Cerca nel blog

sabato 29 ottobre 2016

OMOSESSUALITA': MI SCUSO PER I PARTICOLARI, MA MI SI DEVE RISPONDERE A QUESTO (prego astenersi da astrazioni di tipo scientifico)

E’ evidente che una mentalità, come quella cristiana, da cui deriva la modernità stessa, finisce per considerare come verità di se stessi quello che si pensa di sé, non quello che il Sé è a priori come corpo. Il pensiero, infatti, appartiene alla regione dell’anima e non a quella del corpo. Identificare la libertà con l’anima, anziché con il corpo, significa identificare la libertà con l’arbitrio. E’ esattamente questo che si ritrova tanto nel transessuale che nell’omosessuale. Tra omosessuale e transessuale c’è solo una differenza di misura e di radicalità. Il corpo di un transessuale o di un omosessuale parla in modo diverso rispetto a quello che il transessuale e l’omosessuale dicono di se stessi: bisogna credere sempre a ciò che si vede o si tocca e non a quello che si dice o a quello che l’autorità stabilisce. L’innaturalezza del transessuale e dell’omosessuale è fuori discussione. Basterebbe osservare con onestà la reazione fisica degli organi genitali negli accoppiamenti omosessuali. E’ certo vero che i genitali non esauriscono la sessualità, ma una sessualità, senza la reazione e centralità genitale, è una pura astrazione. Ora è evidente che, nella modernità, è stato accentuato in modo esasperato l’aspetto soggettivo della sessualità, cioè quello legato all’eccitazione e al piacere, finendo quasi per mettere da parte il corpo (quindi anche la differenza tra eterosessuale ed omosessuale). Senza eccitazione e piacere, di certo, la sessualità non si mette in moto, ma, quando si mette moto, è doveroso osservare anche la reazione corporea, in particolare dei genitali. Ora, nell’omosessualità maschile, oltre all’erezione dell’omosessuale detto “attivo”, che evidenza una predisposizione alla penetrazione, si nota spesso anche una reazione erettiva del pene (e addirittura un'auto-masturbazione) nell’uomo detto “passivo”, talvolta perfino tale da raggiungere l’eiaculazione (effetti insensati nell’omosessualità maschile, visto che mostrano una predisposizione alla penetrazione vaginale, con la tendenza a mettere incinta la femmina). Non solo, sempre nell’omosessualità maschile, la penetrazione anale dell'uomo detto “passivo” risulta essere un uso improprio dell’ano, che sembra prestarsi alla penetrazione in analogia con la vagina femminile. Si tratta di uno scimmiottamento che mostra un atteggiamento femminile nell’omossesuale maschio detto “passivo”. Poiché il ridicolo, come diceva Pirandello, consiste nella vecchia tutta imbellettata per sembrare giovane, cioè nel voler apparire quello che non si è, è chiaro che l’omosessuale maschio “passivo” nell’atto sessuale assume un atteggiamento femminile ridicolo, perché non è una femmina: vuole essere penetrato, ma non ha l’organo adatto per essere penetrato, cioè la vagina, ripiega quindi sull’ano che è il surrogato dell’organo mancante. Nell’omosessualità femminile, al di là della masturbazione clitoridea (che può avvenire anche con un maschio), masturbazione clitoridea che non ha alcuna possibilità di accoppiamento genitale (se fosse la vera sessualità femminile, si dovrebbe arrivare alla conclusione che la femmina ha solo una sessualità masturbatoria; qui non si detesta la masturbazione, ma si fa solo riflettere sulla questione), si nota una tendenza a simulare, con la mano o con falli finti, una penetrazione vaginale e per di più, a stretto contatto con l’eccitazione, la vagina inizia comunque a produrre una secrezione vaginale e una dilatazione che sono di per sé da considerare una predisposizione a ricevere una penetrazione (predisposizione che è insensata in un accoppiamento con un’altra femmina). Usando la mano o falli finti la lesbica usa dei surrogati per colmare il vuoto che ci sarebbe davanti ad un organo femminile eccitato e pronto alla penetrazione. Si riconosce indirettamente che la vagina dovrebbe essere per sua natura penetrata e l’omosessuale femmina manca dell’organo adatto. I corpi, insomma, parlano, e parlano di una predisposizione eterosessuale anche quando l’eccitazione avviene sulla base di stimoli omosessuali. Sembra quasi che la mente dell’omosessuale non riconosca nell’eccitazione e nel piacere la meta sessuale per la quale è predisposto il corpo. Insomma è evidente che l'omosessualità non ha una base ontologica nel corpo, ma è solo un uso improprio del corpo medesimo: non ha corpo, per questo è solo un fenomeno mentale, non da materialista.Tale predisposizione, nell’accoppiamento coerente alla reazione fisica genitale nell’eccitazione, porta gli eterosessuali a rischiare la procreazione. E’ proprio per questa predisposizione genitale e corporea che sono stati creati i contraccettivi (creati ben prima che venissero usati per evitare contagi di malattie infettive), giacché l’uomo moderno ha sempre di più separato l’eccitazione e il piacere dalla reazione corporea. Il che non significa che l’accoppiamento sessuale debba per forza essere inteso come procreazione, ma certo è che la procreazione rientra nelle predisposizioni naturali dei corpi. Gli omosessuali non corrono il rischio di procreare involontariamente (anche se oggi, in nome di un’eguaglianza sempre più snaturata e di un’arroganza sempre maggiore, pretendono addirittura di essere genitori) proprio per la mancanza di predisposizione corporea e genitale del loro accoppiamento. L’accoppiamento omosessuale è tutto mentale, il corpo insegue a fatica e talvolta in modo ridicolo l’arbitrio spirituale dell’eccitazione che astrae dal corpo. C’è qualcosa di cristiano nell’omosessualità. Con la transessualità questo rifiuto mentale (cristiano) del corpo si materializza con l’artificio dell’operazione chirurgica. Tutto questo è detto a livello ontologico-filosofico, per cui non è in discussione il fatto che gli individui, in virtù del principio della libertà individuale (ma gli individui non usano sempre la libertà in modo naturale), in privato pratichino la sessualità che preferiscono, quando c'è il consenso.

