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venerdì 20 novembre 2015


LA LUCIDITA’ E LA POLITICA ESTERA


Io sono un individualista, pronto a ribellarmi anche allo Stato nazionale in cui vivo, se il suo sistema mi opprime o mi fa troppo vergognare. Ma, ora, devo dare per scontato che sono italiano e che considero gli attacchi terroristici come un pericolo anche per gli italiani. Se, poi, qualcuno si sente talmente italiano da considerare l’Italia come una nazione a sé e dice che non gliene frega niente di quanto è accaduto in Francia, io posso dirgli che fa un errore (perché gli integralisti islamici questa distinzione, oggi come oggi, non la fanno), ma non avrei niente da dirgli e anzi gli direi di “stare in pace”, se ciò avrà un futuro senza fare niente. Quindi do per scontato che questa estraneità a quanto avvenuto in Francia non ci sia e che, in qualche modo, riguardi anche noi italiani. A partire da questo presupposto dico che occorre lucidità e sapere cos’è la “politica estera”. Chi studia la storia, pur non essendone protagonista, come storico, in genere, lo sa. Ma questo non basta, ci vuole pure la lucidità. Per questo ora esaminerò tutti i punti della situazione storica.

1) Globalizzazione - Anche se ciò rappresenta il vantaggio di un’élite internazionale, per ora, qui, non è il caso di discutere di questo, sarà possibile esaminare il problema della guerra solo all’interno della geo-politica locale e mondiale. Però va riconosciuto che, assieme alla globalizzazione, ci arrivino sul collo anche i mali degli altri, compresi il terrorismo e le guerre altrui. Prima del Settecento e dell’Illuminismo, gli uomini, in regioni più o meno vaste, stavano in guerra o in pace contemporaneamente a seconda dei luoghi. Dal punto di vista mondiale, l’uomo è sempre stato in guerra ed è sempre stato in pace. Ora, invece, sebbene guerre ci fossero altrove anche nei nostri europei settant’anni di pace, le guerre altrui ci coinvolgono e forse non staremo più in pace. Né si creda che sia meglio la pace mondiale, sognata dai cristiani e dalla sinistra estrema, che, in piena incoscienza, non hanno mai capito che la pace può essere solo quella indicata dal britannico Colgaco, in Tacito, e rimproverata all’Impero romano: “là dove hanno fatto il deserto, dicono di aver portato la pace” (Tacito - “La vita di Agricola” 30). Se la globalizzazione non è la condivisione mondiale delle guerre, ma è la condivisione mondiale della pace, allora la globalizzazione è l’Impero mondiale, cioè il deserto, il resto è vana illusione cerebrale. Confesso che preferisco la guerra. Ma è evidente che, chiunque faccia resistenza al mondo “unidimensionale” dell’Impero mondiale tecnologico, finisca per fare la guerra, in questo un anarchico, un socialista non sono diversi da un integralista islamico. L’Islam, un cultura forte, nelle sue radici profonde (che non sono quelle dei moderati) fa resistenza proprio perché rifiuta la globalizzazione oppure l’ammette nel senso dell’islamizzazione mondiale. Siete sconvolti? Ma l’Occidente ha già conosciuto queste cose: il nazismo voleva nazificare il mondo, il comunismo anche e prima ancora hanno tentato di farlo i cristiani, che in America, tramite stragi e violenze sugli indios e la cancellazione delle civiltà precolombiane, ci sono anche riusciti. Questo punto fa da ulteriore premessa ai punti successivi.

