TRAPIANTI
Fin da quando il cardiochirurgo Barnard fece il primo trapianto di cuore, prelevando il cuore da uomo morto, mi sono mostrato ostile ai trapianti. Chi ha una forte consapevolezza fisica della diversità individuale non può che guardare con orrore al trapianto di organi. L’idea di “salvezza”, idea quanto mai pericolosa e con la quale si giustifica qualsiasi nefandezza, dalla religione è scivolata nella scienza e sta alla base di quest’ultima non meno che alla base delle religioni e sembra possa consentire qualsiasi follia contro la libertà, contro il corpo, contro la dignità e contro la natura. L’idea che si possa utilizzare un corpo umano come “strumento” per determinati fini salvifici indica che la scienza conserva una concezione “dualistica”, di derivazione religiosa, tra corpo e anima. L’idea del trapianto, prendendo organi da persone decedute, poteva venire in mente solo all’interno di una cultura che combina il vampirismo altruistico con la manipolazione artificiale di tutto. Una cultura per la quale le parti del corpo sono suddivise in “organi”, come se questa mappa concettuale fosse qualcosa di reale e non un sezionamento, mappa concettuale che ignora del tutto l’individualità e personalità del corpo. Trapiantare un organo è trasportare una parte di un individuo dentro la persona fisica di un altro individuo, presuppone che i “pezzi di individuo” siano entità neutre e indifferenziate puramente “funzionali”. In una società che considera gli individui delle semplici entità funzionali dell’organizzazione sociale, del mercato, della struttura statale, ecc., era inevitabile che anche il corpo sezionato venisse considerato una semplice “entità funzionale” e non una persona. Ogni trapianto è, in realtà, un “trasferimento materiale di persona”, non a caso gli organi verrebbero naturalmente “rigettati” dal nuovo corpo, se non si intervenisse ancora per bloccare il rigetto (ma poi che salute ha il sistema immunitario di colui che ha ricevuto l’organo?). “Sostituire” non è “salvare”.
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