martedì 25 ottobre 2016

TRAPIANTI

Fin da quando il cardiochirurgo Barnard fece il primo trapianto di cuore, prelevando il cuore da uomo morto, mi sono mostrato ostile ai trapianti. Chi ha una forte consapevolezza fisica della diversità individuale non può che guardare con orrore al trapianto di organi. L’idea di “salvezza”, idea quanto mai pericolosa e con la quale si giustifica qualsiasi nefandezza, dalla religione è scivolata nella scienza e sta alla base di quest’ultima non meno che alla base delle religioni e sembra possa consentire qualsiasi follia contro la libertà, contro il corpo, contro la dignità e contro la natura. L’idea che si possa utilizzare un corpo umano come “strumento” per determinati fini salvifici indica che la scienza conserva una concezione “dualistica”, di derivazione religiosa, tra corpo e anima. L’idea del trapianto, prendendo organi da persone decedute, poteva venire in mente solo all’interno di una cultura che combina il vampirismo altruistico con la manipolazione artificiale di tutto. Una cultura per la quale le parti del corpo sono suddivise in “organi”, come se questa mappa concettuale fosse qualcosa di reale e non un sezionamento, mappa concettuale che ignora del tutto l’individualità e personalità del corpo. Trapiantare un organo è trasportare una parte di un individuo dentro la persona fisica di un altro individuo, presuppone che i “pezzi di individuo” siano entità neutre e indifferenziate puramente “funzionali”. In una società che considera gli individui delle semplici entità funzionali dell’organizzazione sociale, del mercato, della struttura statale, ecc., era inevitabile che anche il corpo sezionato venisse considerato una semplice “entità funzionale” e non una persona. Ogni trapianto è, in realtà, un “trasferimento materiale di persona”, non a caso gli organi verrebbero naturalmente “rigettati” dal nuovo corpo, se non si intervenisse ancora per bloccare il rigetto (ma poi che salute ha il sistema immunitario di colui che ha ricevuto l’organo?). “Sostituire” non è “salvare”.
Mi piaceVedi altre reazioni
Commenta

martedì 4 ottobre 2016

LA LIBERTA’ INDIVIDUALE ED “ESSERE-IN-ALTRO-MODO”


