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martedì 12 luglio 2016

TECNICA, VIZIO, COMPETIZIONE


    La moderna società tecnologica è una società competitiva per struttura, ma lo è in modo artificiale. Anche in natura due orsi che pescano per sopravvivere nello stesso specchio d’acqua litigano o entrano in competizione, ma lo fanno in maniera naturale e nei limiti delle loro possibilità fisiche. La società tecnologica, invece, mette in competizione tutto il genere umano e non per gioco. Nel momento in cui la tecnica rappresenta il modo univoco di saper fare una cosa, in quel momento stesso gli individui vengono misurati e messi in competizione, anche perché, a causa della stessa specializzazione tecnica, un mondo tecnologico presuppone a priori che si lavori per gli altri. Facciamo un esempio: il cuoco. Prescindiamo qui dai cuochi che si danno arie da artista e che ottengono successo soprattutto tra coloro che non mangiano quello che gli piace, ma mangiano la novità, immaginiamo solo un esperto nel cucinare messo di fronte a non esperti. I non esperti, consapevoli della maggiore abilità tecnica del cuoco A, lo preferiranno senz’altro al cuoco B. Il carattere univoco della tecnica ha messo in competizione automaticamente il cuoco A e il cuoco B. La base dell’automatica competitività sta nella viziosità acquisita dalla gente, che vuole cibi, vestiari, case, mezzi di trasporto sempre più raffinati, tali cioè che possono essere prodotti solo da tecnici specializzati. Nella società della tecnica, quindi, ognuno è schiavo dell’altro, per quanto attiene al consumo, ed ognuno è in competizione con tutti coloro che effettuano la sua medesima produzione. La globalizzazione non ha fatto altro che generalizzare a livello mondiale questa competizione e questa dipendenza. Tutto ciò crea delle contraddizioni insanabili che danno alla pace tutte le caratteristiche della guerra, così che, mentre non si sta mai in pace, si ha la pretesa di non stare neppure in guerra. La guerra nella pace o la mancanza di pace senza guerra si chiama “economia”, è quel mondo allucinante in cui solo i pochi sfruttano veramente a pieno i privilegi e le raffinatezze della tecnica. Credere che possa esistere un mondo tecnico, economico di tipo “etico” è il delirio dei complici benpensanti degli sfruttatori, benpensanti che sono ancora più nauseanti degli sfruttatori. 

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