concetti come “Io”, “persona”, “amore”, a prescindere da chi ne è l’artefice. C’è da meravigliarsi che non si parli di matrimonio tra un uomo e un cane o tra padre e figlio, in fondo c’è “amore” tra di loro. Se si pensa che il sesso non ci può essere (non dovrebbe) tra uomo e cane o tra padre e figlio, per cui non sarebbe amore completo, occorrerebbe anche notare che il sesso non è solo un piacere arbitrario della mente (chiamiamo sesso quello di un individuo che raggiunge l’orgasmo strofinandosi con un lampione?), ma è anche una conformazione fisica, basata sulla diversità, giacché il sesso completo non è la procreazione, ma avviene tramite gli organi riproduttivi, cosa che negli omosessuali non avviene. Gli omosessuali hanno una sessualità che tende ad escludere gli organi riproduttivi e la diversità sessuale. L’omosessualità vive di un piacere costruito mentalmente e che vede solo la mèta come un individuo del proprio sesso, dimenticando il proprio corpo (alienazione tipicamente protestante), proprio corpo che viene usato in modo da sostituire, in modo goffo, il sesso reale che manca. L’omosessualità è una negazione della diversità a livello sessuale e quindi è una negazione della perfezione naturale. Che i pregiudizi sociali oggi non comprendano più questo appare ovvio, visto il livello di alienazione mentale a cui porta l’egualitarismo spirituale protestante dei laici. Armati del proprio vittimismo e dell’egualitarismo, gli omosessuali si integrano nella perfetta società borghese: fanno famiglia, si sposano, vogliono figli, tutte cose che fatte da loro diventano ridicole. Non vogliono sentirselo dire che sono ridicoli, si arrabbiano per la frustrazione, ma qui si dice solo quello che si pensa e non si compiace nessuno.
    Anni addietro, quando si rifiutava la società borghese, si rifiutava la famiglia, oggi la vuole anche chi non potrebbe averla, come gli omosessuali. La famiglia, nelle generazioni educate dagli anni Sessanta, era un luogo di autorità, esattamente come la fabbrica, un luogo di padroni e servi: “In mancanza di déi abbiamo dovuto inventare delle potenti astrazioni, nessuna delle quali ha maggiore potere distruttivo della famiglia. Il potere della famiglia risiede nella sua funzione di mediazione sociale. Esso consolida il potere effettivo della classe dirigente in qualsiasi società basata sullo sfruttamento” (D. Cooper - “La morte della famiglia”). E’ paradossale che, mentre 45 anni fa (il libro è del 1971), si voleva la morte della famiglia, ora vogliano farsi una famiglia anche gli omosessuali. L’imborghesimento va di pari passo con l’assolutizzazione del pregiudizio di uguaglianza, che genera solo un continuo e mostruoso “indifferenziato”. C’era, sì, 40 anni fa, un certo pregiudizio ideologico, perché non tutte le famiglie erano strutture autoritarie che riproducevano la struttura autoritaria dello Stato o della fabbrica e non tutte le famiglie riproducevano lo schema autoritario che la Chiesa attribuiva a questo nucleo naturale. Insomma pensare che non possa esistere un nucleo naturale della famiglia era ed è un pregiudizio. Ora, invece, tutti vogliono la famiglia, anche coloro che, per natura, non possono averla, cioè gli omosessuali. L’omosessuale può avere una famiglia solo come figlio della propria famiglia di origine. Non si può parlare di “famiglia” là dove c’è solo il generico termine “amore”. L’amore non fa una famiglia, può generare convivenza, ma non una famiglia. La convivenza è compresa nella famiglia, ma non la esaurisce. Vediamo un paio di definizioni di “famiglia”: “Nucleo fondamentale della società umana costituita da genitori e figli” (“Dizionario Zingarelli”), poi: “insieme di persone congiunte da stretti vincoli di sangue (padre, madre, figli) per lo più conviventi” (“Dizionario enciclopedico Sansoni”). Come si vede dalla seconda definizione, la convivenza è anche un fatto relativo della famiglia. La famiglia può anche essere considerata un “nucleo fondamentale della società”, ma è un fatto che essa auto-sussiste, tanto è vero che può anche agire contro l’interesse della società. Auto-sussiste perché i legami affettivi familiari sono “personali”, il familiare non è e non deve essere semplicemente il bravo cittadino trasferito nel nucleo minimo della società. E’ quindi opportuno non esaltare troppo il presunto ruolo sociale della famiglia, tale ruolo è sempre frutto di retorica ed è comunque una sovrastruttura rispetto alla famiglia naturale vera e propria. La verità delle famiglie è che sono nuclei anarchici, spesso combattuti dalla società e dal potere. La famiglia patriarcale di una volta era certamente autoritaria al suo interno, ma è stata anche a lungo diffamata dal potere sociale, perché si opponeva più efficacemente a questo potere sociale, mostrando la natura anarchica di ogni vera famiglia fondata sui sentimenti. Tuttavia il vero punto che, nelle due definizioni fornite, costituisce l’essenza della famiglia è, oltre ai sentimenti, che retoricamente vengono detti “amore” (questa retorica dell’amore è stata usata abbondantemente, in modo anche nauseante, nella manifestazioni a favore delle famiglie omosessuali e a favore delle adozioni gay), il legame naturale “procreativo”, che, nella prima definizione, emerge dall’espressione “costituita da genitori e figli” (il genitore, in natura, non è colui che viene registrato all’anagrafe come tale, ma è solo chi “genera”, cioè “procrea” o si ritiene possibile che possa procreare, quindi genitori possono essere solo un uomo e una donna), mentre nella seconda definizione è ancora più esplicito: “persone congiunte da vincoli di sangue (padre, madre, figli)”. Questo vuol dire che la famiglia è anche un nucleo con finalità procreative, ciò al di là del fatto che vengano realizzate o meno. Le finalità procreative devono sussistere nei corpi, quindi la famiglia può essere costituita solo da un maschio e da una femmina, non da due femmine o da due maschi. Le famiglie omosessuali sono false famiglie. Nella famiglia, quindi, entrano anche i figli, ma, per quanto attiene ai genitori, vi deve essere un sentimento di innamoramento e una potenziale finalità procreativa (finalità che non esaurisce il sesso, ma è, invece, fondamentale per poter chiamare “famiglia” una “coppia”). Gli omosessuali, perciò, non possono e non devono fare una famiglia, sarebbero ridicoli e goffi come la vecchia imbellettata che vuole apparire giovane di cui parlava Pirandello. Gli omosessuali hanno mostrato “arroganza” e hanno cominciato a dare fastidio, non quando, a ragione, chiedevano di non essere perseguitati e disturbati nella loro vita privata, ma quando hanno cominciato a voler apparire quello che non sono e per natura non possono essere.