L’indipendenza è sicuramente compresa nella libertà individuale, ma è una libertà solo “negativa”, “nega”, cioè, l’eventuale obbligo che viene dall’esterno. La libertà, in “positivo”, è la propria “individualità”. Accade, però, che la gente, educata all’idealismo platonico, cristiano, sociale, cioè resa estranea a se stessa, identifichi la propria individualità con un’idea e quindi voglia “essere-in-altro-modo” (alienazione). L’alienazione da se stessi viene arbitrariamente ritenuta, in tal modo, la propria individualità. Questo capita soprattutto quando la mente lavora contro il corpo, perché segue un’idea, psicologica o sociale. Più o meno come una papera che vive in mezzo ai gatti e alla fine crede di essere un gatto. Arrivo decisamente alla conclusione per cui non si è capito nulla della libertà, quando sento parlare di “libertà” e “auto-determinazione” nel caso in cui un uomo si crede una donna e si opera diventando un transessuale, nel caso in cui una tennista si fa ridurre i seni per essere più competitiva nei tornei, nel caso in cui una ragazza si vuole far chiudere le tube per non avere mai dei figli e potersi dedicare interamente alla ricerca scientifica (quest’ultimo tipico caso delle donne che fanno del carrierismo sociale il fine della loro esistenza, inseguendo, di fatto, un modello di efficienza borghese suggerito dalla società moderna: il femminismo è un fenomeno tipicamente “borghese”, ha assunto spesso modi molto aggressivi per quanto stupidi). Questo perché si vede la libertà in una mutilazione fisica di se stessi, cioè come imposizione di un’“idea” (tanto è vero che si ricorre all’intervento chirurgico, cioè all’artificiale). E non c’è dubbio circa il fatto che in “negativo” esista il diritto di mutilarsi (come di suicidarsi), anche se non c’è in alcun modo l’obbligo altrui di collaborare, rientra nella libertà come “indipendenza”, ma è anche vero che questo pretesco voler “essere-in-altro-modo”, come dice Nietzsche: “Il prete asceta è il desiderio..di essere-in-altro-modo, di essere-in-altro-luogo” (F. Nietzsche - “Genealogia della morale” 3, 13), ignora il vero fondamento della libertà, cioè essere se stessi, vale a dire estrinsecare le “proprie” capacità naturali e personali (non sociali), come dice Stirner: “l’individualità propria non ha alcuna unità di misura estranea, poiché non è affatto un’idea..essa è solo una descrizione dell’individuo proprietario” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). L’individualità “propria” non è un’“idea”, non è qualcosa da realizzare chirurgicamente “contro il proprio corpo” (cambio di sesso, riduzione dei seni, chiusura delle tube), ma, al contrario, parte proprio da quella “proprietà” fondamentale di noi stessi che è il nostro corpo naturale. Non si può ritenere, quindi, veramente libero chi assume di sé un’“idea” dall’esterno (l’altro sesso nel caso del transessuale, la competitività sportiva nel caso della tennista, la competitività del carrierismo borghese nel caso della ricercatrice). Come essere “indipendente” l’individuo (libertà negativa) ha diritto di mutilarsi e per questo occorre “tollerarlo”, ma non merita la stima completa che merita chi è libero anche “positivamente”, cioè chi tiene fermo se stesso, a partire dal suo corpo. L’intervento artificiale è pienamente giustificabile solo quando è in ballo una questione di salute.