PASSI
CORANICI
Traduzione
di Alessandro Bausani
Adulterio:
1)
“Se alcune delle vostre donne avranno
commesso atti indecenti <adulterio? O che tipo di ‘indecenza’? E’ letta
in chiave sessuale comunque?> portate
quattro vostri testimoni contro di loro, e se questi porteranno testimonianza
del fatto, chiudetele in casa fin che le coglierà la morte o fin quando Dio
apra loro una via. E se due di voi <si riferisce ai maschi in opposizione
alle donne? O si riferisce a due maschi omosessuali?> commettano atto indecente, puniteli; ma se si pentono e migliorano la
loro condotta lasciateli stare, ché Allah è perdonante benigno” (IV, 15-16)
2)
“L’adultera e l’adultero siano puniti con
cento colpi di frusta ciascuno, né vi trattenga la compassione che provate per
loro dall’eseguire la sentenza..L’adultero non potrà che sposare l’adultera o
una pagana, l’adultera non potrà essere sposata da un adultero o da un pagano;
il connubio con loro è proibito ai credenti!” (XXIV, 2-3)
Sembra
che, per lo spirito giuridico a cui si ispira l’Islam, la sura 24 abroghi la
numero 2, visto che impone una punizione certa, in frustate, al posto di quella
incerta, tanto alla donna che all’uomo. Il che lascia dei dubbi circa una
lettura degli ‘atti indecenti’ come ‘adulterio’. In ogni caso appare uno
spirito punitivo che non lascia alcuno spazio al singolo individuo di gestire
la propria vita come crede. Questo spirito punitivo assume addirittura un
carattere fisico simile alla tortura, essendo cento frustate un vero massacro
della persona. Per di più, secondo tradizioni non confermate dal testo
coranico, per l’adulterio è possibile anche la lapidazione, specialmente se si
tratta di donne, perché l’adulterio fatto dalla donna viene praticamente
ritenuto più grave, per il semplice fatto che la donna nella cultura islamica
non sembra possedere una propria sessualità e la sua funzione è del tutto
interna alla casa. Le madri e le signore della casa non fanno sesso se non con
il proprio marito. Appare anche evidente che è presente pure
un’ideologia della “purezza” che sarebbe incarnata dal credente islamico. E’ la
mentalità totalitaria delle grandi religioni. Costumi, religione, comportamenti
non appartengono all’individuo, che, in una certa regione, riesce a viverli
insieme ad altri, ma è l’individuo che appartiene a costumi, religione,
comportamenti. Questo rovesciamento è il totalitarismo.
Alcoolici:
1)
“Ti chiederanno ancora del vino e del
maysir. Rispondi: ‘C’è peccato grave e ci sono vantaggi per gli uomini in
entrambe le cose: ma il peccato è più grande del vantaggio” (II, 19)
2)
“O voi che credete, non accingetevi alla
preghiera in stato di ebbrezza, ma attendete di poter sapere quello che dite”
(IV, 43)
3)
“In verità il vino, il maysir, le pietre
idolatriche <distruzione dei siti archeologici>, le frecce divinatorie sono sozzure, opere di Satana..Satana vuole,
col vino e col maysir, portare inimicizia e odio fra di voi” (V, 90-91)
Una
certa “demonizzazione” dell’alcool si trova anche in altre religioni, a
cominciare dal cristianesimo. Che l’alcool non faccia decadere la
responsabilità che si ha nella vita verso se stessi e gli altri è certo, ma una
sottile tendenza al riemergere di pregiudizi anti-alcool, la cui ebbrezza
veniva esaltata dalla cultura dionisiaca, c’è anche nell’attuale mondo moderno
e scientifico, basti pensare al “proibizionismo” negli Stati Uniti e al fatto che
si trovi facilmente l’alcool come responsabile di innumerevoli malattie. Si
parla di alcolizzati e di divieti su questo argomento con una tale facilità che
denotano la sopravvivenza della matrice religiosa. Il moralismo è una guida
ancora attuale della ricerca scientifica.