    La famiglia viene sancita ufficialmente nel matrimonio. Anni addietro il matrimonio, in quanto fondante la “famiglia”, veniva addirittura detestato (anche lo scrivente non lo vede di buon occhio): “il solo male del divorzio è che è preceduto dal matrimonio” (D. Cooper - “La morte della famiglia”), oggi vogliono sposarsi anche gli omosessuali, che non potrebbero e quindi non devono. La famiglia, certo, può esistere anche fuori del matrimonio. Il matrimonio è sicuramente il modo in cui la Chiesa ha tentato di impadronirsi della famiglia, tuttavia, proprio per questo, appare paradossale che gli omosessuali pretendano ora di fare matrimoni omosessuali. Evidentemente il delirio del pregiudizio di uguaglianza protestante dei laici non conosce limiti. Dato che, in ogni caso, questo atto ufficiale chiamato “matrimonio” va a costituire una “famiglia”, ne consegue che gli omosessuali non possono sposarsi e quindi non devono. La definizione dello Zingarelli lo dice esplicitamente: “Matrimonio - Accordo tra un uomo e una donna stipulato alla presenza di un ufficiale dello stato civile o di un ministro del culto” (“Dizionario Zingarelli”). Ciò viene confermato anche dalla seguente definizione: “Matrimonio - Unione fisica e morale dell’uomo (marito) e della donna (moglie), disciplinata dalle consuetudini, dalla legge, dalla religione, come fondamento della società familiare e per la perpetuazione della specie” (“Dizionario enciclopedico Sansoni”). Il matrimonio, quindi, come la famiglia, non ha per scopo solo l’affetto reciproco o il fare sesso, queste cose sono possibili anche fuori del matrimonio e della famiglia, ma perseguono anche e soprattutto la procreatività. Il matrimonio può anche non dare figli, ma ciò non toglie che nel suo scopo entri anche il fare figli. Farli, non adottarli, prima di tutto. Quindi è ovvio che, così come una famiglia fatta da omosessuali è innaturale perché, per natura, non possono essere genitori, allo stesso modo è contro natura che gli omosessuali si sposino. L’atto ufficiale può essere fatto lo stesso, perché dipende dall’arbitrio della società e dall’artificio della legge, ma gli omosessuali, comunque, non sono sposati perché non costituiscono una famiglia. Che le “unioni civili” siano nate da un ridicolo scimmiottamento del matrimonio è fuori di dubbio, anche se i motivi potevano essere seri, come ad esempio poter usufruire di alcuni diritti dovuti al legame con il proprio partner. Questi diritti civili potevano benissimo essere sostenuti da leggi fatte ad hoc per tutelarli, invece si è preferita la via demagogica delle “unioni civili”, che sono uno scimmiottamento demagogico del matrimonio (si parla della demagogia protestante dei laici). Appoggiare gli scimmiottamenti è da idioti. Si facciano pure le “unioni civili”, se servono a tutelare dei diritti, ma si tengano separate le “unioni civili” dal “matrimonio”. Io non considererò mai “sposati” due omosessuali e non ho intenzione di adeguarmi a nessuna legge che pretenda di impormelo.
   Dopo quanto detto appare ovvio che le adozioni gay sono innaturali e violano uno dei principi che fondano la “famiglia”, cioè la procreatività. Gli omosessuali non possono dare una famiglia a dei bambini (che solo artificialmente possono ottenere: inseminazione artificiale, utero in affitto, adozione: le prime due del tutto detestabili moralmente, perché chiara strumentalizzazione del corpo altrui), giacché non costituiscono una famiglia e non sono mai sul serio sposati. L’amore come concetto metafisico-protestante, questa degenerazione del cristianesimo stesso, esiste solo sulla Luna.



  



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