CIVILTA’ MODERNA
Per chi, come me, ha fatto del sentimento
una “filosofia sentimentale”, dato che il sentimento è una discriminazione
affettiva, distingue un figlio, un padre, un’innammorata, un innamorato, ecc.,
esso, in modo inevitabile, si scontra con l’egualitarismo e l’universalismo
allo stesso modo in cui il Romanticismo si scontrò con l’Illuminismo. Il
sentimento, dunque, ha, di necessità, una radice aristocratica, ognuno si
circonda di quelli che, per lui, sono i migliori, anche se questo non avviene
per una scelta razionale, ma per circostanze che generano affettività. Il
sentimento è figlio del caso, per fortuna, non della scienza. Il sentimento può
esistere solo in questa discriminazione aristocratica, quando si pretende di
amare tutti (cristianesimo) o di essere solidali con tutti (sinistra), è
proprio il sentimento che si cancella. Chi ama tutti, non ama nessuno. Il
fatto, quindi, che il sentimento nasca e seguiti a sussistere solo nella
“discriminazione” è cosa che l’astrattezza razionale della moderna coscienza
non riesce proprio a comprendere. Il sentimento, ovviamente, si estende con
maggiore o minore profondità ad ambienti e popoli, non è indifferente ad
ambienti e popoli, quindi discrimina anche ambienti e popoli. E’ nella natura
individuale del sentimento, che vive sempre nell’hic et nunc. Il sentimento non
comprende lo spirito universale, perché questo spirito universale è astratto: non
distingue nulla e non discriminando un padre o una moglie da un estraneo, un
ambiente caro da un ambiente che è estraneo, un popolo al quale, in qualche
misura (mai del tutto, perché l’individuo viene prima dei popoli), si è legati
da popoli estranei e perfino culturalmente ritenuti spregevoli, tutta questa
indistinzione, si diceva, distrugge il sentimento e la sua realtà affettiva che
si estende negli spazi concentrici dell’hic et nunc in cui l’individuo vive. La
discriminazione personale, di ambiente, di popolo che il sentimento genera nell’hic
et nunc ovunque, si rafforza discriminando, fino a farsi aristocratico: “il piacere aristocratico di dispiacere” (C. Baudelaire - “Razzi” XII). Se
si vuole piacere a tutti, non si ama nessuno e non si riconosce l’affetto che
persone specifiche hanno per noi. Ovviamente questa discriminazione
aristocratica non può avere la pretesa di essere “assoluta”, deve essere
cosciente di dover convivere con i sentimenti altrui e con le discriminazioni
aristocratiche altrui. Ma cosa rende “assoluta” una discriminazione
aristocratica? La ragione con il suo universalismo ed egualitarismo, è
l’Illuminismo che rese assoluto il culto nazista della "aristocraticità" della
razza germanica. Chi si attiene alla discriminazione aristocratica del
sentimento sa che questa discriminazione si basa, come capitava nel
Romanticismo, sulla diversità e quindi rifiuta l’ipotesi di un mondo tutto
uguale e universale, ipotesi che porta una diversità a farsi assoluta, come
fece il nazismo che voleva tutti “universalmente” e “ugualmente” tedeschi e
nazisti e, nell’impossibilità, sottomessi ad essi (la sottomissione riafferma
l’universalismo di una discriminazione). La ragione, non il sentimento, è
portatrice di quello spirito tirannico che è l’assoluto universale.