Alimenti
(prescrizioni):
1)
“In verità Iddio v’ha proibito gli
animali morti e il sangue e la carne di porco e animali macellati invocando
altro nome che quello di Allah. Ma chi sarà per necessità costretto contro sua
voglia e senza intenzione di trasgredire la legge, non farà peccato, perché Allah è perdonatore clemente” (II, 173)
Si
comprende la prudenza riguardo a divieti assoluti, visto che non mangiando si
muore. Però ciò non toglie che non si è mai vista una legge che preveda, così
direttamente, l’assoluzione per mancanza di “intenzione” o “voglia”. Certo lo
stato di necessità giustifica tanto l’omicidio per legittima difesa come
l’essere costretto a mangiare la carne di maiale, forse anche il vegetariano,
in caso di necessità per sopravvivere, può mangiare la carne, però è un po’
paradossale che il “divieto” e l’assoluzione per il non rispetto del divieto si
trovino affiancati in modo così stretto. Questo spiega molte ambiguità dei
passi coranici. Cose del genere, per altro, si trovano anche nella Bibbia. E’
assurda l’idea stessa di “libro sacro”. Tra l’altro, se l’islamico è invitato a
cena da un cristiano e quest’ultimo ringrazia Dio per il cibo sulla tavola,
l’islamico non dovrebbe mangiare (non essendo stato invocato il nome di Allah,
a meno che non gli convenga ammettere che si tratta dello stesso Dio).
Cristiani e islamici non possono nemmeno invitarsi a cena. Forse l’ateo ci
riuscirebbe, se non scattassero altre fobie. Ma è certo da laico supporre che
quando si ha fame si pensa a mangiare e non a invocare qualcuno. In ogni caso
la non condivisione del cibo, quando si invoca qualcosa che non è Allah, mostra
che tale divinità rappresenta una divisione “ideologica” e che quindi
l’ideologia è parte integrante di ogni religione, compresa quella islamica. Non
che si apprezzi un’umanità tutta “uguale”, ma le differenze che almeno siano
pratiche, concrete, legate al carattere e alle scelte individuali. Non ci
sarebbe alcuna religione se non ci fosse “ideologia” e questo non bisogna
dimenticarlo, poi gli individui possono anche comportarsi in modo non coerente
rispetto alla propria religione, ma darlo per scontato è cecità molto
pericolosa.
2) “Vi
sono dunque proibiti gli animali morti, il sangue, la carne di porco, gli
animali che sono stati uccisi senza l’invocazione del nome di Allah, e
quelli..uccisi a bastonate..quelli in parte divorati dalle fiere..quelli
sacrificati sugli altari idolatrici” (V, 3)
Sembra che queste prescrizioni alimentari
si preoccupino soprattutto del fatto che non bisogna essere contaminati dalle
impurità. Che il sangue sia impuro, che gli animali già divorati dalle fiere
siano impuri, che gli animali sacrificati su altari idolatrici siano impuri,
appare evidente. Questo vuol dire che il divieto di mangiare la carne di maiale
non dipende dal fatto che il maiale venga considerato un animale sacro, ma che
venga considerato un animale impuro. Agli animali per sopravvivere non resta
altro che essere considerati sacri o impuri. In nome degli animali si può oggi sperare
che si scopra che siano cancerogeni. In fondo il carattere cancerogeno e quello
impuro appartengono alla stessa mentalità.
3) “Mangiate
delle cose lecite e buone che Allah vi dà provvidente e temete quel Dio in cui
credete!”(V, 88)
Un
invito a “temere” Dio così esplicito si trova, spesso, nell’Antico Testamento.
Questo spesso i cristiani lo rimproverano agli islamici, dimenticando che
l’Antico Testamento fa parte integrante della Bibbia e che la sua lettura
“allegorica” è solo un tentativo ipocrita di adattare il Vecchio Testamento al
Nuovo Testamento. Per altro anche il Nuovo Testamento non è meno punitivo,
visto che la regola carnale è peccato e sottoposta a punizione: “con la mente servo alla legge di Dio, ma
con la carne servo alla legge del peccato” (Paolo di Tarso - “Lettera ai
romani” 7, 25). Il Nuovo Testamento genera un totalitarismo “buonista”, in
cui l’altro è il centro, proprio per conseguenza del proprio ascetismo. La
bontà di Dio genera “timore” nei peccatori non meno del tono minaccioso di
Jahvé e Allah nei relativi libri sacri. Il Nuovo Testamento, però, poteva
reggersi solo in regioni che avevano conosciuto la struttura civile dell’Impero
romano (in misura sempre relativa e sempre fondato sul “timore” fino agli ultimi
secoli), non certo presso i popoli nomadi della penisola arabica cui si
riferisce Il Corano. Il timore di Dio è l’interiorizzazione della punizione già
prevista dal piano ideologico.
