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lunedì 11 aprile 2016

L’INQUISIZIONE SCIENTIFICA

    Si parla, ormai da più di un secolo e mezzo, della società moderna come di una “civiltà scientifica”, oggi anche “tecnologica”, fino al punto che la realtà è diventata il punto di vista che la scienza e la tecnica hanno sulla realtà: “La scienza è ormai per noi il reale. Il suo punto di vista sul corpo che lo riproduce non come è vissuto da ciascuno di noi, ma come risulta dallo sguardo anatomico che l’ha sezionato..come si seziona qualsiasi oggetto, ci è divenuto così familiare che oggi ciascuno di noi non fa alcuna fatica a rinunciare alla propria esperienza e a svalutare il proprio punto di vista sul corpo per adottare il punto di vista della scienza e la sua definizione <falsamente> oggettiva..dove le uniche relazioni possibili sono quelle fisico-chimiche perché sono le sole che si possono esattamente calcolare. Ma quando la realtà è assorbita da quel modello di simulazione che è il discorso scientifico, la nostra vita non sarà più regolata dalla nostra esperienza, ma dai modelli che la generano, e il nostro corpo sarà costretto a vivere un’esistenza fantasma nell’organismo biologico che la scienza descrive. Ma da dove la scienza può aver ricavato la sua idea di corpo come aggregato di parti? Se è vero che non c’è proposizione scientifica che non si attenga rigorosamente all’esperienza, diciamo che l’unica esperienza da cui la scienza può aver tratto il suo concetto di corpo è l’esperienza della sua disgregazione nella morte..finché la scienza continuerà, contro ogni evidenza, a considerare il corpo come un <semplice> oggetto, come un aggregato di parti, e la società ad attenersi rigorosamente al dettato scientifico, saremo nell’impossibilità di comprendere qualcosa del corpo e della sua vita..Nostalgia del referente reale (la natura umana) da cui la scienza s’è da tempo liberata per produrre se stessa. Questo legame non è che un simulacro sotto cui si cela non la natura, ma la ragione stessa che produce la scienza. Siamo quindi in presenza di una nuova metafisica il cui grado di contraffazione per mancanza di referente reale non è inferiore a quello che caratterizzava le vecchie metafisiche della natura: semplicemente al ‘caldo’ e al ‘freddo’ di Telesio si sono sostituite quelle opposizioni binarie in cui si articola ogni metafisica del codice, compresa la metafisica del DNA, nuovo equivalente generale cui la scienza riconduce l’essenza della vita” (U. Galimberti - “Il corpo”). Già a fine Ottocento Nietzsche aveva denunciato i motivi non scientifici e neppure etici da cui nasce la scienza: “Proprio la paura delle bestie feroci fu quella che per tempo lunghissimo fu instillata nell’uomo..Questa lunga antica paura, divenuta infine raffinata, spirituale, intellettuale, oggi, mi sembra, si chiami: scienza” (F. Nietzsche - “Così parlò Zarathustra” - Della scienza), poi: “La scienza impartisce continuamente ordini, per esempio per la salute e per l’educazione: essa li motiva con le conseguenze nocive della disobbedienza” (F. Nietzsche - “Frammenti postumi” 1879-1881 - 3 (71)). Paura, saccenteria, ordini, obbedienza, ecco la scienza. Si tratta delle medesime componenti che stanno alla base delle religioni: tanto la religione che la scienza vorrebbero dare la “salvezza”, la “sicurezza”: questa esigenza, che mette del tutto da parte la necessità del coraggio del vivere, nasce in entrambi i casi dalla “paura” e ovviamente ciò che “protegge”, cioè religione e scienza, “comanda” anche, tende a pretendere “obbedienza”. Il carattere “repressivo” della scienza è della stessa natura di quello delle religioni. Di per sé religione e scienza sono dei mostruosi strumenti nelle mani di Stati totalitari. Religione e scienza rappresentano la struttura psicologico-sociale delle società barbare, cioè di quelle società che non rispettano la libertà individuale. Il “meccanicismo” scientifico e la metafisica che esso crea sulla testa della diversità e indipendenza individuale mi ha dato fastidio fin da quando ho cominciato a capire qualcosa e ricordo che già all’università mi ribellavo a certi ragionamenti di tipo scientifico di Kant e di Marx. Ho presentato, come voluminosa tesi di laurea nel 1977, un sistema filosofico (La filosofia dell’immediatezza sentimentale) proprio per distruggere logicamente il nesso di “causa ed effetto” che sta alla base della scienza. Penso anche di esserci riuscito, ma, ovviamente, nessuno ha letto approfonditamente il mio libro. All’epoca non conoscevo approfonditamente né Nietzsche e tanto meno il libro di Galimberti (uscito solo nel 1983), conoscevo bene solo Leopardi, che aveva tutta la mia ammirazione, ammirazione che provo ancora oggi. Ma avevo le idee chiare nei confronti della scienza e della tecnica che rappresentano il più grande pericolo attuale per la libertà delle persone, perfino più grande delle religioni. Non si può, infatti, ignorare che le religioni hanno conosciuto un profondo declino, mentre il fanatismo scientifico, tecnologico e artificiale è più forte che mai. I miei versi vogliono mostrare come la scienza si sia impadronita dei momenti fondamentali della nostra vita allo stesso modo in cui lo fece la religione: al posto del battesimo, ci sono le visite neonatali, al posto dell’estrema unzione ci sono le autopsie, al posto della nostra individualità ci sarebbe il DNA. C’è perfino chi già parla di determinare scientificamente anche i matrimoni. I fanatici più ottusi credono, addirittura, che la scienza possa sconfiggere la morte, dimostrando così di non aver capito nulla della realtà. La metafisica del DNA è talmente devastante che nei tribunali il DNA stesso viene considerato prova valida, anche in esclusiva, per condannare una persona o a morte, o all’ergastolo o a trent’anni. Siamo, palesemente, di fronte ad una barbarie poggiante su fondamenta scientifiche. Senza certificato medico non si viene assunti al lavoro, né ci si può assentare da esso. Senza il benestare della scienza medica non si può praticare alcuna attività agonistica, come se un individuo fosse un minorenne davanti allo scienziato e quindi non può assumersi in prima persona la responsabilità di quello che decide di fare o di non fare. Gli scienziati hanno la pretesa di effettuare un’educazione sessuale su base scientifica, che rappresenta, da un lato, una vera e propria castrazione sessuale, e da un altro lato una riduzione a schema uniforme di ciò che esiste e ha valore solo a livello di differenza personale, di istinto, di fantasia. Insomma, ovunque venga applicata, la scienza ignora la libertà, la diversità, l’individualità, sostituisce l’“incognita” della realtà e dell’infinita individualità con la falsità del “conosciuto” e dell’“uniforme”, come ben sosteneva Nietzsche: “Se è certo che una foglia non è mai perfettamente uguale a un’altra foglia, altrettanto certo è che il concetto di foglia si forma mediante un arbitrario lasciar cadere queste differenze individuali, mediante un dimenticare l’elemento discriminante, e suscita poi la rappresentazione che nella natura, all’infuori delle foglie, esiste un qualcosa che è ‘foglia’, quasi una forma primordiale, sul modello del quale sarebbero tessute, disegnate..tutte le foglie <pregiudizio che non si trova solo in Platone, ma, ad esempio, anche in Darwin, sia pure secondo il tempo e l’evoluzione>..Il trascurare ciò che vi è di individuale e di reale ci fornisce il concetto, allo stesso modo ci fornisce la forma, mentre la natura non conosce invece nessuna forma e nessun concetto, e quindi neppure alcun genere, ma soltanto una x, per noi inattingibile e indefinibile <qui Nietzsche è vicinissimo al modo romantico di intendere la natura e anche all’idea dell’‘Unico’ stirneriano>..Che cos’è dunque la verità <la scienza>? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente” (F. Nietzsche - “Su verità e menzogna in senso extra-morale”). La scienza riproduce, come a ragione ha scritto Galimberti, il corpo, quindi la vita, secondo il modello generale della morte e della fredda astrazione razionale. L’immagine della scienza come modello tratto dalla morte e dalle forme astratte razionali io, nell’ultima strofa, l’ho riprodotto con la visione dei marmi cimiteriali. Quanto all’educazione sessuale fatta dalla scienza è difficile immaginare qualcosa di più asessuato e castrante di un’educazione sessuale fatta scientificamente.