L’Illuminismo distrusse un’aristocrazia sociale storica, che era una gerarchia
che rendeva assoluto il valore di certe famiglie a scapito di altre, ma creò il
vuoto dell’egualitarismo e dell’universalismo. Questo vuoto razionale, che
affermò il principio di eguaglianza e l’universale, ignorava la diversità e il
fatto che il sentimento si atteneva proprio a quella discriminazione
aristocratica che è la diversità naturale. Tale discriminazione, proprio perché
non è assoluta e razionale, non comporta una gerarchia e quindi una
sopraffazione verso altri individui. Non è una discriminazione sociale, bensì
naturale, tuttavia comporta dei rapporti preferenziali che scavalcano la
società e riguardo ai quali la società dovrebbe ritirarsi in buon ordine. Si
tratta di discriminazioni legittimate dalla natura. Ovviamente questo lo
comprese il Romanticismo, mentre l’Illuminismo non lo comprese affatto e ancora
oggi borghesi, cristiani e comunisti seguitano a non capirlo. L’Illuminismo
creò un calderone generale gestito dalla politica di parte (partiti) e dai
giornali, politici e giornalisti si presentarono, mistificando, come
rappresentanti del nuovo sovrano, che doveva essere l’“opinione pubblica”. L’“opinione
pubblica” è una metafisica politica che sposta sul piano sociale quel principio
di “uniformità” che la scienza aveva calato su tutta la natura, come sovrano
non è una persona, non è un individuo, in pratica “non è”. L’unica “discriminante”
che l’uniformità dell’universale, dell’egualitarismo, dell’opinione pubblica
riconosce è quella numerica, quella del prezzo, del mercato, della statistica,
non riconosce le discriminanti personali, naturali e sentimentali. L’“opinione
pubblica”, non essendo rintracciabile da nessuna parte, diviene una forma
personale che viene sostituita dall’uniformità della ragione. E’ un “entimema”,
cioè una semplice “considerazione mentale”, una realtà fittizia data per scontata.
L’“opinione pubblica”, come sovrano, quindi non esiste oppure è rappresentato
dal “luogo comune”, dal “conformismo”, dalla “tirannia della maggioranza”, dal “si”
(si dice, si fa), addirittura dalla “volgarità”, come sembrano dire Nietzsche e
Baudelaire a proposito della grande città e dei giornali, grande città e
giornali (mezzi mediatici) che sono classica espressione dell’Illuminismo e
dell’astratto egualitarismo e universalismo. Grande città e giornali
rappresentano quella che io, nei miei versi, ho chiamato “civiltà moderna”,
qualcosa, cioè, di assolutamente volgare, superficiale, spregevole. Scrive
Baudelaire: “Non capisco come possa una
mano pura toccare un giornale senza una convulsione di disgusto!” (C. Baudelaire - “Il mio cuore messo a
nudo” XLIV). Scrive Nietzsche: “Sputa
piuttosto sulla porta della città e torna indietro!..Qui marciscono tutti i
grandi sentimenti: qui soltanto sentimentucci scheletriti possono far rumore
coi loro ossicini!..Non vedi le anime penzolare come stracci sudici e stracchi?
E di questi stracci fanno anche giornali!” (F.
Nietzsche - “Così parlò Zarathustra” - Del passar oltre). L’amore
universale cristiano, il solidarismo globale comunista, il filantropismo
illuminista, la civiltà moderna sono, appunto, quegli stracci con i quali fanno
i giornali e tutti gli strumenti mediatici, sono il “marcire” stesso dei sentimenti. La "civiltà moderna" è un inquinante terrificante del buon senso naturale. Solo questo intendevo dire con i
miei versi.
Civiltà
moderna,
sanguinante
altare,
che
gl’individui immoli
e
inghiotti come il mare,
meccanismo
orrendo
di
scienza e di paura,
uccidi
il cuor nel calcolo,
tu
sei la sua tortura,
tu
vendi e compri tutto,
basta
sol pagare,
vendi
perfino l’anima,
che
non sa più amare.
La
dignità calpesti
nel
benessere infernale,
i
sentimenti soffochi,
sei
superficiale,
con
vanità e ricatti
corrompi
ogni famiglia,
l’affetto
misconosci
tra
genitore e figlia,
l’amore
lo macelli
nell’oceano
dell’uguale,
la
scienza poi lo trita
e
lo vende ogni giornale,
d’insulti,
di leggi,
di
mostri e di catene,
con
somma progressiva
ci
carichi le schiene,
crei
orride storture
turpi
e intellettuali
e
le deviazioni orribili
dei
miti culturali,
ogni
cuor soccombe
al
feroce tuo ingranaggio,
l’anima
si spegne,
diventa
scarafaggio.
(9/1/1983)
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