TECNICA, VIZIO,
COMPETIZIONE
La moderna società tecnologica è una
società competitiva per struttura, ma lo è in modo artificiale. Anche in natura
due orsi che pescano per sopravvivere nello stesso specchio d’acqua litigano o
entrano in competizione, ma lo fanno in maniera naturale e nei limiti delle
loro possibilità fisiche. La società tecnologica, invece, mette in competizione
tutto il genere umano e non per gioco. Nel momento in cui la tecnica
rappresenta il modo univoco di saper fare una cosa, in quel momento stesso gli
individui vengono misurati e messi in competizione, anche perché, a causa della
stessa specializzazione tecnica, un mondo tecnologico presuppone a priori che
si lavori per gli altri. Facciamo un esempio: il cuoco. Prescindiamo qui dai
cuochi che si danno arie da artista e che ottengono successo soprattutto tra
coloro che non mangiano quello che gli piace, ma mangiano la novità,
immaginiamo solo un esperto nel cucinare messo di fronte a non esperti. I non
esperti, consapevoli della maggiore abilità tecnica del cuoco A, lo
preferiranno senz’altro al cuoco B. Il carattere univoco della tecnica ha messo
in competizione automaticamente il cuoco A e il cuoco B. La base
dell’automatica competitività sta nella viziosità acquisita dalla gente, che
vuole cibi, vestiari, case, mezzi di trasporto sempre più raffinati, tali cioè
che possono essere prodotti solo da tecnici specializzati. Nella società della
tecnica, quindi, ognuno è schiavo dell’altro, per quanto attiene al consumo, ed
ognuno è in competizione con tutti coloro che effettuano la sua medesima
produzione. La globalizzazione non ha fatto altro che generalizzare a livello
mondiale questa competizione e questa dipendenza. Tutto ciò crea delle
contraddizioni insanabili che danno alla pace tutte le caratteristiche della
guerra, così che, mentre non si sta mai in pace, si ha la pretesa di non stare
neppure in guerra. La guerra nella pace o la mancanza di pace senza guerra si
chiama “economia”, è quel mondo allucinante in cui solo i pochi sfruttano
veramente a pieno i privilegi e le raffinatezze della tecnica. Credere che
possa esistere un mondo tecnico, economico di tipo “etico” è il delirio dei
complici benpensanti degli sfruttatori, benpensanti che sono ancora più
nauseanti degli sfruttatori.
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