Apostasia
1) “quanto
a quelli di voi che avranno abbandonato la fede e saran morti negando, vane
saranno tutte le opere loro in questo e quell’altro mondo, e saranno dannati al
fuoco, dove rimarranno in eterno” (II, 217)
Anche
se può apparire logica la condanna di chi rigetta la propria fede religiosa,
appare chiaro che qui si verifica una notevole intolleranza. Perché si dice che
le opere giuste che sono state fatte o quelle che si possono ancora fare dopo
il rifiuto dell’islamismo sono cose vane e insignificanti rispetto alla fede.
Il giusto e l’ingiusto vengono scavalcati dal fanatismo della fede. Questa è
intolleranza a prescindere da ogni altra cosa. Intolleranza che rivela un
totalitarismo su basi teologico, che è l’origine di tutte le forme di
totalitarismo, c’è sempre qualcosa di religioso nei totalitarismi. Per altro qui
Il Corano non dice nulla di originale perché sulla condanna all’Inferno (il “fuoco”) c’erano già i precedenti
zoroastriani, cristiani e manichei.
2) “E
quelli che, dopo aver accettato questo patto, si trarranno indietro saranno
empi” (III, 82)
Un
patto vincola per tutta la vita? Se uno reputa di aver fatto un errore, non può
cambiare strada? Già, ma far solo balenare l’idea che una religione, qui
l’Islam (mala stessa cosa varrebbe per un cristiano), possa essere stata un
errore è idea che l’intolleranza non ammette. Che i sentimenti siano costanti è
certo un pregio in una persona, ma la religione è un sentimento rivolto ad una
persona oppure è un fattore ideologico? Pretendere che Dio sia una persona che
si incontra ogni giorno per strada vuol dire delirare dal punto di vista
ideologico. Le persone e anche gli animali che si comportano bene meritano di
ricevere un sentimento costante. Se uno si convince che nella religione c’è
dell’intolleranza strutturale, e ne “Il Corano” e nella “Bibbia” c’è, non solo ha
il diritto di fare l’apostata, ma ne ha perfino il dovere. La mancanza di
rispetto del mondo in nome di una persona che si coglie solo con l’idea non è
ammissibile, è esattamente quello che si chiama fanatismo ideologico. Un
divorzio non è una bella cosa, perché può essere un trauma per qualcuno, ma è
sempre più grave di un atto di apostasia. Quando non si accetta questo
presupposto laico, inevitabilmente l’essere religioso e l’essere fanatico è la
stessa cosa.
3) “Come
può mai Allah guidare degli uomini che hanno respinto la fede dopo averla
accettata..?..La loro ricompensa sarà che essi trarranno addosso la maledizione
di Allah e degli angeli e degli uomini insieme..non sarà loro alleggerito il
castigo..eccetto coloro che si saran pentiti, dopo aver fatto questo e avranno
rettificato il loro operato, ché Allah è indulgente pietoso. In verità, coloro
che rifiutan la fede dopo averla accettata, e aggiungono infedeltà a infedeltà,
il loro pentimento non sarà accolto, essi son quelli che hanno perso la via..avranno
un tormento cocente e nessuno che li aiuti” (III, 86-91)
Il
passo sembra mostrare una contraddizione, perché prima si maledicono gli
apostati, però si ammette la pietà in caso di pentimento, successivamente,
invece, non si ammette alcuna pietà. Però è probabile che nel secondo passo si
faccia riferimento ad un secondo caso di apostasia della stessa persona,
insomma, se per due volte si rifiuta la fede islamica, non c’è alcuna pietà. E’
anche chiaro che l’esecuzione della pena non spetta solo ad Allah o agli
angeli, ma anche agli uomini e questo è inammissibile. Qui non si parla di
uccidere l’apostata, ma quando la pena è rimessa agli uomini tutto diventa
possibile, per altro se non si parla di uccisione, non c’è nemmeno nulla che la
escluda. Insomma quello religioso è il linguaggio stesso dell’intolleranza, del
fanatismo e del totalitarismo. Il pensiero critico è sconosciuto.
