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mercoledì 15 marzo 2017

IL RAZZISMO UNIVERSITARIO

    Per Heidegger, quindi, con la confusione circa il fatto che il mondo delle “idee” è effettivamente metafisico, perché la realtà è fatta di individui assolutamente diversi e separati, nasconde il suo sentimento da cristiano represso nei confronti della natura (sublimata, indirettamente, solo come simbolo del nascosto), perché è chiaro che alla base di tutto c’è, direbbe Nietzsche, una repulsione per l’estetica naturale, sessuale, materiale, come ben dimostra il tono sprezzante con il quale tratta l’animalità: “All’animale l’ente non compare mai come ente: l’ente non è per l’animale né rivelato, né nascosto. L’animale dà la caccia a quel che irrompe nella sua sfera vitale; lo cattura, azzanna quel che ha catturato e lo inghiotte” (M. Heidegger - “Logica e linguaggio” 28 a). Questo, forse, è quello che fa Heidegger quando considera gli enti degli “utilizzabili” o “fondo a disposizione”, l’animale è molto più sensibile, intelligente e sofisticato di Heidegger, l’animale ama, soffre, ha istinti naturali, molto più difficilmente dell’uomo esce dai suoi limiti e invade l’esistenza altrui. Quando la follia di considerare il pensare e l’interrogare come qualcosa di più reale, di fondante, di essenziale, cessa, quando lo stesso Heidegger si trova davanti ad un pericolo, a meno che non chiuda gli occhi, come è probabile per i vili che stanno rinchiusi nel pensiero e nell’anima, scatta come una molla per difendersi, allora, forse, Heidegger capirà che l’animale ha quel coraggio che Nietzsche pretende per il superuomo, quel coraggio che deriva dalla morale romantica del “sublime”, cioè il coraggio di dire sì ad un’esistenza tragica, il coraggio di sentirsi solo un ente tra gli enti, enti non meccanici, ma viventi. Al contrario gli spiritualisti, a cui la demenza novecentesca ha riportato, pretendono di vivere in una dimensione spirituale “superiore”, che genera, non solo il dualismo tra spirito e corpo o tra Essere ed ente, ma anche la superiorità razziale e intellettuale, tra la razza superiore spiritualmente e quella inferiore spiritualmente (razzismo gerarchico), quella tra sapiente e ignorante, la quale ultima, nell’età della tecnica, sta diventando una forma di razzismo tra gli individui, come se l’ignorante non fosse un individuo che ha scelto la sua vita, ma fosse un “inferiore”. Troppi razzisti della sapienza stanno sfornando le università, che sono, sempre di più, delle istituzioni auto-referenziali che pretendono di stabilire una gerarchia tra laureati e non laureati. Se le si chiudesse, nessun danno ne verrebbe alla natura e la libertà delle persone sarebbe maggiormente garantita. E, infatti, Heidegger stesso fa diventare il problema dell’Essere un problema dell’università, l’università deve rincorrere l’Essere, con ciò si stabilirebbero le caratteristiche dell’università superiore. Questo fondamento di superiorità spirituale che l’Essere connota con il domandare viene poi a ritrovarsi anche nella missione che avrebbe il popolo tedesco di ridisegnare l’inizio, allorché la domanda era fondante, cioè portava all’Essere e finiva per contrapporre il popolo dell’Essere (tedesco) e i popoli dell’ente (americani, bolscevichi, ebrei; l’anti-semitismo di Heidegger, quindi, è solo un caso particolare tra i popoli dell’ente, non l’unico): “L’opera reale deve - ponendo ancora una volta la questione dell’essere <la domanda essenziale> - esserci e configurare quell’interrogare nella sua piena originarietà adattandolo al lontano destino dell’epoca <insomma deve essere reso attuale in ogni epoca: allora a renderlo attuale dovevano essere i tedeschi> per poter riannodare nel grande inizio <greco, con la fiaccola ora  passata ai tedeschi> il più segreto compito del popolo tedesco. L’incomparabilità dell’ora mondiale il cui spazio di risonanza deve portare ad amplificare la filosofia tedesca” (M. Heidegger - “Quaderni neri” 1931-38 – III, 2-3). Questa supremazia dello spirito, vero fondamento del razzismo gerarchico, viene tolta del tutto là dove l’estetica diventa etica tragica della vita del sublime, perché Nietzsche ha proprio trasformato l’estetismo romantico in un’etica terrena che distingue individui e popoli per il coraggio, non per presunte superiorità spirituali, e nel fare questo si attiene all’innocenza del corpo e dell’animalità, partendo dall’irresistibile fascino dell’apparire naturale: “l’artista a ogni disvelamento della verità rimane attaccato con sguardi eatatici sempre e solo a ciò che anche ora, dopo il disvelamento, rimane velo, l’uomo teoretico a sua volta gode e si appaga nel togliere il velo <solo che dietro il velo non c’è nulla, il nulla, contrariamente alla follia di Heidegger, ‘non è’ e basta>(F. Nietzsche – “La nascita della tragedia” 15). Per Heidegger, teoretico e spirituale più che mai, vale quanto disse Nietzsche dei filosofi tedeschi: “Il pastore protestante è il nonno della filosofia tedesca” (F. Nietzsche - “L’anticristo” – 10).

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