2) Cristiani e Sinistra - Hanno una radice comune, sebbene, spesso, lo neghino. Per essi la guerra non è un’ipotesi possibile, hanno un’irresistibile tendenza all’Impero, cioè, loro dicono, alla pace, per cui sul mondo ritengono che sia già calato lo “spirito santo” e, quindi, non prendono atto delle guerre che già sono in corso di svolgimento. C’è una quasi totale perdita del senso della realtà. Vedono tutto come se la pace fosse sempre possibile, ignorando che la storia è una sequenza di periodi di pace e di guerra a seconda dei tempi e del luoghi. Che questa sia la realtà stessa della storia umana e perfino della natura, è qualcosa di cui la loro educazione cristiana (inconscia nell’uomo di sinistra estrema) si rifiuta di prendere atto. Danno per scontato, tollerandolo con un inconscio ascetismo, che la pace ci sia comunque, anche se si seguita a vivere nella sopraffazione e nell’ingiustizia, nel senso del deserto, come nella pax romana (vedi Colgaco). Ne consegue che le chiese cristiane (tranne militarizzazioni molto simili a quelle dell’integralismo islamico: cavalieri teutonici, di Malta ecc.) e la sinistra (si vede con l’atteggiamento della Sinistra al di là del PD e nel PD stesso, nonché nel M5S) proprio mancano dell’idea di una “politica estera”. Nella quale, senza dubbio, si riflette l’egoismo dei popoli, il cui limite etico è proprio quello di avere il dovere di non fare “Imperi”. Ma l’egoismo dei popoli sussiste ed è legittimo, appunto se non è Impero. L’Occidente è responsabile, col colonialismo, proprio di questo. Ma non si può opporre la storia al nemico attuale, come fanno gli intellettuali di sinistra, che scavano su tutte le malefatte dell’Occidente (innumerevoli) e da ultimo non fanno altro che rimproverare gli americani per i loro assurdi tentativi di esportare la democrazia. Gli americani sbagliarono, indubbiamente, anche se avevano dei motivi per farlo, ma occorre parlare del nemico, non della storia. Il fatto è che cristiani e sinistra hanno proprio difficoltà a ragionare in termini di “amico-nemico”, che sono i termini della “politica estera”. Il capitolo “politica estera”, tra i cristiani e la sinistra estrema, non esiste, perché danno per scontato che tutti stanno in pace e forse suppongono che sono tutti cristiani e tutti ugualmente “uomini”. Sì, perché, mentre è, ormai, evidente che supporre tutti cristiani sarebbe imperialismo, è meno evidente che i termini “umanitari”, oltre a indicare un’inaccettabile “unidimensionalità”, indicano i caratteri commerciali, tecnologici e industriali dell’Occidente (capitalisti o collettivisti qui non ci interessa). Quindi l’ipocrisia della sinistra trasforma l’imperialismo occidentale in una visione umanitaria, nell’Impero umanitario, che, sotto sotto, è però sempre l’Impero occidentale, fattosi ipocritamente “buonista”. L’Islam, tuttavia, è una visione culturale forte, impregnata del fanatismo religioso, e quindi la resistenza non può essere che forte. Se non va aggredito (e su questo la sinistra qualche ragione la tira fuori, al contrario del cristiano ancora impelagato in una psicologia da “lotte religiose”), appare certo che non si può permettere agli islamici di minacciarci in casa nostra. Ed è qui, per coscienza di quello che siamo (cioè italiani, gente che vive in un certo modo, che ci viene tolto), che scatta quella distinzione amico-nemico e quel senso della “politica estera” che ai cristiani e alla sinistra manca del tutto. Io non amo né eserciti e né polizie (per non usare il primo contro gli attuali “nemici”, ci vediamo costretti ad usare la polizia contro noi stessi!), ma, visto che ci sono, occorre usare il primo contro l’Isis, cioè il nemico. Supporre che il nemico non ci sia, significa essere incoscienti. Quanto è forte dovrebbe deciderlo la storia, ma sopportare la polizia contro di noi, per non fare la guerra a dei nemici, è cosa da asceta cristiano. Nel comunista radicale e pacifista sopravvive l’asceta cristiano?