4) “Coloro
che hanno barattato l’infedeltà con la fede, non faranno ad Allah alcun danno,
ma avranno castigo cocente” (III, 177)
Qui
si parla semplicemente di apostasia, non si distingue una prima apostasia da
una seconda della stessa persona, e si parla di punizione senza alcuna pietà.
Sappiamo dal precedente passo che dare luogo alla punizione spetta ad Allah,
agli angeli, ma anche agli uomini. Appare sempre più chiaro che l’intolleranza
nell’Islam è strutturale, come per altro lo è anche nella Bibbia.
5) “E
chi si stacca dal Messaggero di Allah, dopo che è apparsa limpida al suo
sguardo la via, e segue un sentiero diverso dai credenti..Noi lo faremo
bruciare nell’Inferno” (IV, 115)
La
ripetitività del concetto non fa altro che confermare l’intolleranza e la
brutalità mentale che abbiamo già notato sopra.
6) “Quanto
a coloro che cedettero, poi rifiutarono la fede, poi cedettero, poi rifiutarono
la fede, poi crebbero in infedeltà ancora, Allah non potrà più perdonarli né
guidarli per un retta via” (IV, 137)
La
genericità del mancato perdono può, in questi casi, dare tanto ragione
all’atteggiamento di buon senso degli islamici moderati, quanto a quello
violento degli integralisti. Entrambi, però, pensano, inevitabilmente, che la
punizione sia giusta e, quindi, sia pur parzialmente giustificano l’eventuale
violenza degli integralisti. Questa ambiguità deriva dagli stessi passi coranici,
nei quali, più o meno violenta che sia l’azione punitiva, regna una sostanziale
intolleranza di fondo. E’ evidente che, in queste condizioni, non fidarsi degli
islamici è lecito e doveroso. Come non ci si dovrebbe fidare dei cristiani,
perché, se si seguissero ancora seriamente le parole della Bibbia, pericoli del
genere verrebbero fuori anche dal cristianesimo. Le religioni sono un pericolo
per quella che viene chiamata “vita civile”. Se il laicismo non si afferma
decisamente, le violenze saranno la regola, aggiungendo alle religioni
tradizionali, quella della ragione e della tecnologia, che è una religione
anch’essa, che sta distruggendo il pianeta e facendo riprodurre gli uomini
oltre ogni limite di buon senso.
7) “Se
qualcuno di voi rinnega la sua religione, ebbene, Allah susciterà uomini che
Egli amerà come essi ameranno Lui, umili coi credenti, fieri coi miscredenti,
combattenti sulla via di Dio” (V, 54)
I
due pesi e due misure che l’islamico è tenuto ad avere (umile coi credenti,
fiero coi miscredenti) indicano il fatto che l’islamico non può convivere in
una società dove ci sono atei o altre religioni. Se lo fa, contraddice questo
passo del Corano. Non solo, ma dato che nel passo si accenna all’apostasia, si
capisce bene che nel passo c’è anche una specie di delega dell’amore o del
disprezzo di Allah, così come Allah condanna i miscredenti, allo stesso modo
devono farlo gli uomini. Per cui l’ingiustizia o la violenza nei confronti del
miscredente, pagano, ateo o di altre religioni, trova sempre un qualche
fondamento nella scrittura. Negarlo è ipocrisia. Gli ipocriti appaiono spesso
“buoni”, i cristiani sono da sempre un esempio in tal senso. Con testi sacri
come questi non ci si può fidare degli islamici moderati. L’unico islamico che
certamente non giustificherà qualche violenza in nome di Allah, alla fine è
proprio l’apostata. E’ più o meno quello che diceva Marx: l’ebraismo non si
concilia con l’Umanità, allo stesso modo Bauer diceva che il cristianesimo non
si conciliava con l’Umanità, così l’islamismo non si concilia con l’Umanità. Se
ebrei, cristiani e islamici mettono prima l’Umanità e solo dopo l’ebraismo, il
cristianesimo, l’islamismo, non sono più autentici ebrei, cristiani e islamici,
ma sono dei laici. Nel laicismo la religione è di secondaria importanza
rispetto all’Umanità. Che poi l’Umanità non debba diventare, a sua volta, una
religione che soffoca l’individualità, come capita in molti laici, è un
discorso più evoluto: che andrebbe affrontato, mentre siamo qui a perdere tempo
con retrogradi religiosi.
