IL RAZZISMO UNIVERSITARIO
Per Heidegger, quindi, con la confusione
circa il fatto che il mondo delle “idee” è effettivamente metafisico, perché la
realtà è fatta di individui assolutamente diversi e separati, nasconde il suo
sentimento da cristiano represso nei confronti della natura (sublimata, indirettamente,
solo come simbolo del nascosto), perché è chiaro che alla base di tutto c’è,
direbbe Nietzsche, una repulsione per l’estetica naturale, sessuale, materiale,
come ben dimostra il tono sprezzante con il quale tratta l’animalità: “All’animale l’ente non compare mai come
ente: l’ente non è per l’animale né rivelato, né nascosto. L’animale dà la
caccia a quel che irrompe nella sua sfera vitale; lo cattura, azzanna quel che
ha catturato e lo inghiotte” (M. Heidegger
- “Logica e linguaggio” 28 a). Questo, forse, è quello che fa Heidegger
quando considera gli enti degli “utilizzabili” o “fondo a disposizione”, l’animale
è molto più sensibile, intelligente e sofisticato di Heidegger, l’animale ama,
soffre, ha istinti naturali, molto più difficilmente dell’uomo esce dai suoi
limiti e invade l’esistenza altrui. Quando la follia di considerare il pensare
e l’interrogare come qualcosa di più reale, di fondante, di essenziale, cessa,
quando lo stesso Heidegger si trova davanti ad un pericolo, a meno che non
chiuda gli occhi, come è probabile per i vili che stanno rinchiusi nel pensiero
e nell’anima, scatta come una molla per difendersi, allora, forse, Heidegger
capirà che l’animale ha quel coraggio che Nietzsche pretende per il superuomo,
quel coraggio che deriva dalla morale romantica del “sublime”, cioè il coraggio
di dire sì ad un’esistenza tragica, il coraggio di sentirsi solo un ente tra
gli enti, enti non meccanici, ma viventi. Al contrario gli spiritualisti, a cui
la demenza novecentesca ha riportato, pretendono di vivere in una dimensione
spirituale “superiore”, che genera, non solo il dualismo tra spirito e corpo o
tra Essere ed ente, ma anche la superiorità razziale e intellettuale, tra la
razza superiore spiritualmente e quella inferiore spiritualmente (razzismo
gerarchico), quella tra sapiente e ignorante, la quale ultima, nell’età della
tecnica, sta diventando una forma di razzismo tra gli individui, come se l’ignorante
non fosse un individuo che ha scelto la sua vita, ma fosse un “inferiore”. Troppi
razzisti della sapienza stanno sfornando le università, che sono, sempre di
più, delle istituzioni auto-referenziali che pretendono di stabilire una
gerarchia tra laureati e non laureati. Se le si chiudesse, nessun danno ne
verrebbe alla natura e la libertà delle persone sarebbe maggiormente garantita. E,
infatti, Heidegger stesso fa diventare il problema dell’Essere un problema dell’università,
l’università deve rincorrere l’Essere, con ciò si stabilirebbero le
caratteristiche dell’università superiore. Questo fondamento di superiorità
spirituale che l’Essere connota con il domandare viene poi a ritrovarsi anche
nella missione che avrebbe il popolo tedesco di ridisegnare l’inizio, allorché
la domanda era fondante, cioè portava all’Essere e finiva per contrapporre il
popolo dell’Essere (tedesco) e i popoli dell’ente (americani, bolscevichi,
ebrei; l’anti-semitismo di Heidegger, quindi, è solo un caso particolare tra i
popoli dell’ente, non l’unico): “L’opera
reale deve - ponendo ancora una volta la questione dell’essere <la
domanda essenziale> - esserci e
configurare quell’interrogare nella sua piena originarietà adattandolo al
lontano destino dell’epoca <insomma deve essere reso attuale in ogni
epoca: allora a renderlo attuale dovevano essere i tedeschi> per poter riannodare nel grande inizio <greco,
con la fiaccola ora passata ai
tedeschi> il più segreto compito del
popolo tedesco. L’incomparabilità dell’ora mondiale il cui spazio di risonanza
deve portare ad amplificare la filosofia tedesca” (M. Heidegger - “Quaderni neri” 1931-38 – III, 2-3). Questa
supremazia dello spirito, vero fondamento del razzismo gerarchico, viene tolta
del tutto là dove l’estetica diventa etica tragica della vita del sublime,
perché Nietzsche ha proprio trasformato l’estetismo romantico in un’etica
terrena che distingue individui e popoli per il coraggio, non per presunte
superiorità spirituali, e nel fare questo si attiene all’innocenza del corpo e
dell’animalità, partendo dall’irresistibile fascino dell’apparire naturale: “l’artista a ogni disvelamento della verità
rimane attaccato con sguardi eatatici sempre e solo a ciò che anche ora, dopo
il disvelamento, rimane velo, l’uomo teoretico a sua volta gode e si appaga nel
togliere il velo <solo che dietro il velo non c’è nulla, il nulla,
contrariamente alla follia di Heidegger, ‘non è’ e basta>” (F.
Nietzsche – “La nascita della tragedia” 15). Per Heidegger, teoretico e
spirituale più che mai, vale quanto disse Nietzsche dei filosofi tedeschi: “Il pastore protestante è il nonno della
filosofia tedesca” (F. Nietzsche - “L’anticristo”
– 10).
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