Se non sottostai
al potere della scienza,
di cibo e di lavoro
oggi resti senza,

e se dico che
la scienza io contesto,
sì nessun m’uccide,
ma senza pane resto.

Dice allora il medico:
“Se vuoi lavorare,
anche nel sedere
ti dobbiam guardare”:

l’attestato medico
al lavoro è una licenza,
 mancando della quale
c’è solo l’indigenza.

Il DNA è considerato
come una religione
per la quale poi
ti mettono in prigione,

lo scienziato è reo,
ha potere come il prete,
ovunque si discute
impone la sua rete,

ma egli più degli altri
ha paura della morte
e crede che la scienza
lo salvi da tal sorte,

così si fa pressante
e scientifica l’azione
religiosa non è più
ormai l’inquisizione.

Alfine in questo modo
si ripete anche la storia
che di inquisizioni
è solida memoria.

La scienza altera tutto,
perfino il sacro istinto,
annulla l’individuo
che risulta quasi estinto,

sei una persona
e ti trasforma in un concetto,
in un caso anatomico
disteso sopra un letto,

sta sempre in agguato
la visita sua medica,
come senza scrupoli
 la iena assai famelica.

La scienza vuole fare
l’educatrice anche sessuale,
come se il sesso fosse
uno schema generale,

come se fosse poi
un modello sociale
e non sempre soltanto
un amore personale,

il sesso invece è libero
perciò non va educato,
arrogante è la pretesa
che venga poi insegnato.

La scienza ignora sempre
cos’è la libertà,
dato che ignora sempre
la gran diversità,

il mondo del reale
non dà la conoscenza,
sfugge il diverso intero
alla nostra scienza,

l’educazione scientifica
è pratica mortuaria:
lapidi, marmi e forme
e poi molta statuaria.

(18/9/1982)



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