8) “Chi
rinnega Allah dopo aver creduto, è perso..su coloro che hanno spalancato il
cuore all’empietà cadrà l’ira di Allah e avranno castigo cocente” (XVI, 106)
Il
castigo cocente si riferisce, ovviamente, soprattutto al fuoco dell’Inferno, ma,
come abbiamo visto, il potere di infliggere la punizione è già scivolato dal
cielo in terra ed è nelle mani del credente islamico. Ovviamente si può notare
che in nessuno dei passi riguardanti l’apostasia si parla esplicitamente di
uccisione dell’apostata, anche se gli integralisti intendono che proprio in ciò
dovrebbe consistere la punizione. Ciò, a prima vista, sembrerebbe dare ragione
all’islamico moderato, che nega la necessità di uccidere l’apostata. Ma il
testo coranico non lascia dubbi circa il fatto che l’apostata vada punito e già
qui in terra se è possibile, per di più non parla di uccisione, ma neppure la
nega. Ora che già solo per questo ci sia qualcosa che non va nel testo coranico
e, per conseguenza, anche nell’islamico moderato, è cosa sulla quale solo gli
sciocchi possono avere dei dubbi. L’integralista islamico rende solo palese il
pericolo, rende chiaro solo dove può giungere l’intolleranza di fondo della
religione islamica (come di tutte le religioni). Non comprendere l’essenza di
intolleranza che sta alla base delle religioni, nel nostro caso di quella
islamica, che l’islamico sia moderato o radicale, è pregiudizio da laico, cioè
presupporre quella tolleranza che nelle religioni non è mai scontata. Se il
laico non diffida delle religioni, che vengano lette in modo moderato o
fanatico, cioè che non diffidi della sostanza ideologica presente in ogni
religione, allora il laicismo è perduto.
Corano
(conferma delle rivelazioni precedenti)
1) “O
figli d’Israele! Ricordate i favori che vi elargii, siate fedeli al Mio Patto e
io sarò fedele al vostro, e me solo temete! E credete in ciò ch’Io ho rivelato
a conferma dei vostri libri e non siate voi i primi a rinnegarli” (II, 40)
Il
Patto con Israele è, chiaramente, l’Antico Testamento, il quale, essendo parte
integrante (pur tra mille contraddizioni) della Bibbia, appare anche come
fondamento del cristianesimo, che lo intende come patto tra Dio e gli uomini in
generale. Così che, mentre l’ebraismo da un fondamento religioso al suo
nazionalismo, il cristianesimo da un fondamento religioso al suo
antropologismo, nel quale è regolarmente sfociato con l’Illuminismo e il
laicismo scientista e tecnologico dell’età moderna. Fanatismo si trova
nell’ebraismo, fanatismo si trova nel cristianesimo, fanatismo si trova
nell’antropologismo illuminista, che meglio dovrebbe definirsi come
“antropocentrismo”, quell’antropocentrismo che sta distruggendo il mondo naturale
e la stessa libertà umana. Il Nuovo Testamento, quindi, non rinnega l’Antico
Testamento, ma, come dice San Paolo, aggiunge la figura del Salvatore
universale, cioè Gesù, alla Rivelazione antico-testamentaria, ritenuta come semplice
precedente “legge”. La “legge” non bastò, dice San Paolo, e così venne il
Salvatore in persona. Vi è, quindi, tra l’Antico Testamento e il Nuovo
Testamento una sorta di continuità e discontinuità, anche perché il Nuovo
Testamento presenta una psicologia gnostica (dualistica, ascetica: da qui
l’altruismo), mentre l’Antico Testamento presenta una psicologia paganeggiante,
soprattutto di tipo mesopotamico. Questa continuità-allargamento, questa
contraddizione di psicologie, è sostenuta, poi, da tutti i profeti successivi,
a cominciare da Mani per finire con Maometto. Il Corano viene, quindi,
presentato come continuità-allargamento rispetto alla Bibbia. In esso restano
tracce gnostiche evidenti, Allah appare spesso pietoso, in sintonia con il
Nuovo Testamento, ma, ancora più spesso appare come portatore di feroci
punizioni, in sintonia con l’Antico Testamento, quindi con una psicologia
mesopotamica. Le componenti psicologiche, cioè quella gnostico-cristiana e
quella pagano-mesopotamica, si trovano, però, confuse, là dove nella Bibbia,
per la sua stratificazione plurisecolare, si trovano maggiormente separate
(entro certi limiti), identificandosi la prima con il Nuovo Testamento e la
seconda con l’Antico Testamento. Proprio per questi motivi a Nietzsche piaceva
più l’Antico Testamento, servile, a suo avviso, ma non così contro natura come
l’ascetismo del Nuovo Testamento. A giudicare da come si esprime Maometto,
anche lui aveva qualche preferenza per l’Antico Testamento, tanto è vero che il
concetto di “guerra santa”, praticata poi di fatto anche dai cristiani, trova
più appigli nella psicologia del Vecchio Testamento che in quella del Nuovo.
