IL FASCISMO SANITARIO E
IL PRINCIPIO DI INDERIVABILITA’
(CONTRO IL MECCANICISMO LIBERTICIDA DELLA SCIENZA)
“La colpa è sempre degli altri”. Questo
pregiudizio affonda nella notte dei tempi e dimostra, tra l’altro, l’innata
insocievolezza dell’essere umano. Avete mai visto un cane prendersela con gli
altri cani nel caso di una peste canina? No, perché il cane è più saggio dell’uomo.
La colpa era di chi faceva fatture, del diavolo, degli untori, talvolta, nel
bene e nel male, perfino di Dio. La scienza ha solo dato un volto moderno e
scientifico a questo pregiudizio con la dottrina virologica delle malattie
infettive. Questo perché alla scienza sfugge qualcosa di fondamentale, cioè che
l’individuo è un’unicità irripetibile. La scienza ragiona per “generi” e non
per “individui”, se ragionasse per individui capirebbe che non potrebbe
applicare il principio di causa ed effetto agli individui, giacché dire “Giovanni
causa la peste di Mario” sarebbe un’affermazione senza senso. La scienza deve
prima costruire un’astrazione intellettuale “generica” che faccia da “mediazione”
per attribuire a Giovanni quello che capita (la peste) a Mario. Ecco che il
mondo si popola di fantasmi scientifici: bacilli, virus e altre cose del
genere. La trasmissione di questi fantasmi può avvenire per via orale, contatto
corporeo, sessuale (vedi Aids) e altri modi ancora. Tanto non li vede nessuno.
Cioè nessuno vede la “trasmissione” del bacillo, per cui si sa solo che
Giovanni aveva la peste e dopo la peste l’ha anche Mario. La mente, per puro
arbitrio, “connette” la peste di Mario con quella di Giovanni, il bacillo fa da
“mediazione” tra Giovanni e Mario, cioè tra due entità corporee individuali
assolutamente non mediabili. Reali sono Giovanni e Mario, non il bacillo della
peste che si trasmette. Il che non significa che Giovanni e Mario non siano o
non possano essere malati di un male che chiamiamo peste, ma solo che non è la
trasmissione la causa della malattia. Che la trasmissione del bacillo sia la
causa della malattia è solo il sopravvivere del pregiudizio ancestrale per cui “la
colpa è sempre degli altri”. Per chi prende la realtà per quello che è, cioè
luogo dove si trovano esseri assolutamente individuali, non esiste “mediazione”
possibile e quindi neppure “trasmissione” possibile. Compresi questo fatto già
nella mia tesi di laurea, quando, contestando il principio di causa ed effetto,
elaborai la dimostrazione del “principio di inderivabilità”, principio
assolutamente coerente con l’individualismo, a riprova del fatto che l’individualismo
(e l’anarchismo individualista) è del tutto inconciliabile con la scienza, la
quale ultima non è altro che una filosofia nata nel Seicento, a margine del
Neoplatonismo, che ha santificato il modello matematico-scientifico. Nella mia
tesi laurea mi espressi così: “la causa o
è l’essere del nulla..o è la trasformazione di se stessa nell’effetto (in tutto
o in parte), di modo che continua in esso, cioè è se stessa (causa) ed altro da
sé (effetto), è e non è se stessa..tra lei e l’effetto c’è sia continuità che
discontinuità, la causa è se stessa e non è se stessa (quando è divenuta
effetto), in quanto è sempre sia causa che effetto, infatti, quando è effetto,
per potervi essere la continuità che il divenire richiede, dovrà essere anche
causa (formalmente) e viceversa accadrà all’effetto, così l’effetto deve essere
anche causa e la causa anche effetto, ognuno dei due è e non è se stesso, il
che è assurdo, ma è l’unico modo in cui può esistere la
causalità..(Contraddizione della ‘legge di causalità’ in quanto divenire)” (C. De Cristofaro - “La filosofia
dell’immediatezza sentimentale”), poi così: “Come può ciò che non esiste più (la causa quando c’è l’effetto)
determinare l’effetto? E come può una causa determinare ciò che non c’è ancora
(l’effetto quando c’è la causa)? Dire ciò..è dire cose assurde, così si dà
esistenza anticipata a ciò che non c’è ancora ed esistenza posticipata a ciò
che non c’è più, e in entrambi i casi si dà essere al non-essere (l’effetto
quando c’è la causa e la causa quando c’è l’effetto), di modo che, essendoci la
causa (trovandoci nel ‘prima’), affinché questa possa determinare l’effetto,
cioè lo ‘necessiti’, l’effetto dovrebbe preesistere a se stesso e quindi
esistere quando non esiste, iniziare prima di iniziare, allo stesso modo
l’effetto, per poter essere determinato dalla causa (trovandoci nel ‘poi’),
lascia presupporre che la causa seguiti ad esistere dopo la sua fine, e perciò
ad esistere e non esistere, finire e non finire, il che è contraddittorio. Ciò
si evita solo ammettendo che la causa ‘divenga’ l’effetto, ma ciò lo si è già
mostrato per assurdo (Contraddizione della ‘legge di causalità’)” (C. De Cristofaro - “La filosofia
dell’immediatezza sentimentale”). Arrivai, alla fine, ad elaborare il “principio
di inderivabilità” o “principio di individualità piena”: “se A è trasformazione di B (o
divenire di B), allora c’è contraddizione in quanto B è se stessa (quando è B
nel ‘prima’) e non è se stessa (quando è A nel ‘poi’), perché è sempre B ciò
che ‘diventa’ A, lo stesso per A, che è se stessa (quando è A nel ‘poi’) e non
è se stessa (quando era ancora B nel ‘prima’)..ciò è contraddittorio rispetto
all’oggetto (o realtà) secondo il tempo (Dimostrazione della validità del
‘Criterio di inderivabilità’)” (C. De
Cristofaro - “La filosofia dell’immediatezza sentimentale”). Questo
significa che la responsabilità di una malattia si trova sempre all’interno di
un organismo, cioè di se stessi. Ci possono, certo, essere ambienti più o meno
salubri per le persone, ma queste ultime si ammalano sempre per carenze
organiche o psicologiche “proprie”. Solo che questo non viene ammesso per il
pregiudizio per cui “la colpa è sempre degli altri”, pregiudizio ancestrale che
la scienza, in particolare la medicina e la psicologia, segue a pieno. Il fatto
è che la scienza consente, in tal modo, non solo l’isolamento della persona
considerata infettante (rovinando la sua vita sentimentale, sessuale, sociale),
ma consente anche il controllo da parte del potere politico di ogni persona,
basta dichiarare che è portatore di malattie infettive o pericoloso. La
società, ormai impregnata fino ad un fanatismo medievale di scientismo, nega,
su basi scientifiche, la libertà della persona ed è per questo motivo che
occorre parlare di “fascismo sanitario”. Non vedere questo contrasto tra
scienza e libertà individuale significa essere acritici e aver subito il lavaggio
del cervello dall’educazione scientifica scolastica e divulgativa.
Nessun commento:
Posta un commento