3) L’Arabia saudita, il Qatar, la Turchia - Nei termini di quella politica estera che viene ignorata da cristiani e comunisti, Arabia saudita, Qatar, Turchia stanno facendo un gioco sporco a favore del nostro “nemico”. Il fatto che, con la globalizzazione, commerciamo con questi paesi, significa che non dobbiamo invitarli a cambiare atteggiamento anche con cattive maniere? Sembra, però, che il commercio entri in conflitto con il concetto di “nemico”: così, chi aiuta i terroristi e si mostra nostro amico, commercia con noi, chi, invece, combatte i nostri nemici, come l’Iran, magari lo chiamiamo nemico e non commerciamo con lui. Io penso che il concetto di nemico debba prevalere su quello di commercio, ma è evidente sia l’ipocrisia dell’Occidente che dell’Arabia saudita, del Qatar e della Turchia. La Russia non ha questi problemi, anche perché possiede il petrolio, e ha, sinceramente, una linea di condotta (al di là di ogni valutazione di Putin, non certo un libertario) molto più coerente e lineare.

4) La politica estera locale - Questa incide molto, anche se resta un rancore generalizzato nel mondo islamico proprio per la storia colonialistica dell’Occidente. Ma questo è passato o dovrebbe essere spazzato via dalla storia, se prosegue in maniera subdola, con le paure commerciali, allora si ricade nell’ipocrisia di prima. A cui si può aggiungere anche il fatto che noi vendiamo armi, il che è sempre un fattore commerciale che entra in contraddizione con il concetto di nemico. Ma la sinistra non può fare semplicemente l’anti-commerciale, cosa che sarebbe giusta fare quando non c’è un nemico esterno, non può disquisire sulle malefatte del commercio come risposta alla presenza, di fatto, di un nemico. Prima si elimina il nemico, poi, se si fosse seri e non dominati dallo spirito commerciale, si può pensare anche a rendere coerente il commercio. Si commercia con gli amici e non con i nemici. Ma torniamo alla politica estera locale. La Turchia vede con preoccupazione il rafforzarsi dei curdi, l’influenza russa, l’influenza iraniana, ma non accetta il terrorismo e ne diventa, talvolta, la vittima. Resta in piedi, poi, l’enorme fardello della lotta tra israeliani e palestinesi. La Russia vuole più influenza nella regione e vede con preoccupazione il fenomeno terrorista che ha avuto in casa sua. L’Iran vuole svolgere un ruolo importante nella regione perché c’è una competizione palese con la crescente influenza dell’Arabia saudita nel caso della formazione di uno Stato islamico sunnita e integralista nella regione. Poi ci sono interessi commerciali di ogni tipo. Un intreccio di interessi da cui l’Occidente si tira fuori? Sì, ma non dovrebbe essere colpito in casa sua e non dovrebbe neppure temere di pubblicare vignette satiriche su Maometto e Il Corano. Ciò fa parte delle tradizioni liberali e laiche dell’Occidente. Invece ogni tanto si sente il fifone o il deficiente di turno che dice che dovremmo auto-censurarci a casa nostra perché ci sono i credenti islamici. Gli islamici, se vivono in Europa, si devono abituare ad essere presi in giro dalla satira, come fanno i cristiani e facciamo tutti noi. Altrimenti se ne vanno.

5) Guerra o non guerra? - Da quanto fin qui detto, appare evidente che, non esistendo il “deserto”, cioè l’Impero mondiale della pace (per fortuna!), la guerra sta diventando necessaria. Ma farla con i soli bombardamenti significa colpire a caso, mettendo nel conto anche gli innocenti. Sarebbe necessaria una guerra di terra, ma i governanti occidentali non vogliono perdere il potere e sanno che lo perderebbero se cominciassero ad esserci dei soldati morti. I bombardamenti non servirebbero a niente (tranne che a inasprire gli islamici, a fare vittime innocenti, ecc.) se non fossero accompagnati da truppe di terra, cioè curde, iraniane (non si sa bene quanti russi) che vengono addestrate da italiani o altri paesi occidentali. Insomma stiamo facendo la guerra con i morti altrui. Quando queste truppe curde e iraniane vinceranno, cosa accadrà? I curdi causeranno altri problemi con la Turchia? L’Iran si impossessa del Golfo e del petrolio? Quale sarà, nella regione, il peso della Russia? Insomma, se non interviene l’Occidente, conseguenze ci saranno lo stesso, ma gestite da altri. La storia non finirà con il mancato intervento dell’Occidente. E non sarà una storia di pace.


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