Questa continuità-allargamento nel Corano porta ad una convergenza per il
famoso dialogo interreligioso? Sì e no. Perché, anche se si sostiene che i
predecessori hanno rivelato lo stesso Dio e la stessa sostanza spirituale,
tuttavia si sostiene che in essa manca qualcosa di fondamentale e se i
cristiani protestanti e i cristiani cattolici si sono potuti uccidere per
secoli per molto meno, figurarsi cosa può accadere tra religioni che, pur nella
rivendicazione di una continuità, si presentano, però, come diverse. Il motivo
sta sempre nell’unico fattore: Dio, Jahvé, Allah, uguali o non che siano, appaiono
come astrazioni logiche (nel senso del deismo illuminista) nelle varie
rivelazioni e nello stesso tempo le assolutizzano. Quindi le religioni
spirituali, soprattutto monoteiste (sempre un po’ dualiste), si presentano
sempre come assolutizzazione ideologica e questa sta alla base stessa del fatto
che si crede ad esse. Solo una spoliazione completa dalle “rivelazioni”
consente quella tolleranza che sosteneva Voltaire. Anche se, a quel punto,
bisogna stare attenti a non creare una “religione dell’uomo”.
2) “Allah!
Non c’è altro Dio che Lui, il Vivente..Egli t’ha rivelato il Libro, con la
Verità <Il
Corano>, confermante ciò che fu
rivelato prima, e ha rivelato la Torah e il Vangelo prima, come guida per gli
uomini, e ha rivelato, ora, la Salvazione. In verità coloro che smentiscono i
segni di Allah avranno castigo violento, ché Allah è forte e sa vendicarsi”
(III, 3-4)
Torah
e Vangelo sono, dunque, anticipazioni della rivelazione definitiva, cioè quella
coranica. E’ chiaro che, se questo può portare ad una certa tolleranza verso
ebrei e cristiani (tolleranza che non ci fa affatto rispetto ai pagani:
cristiani e mussulmani sono parimenti intolleranti verso i pagani e verso gli
atei), ciò non significa che essi siano comunque nel giusto, perché la
“Salvazione” può avvenire solo mediante la rivelazione dovuta a “Il Corano”,
visto che essa è il segno definitivo di Allah e “coloro che smentiscono i segni di Allah avranno castigo violento”.
In altri termini l’ebreo e il cristiano, ricevendo la Torah e il Vangelo, hanno
sì rispettato alcuni segni di Allah, ma rifiutando Il Corano “smentiscono i <nuovi> segni di Allah”, per cui possono anche
essere oggetto di “castighi violenti”.
Possono, sì, anche essere tollerati, ma ciò dipenderà solo dal fatto che si
decida di vedere solo il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Ebrei e cristiani
non smentiscono “i segni di Allah”
solo in parte, per un’altra parte li smentiscono. Un mussulmano rigoroso
dovrebbe punirli. Qui, alla fine, per cercare dei mussulmani tolleranti, si
cerca sempre un mussulmano non troppo mussulmano. Stiamo chiedendo la
laicizzazione dei mussulmani e facciamo finta di non chiederla. La
laicizzazione è la perdita, totalmente o in parte, delle caratteristiche di una
religione. I cristiani laici, con i quali conviviamo, sono soltanto dei
cristiani non troppo cristiani. Religioni senza “il Libro”, pagani e atei, che “smentiscono <tutti> i segni di Allah”, non possono essere
altro che assoggettati al “castigo
violento”. Di che parliamo dunque? La convivenza laica con i mussulmani non
è possibile, se non si ammette che i mussulmani devono diventare non troppo
mussulmani. L’Islam nega il diritto ad esistere di tutte quelle persone che
negano, in tutto o in parte, Il Corano.
3) “In
verità Noi abbiamo rivelato la Torah..con la quale giudicavano i Profeti tutti
dati a Dio ai giudei..E facemmo seguir loro Gesù, figlio di Maria, a conferma
della Torah rivelata prima di lui..E a te <Maometto> abbiamo rivelato il Libro secondo Verità <Il Corano>, a conferma delle scritture rivelate prima,
e a loro protezione. Giudica dunque fra loro secondo quel che Dio ha rivelato e
non seguire i loro desideri a preferenza di quella verità che t’è giunta. A
ognuno di voi abbiamo assegnato una regola e una via, mentre, se Allah avesse
voluto, avrebbe fatto di voi una Comunità Unica, ma ciò non ha fatto per
provarvi in quel che vi ha dato. Gareggiate dunque nelle opere buone, ché a Dio
tutti tornerete, e allora Egli vi informerà di quelle cose per le quali ora
siete in discordia..E se ti volgeranno le spalle sappi che Allah vuole colpirli
per qualche loro peccato, e per vero, molti degli uomini sono perversi. Un
giudizio pagano, ecco quel ch’essi vogliono!” (V, 44-50)
Abbiamo
visto che chi non è seguace dei libri sacri precedenti a Il Corano e non è
seguace neppure de Il Corano è nel giudizio già come morto. Rispetto ai seguaci
dei precedenti libri sacri indicati, invece, l’atteggiamento è del tutto
ambiguo. Viene, sì, confermata la continuità rispetto alla rivelazione della
Torah e del Vangelo, ma questa continuità non viene precisato in cosa consista,
né viene chiarito in cosa consista la discontinuità. Le due cose sono
semplicemente affiancate, per cui il rifiuto de “Il Corano” può poi apparire
come semplice “desiderio” vano o come
“giudizio pagano”, per cui diventa
chiaro che la conseguenza è la punizione:“Allah
vuole colpirli”. Insomma ebrei e cristiani dovrebbero riconoscere ne Il
Corano l’ennesima rivelazione di Dio e in sostanza diventare mussulmani
tentando, come sembra che sia nella mente di Maometto, di fondere in un unico
corpo le tre religioni. L’ipotesi della “Comunità
unica”, ipotesi quanto mai pericolosa (anche se intesa in senso laico),
spiega in qualche modo in che senso Maometto intende la continuità tra le varie
religioni, cioè in senso “evolutivo”, nel senso, cioè, che la successiva
ingloba le precedenti. Maometto non è Giordano Bruno, cioè un filosofo
intellettuale, la cui mediazione tra le religioni poteva portare, al massimo,
al deismo illuminista, come poi portò. Ma, visto che Maometto non parla di
nuove rivelazioni al di là di quella coranica, se ne deduce che l’evoluzione si
ferma, storicisticamente, all’Islam come religione universale, un po’ come
Hegel farà con il cristianesimo protestante, Marx con l’avvento del comunismo e
Comte con l’avvento della società scientifica. L’ultima rivelazione completa
nasconde un’idea di progresso, quindi di superiorità, per cui l’atteggiamento
nei confronti di ebrei e cristiani oscilla tra il “castigo violento” e la tolleranza con sottomissione. Va, infine,
notato che la nota ascetica neotestamentaria è palese, soprattutto,
nell’ostilità profonda che Il Corano mostra nei confronti dei pagani, chiaramente
perché maggiormente attaccati al mondo terreno. Il che spiega molto bene
l’atteggiamento islamico verso l’attuale Occidente, accusato, non solo di
essere portatore di crociate cristiane, ma anche di essere pervertito. Questo
atteggiamento può notarsi sia negli islamici moderati che in quelli
integralisti ed è pericoloso perché può risvegliare, quasi in una competizione
verso la maggiore demenza, le forme di ascetismo cristiano, mai estinte del
tutto, facendoci ripiombare in una barbarie che pensavamo di aver superato.
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