Cerca nel blog

mercoledì 31 agosto 2016

SCIACALLAGGIO DI POLITICI, MAGISTRATI E PRETI


Dicono che non si deve fare polemica sul terremoto, ma, quando politici, magistrati e preti tentano di allontanare da sé ogni responsabilità, scaricandole sui privati cittadini di Amatrice e degli altri centri colpiti dal terremoto, non ci si può non indignare. Che si cerchino delle responsabilità per la mancata messa a norma di edifici pubblici ci può stare, ma che si cerchino delle responsabilità dei privati cittadini cui è crollata o è stata lesionata la casa, perfino cittadini deceduti nel terremoto, è cosa del tutto vergognosa, tipica delle persone ottusamente razionali che cercano capri espiatori come se l'uomo fosse il dominatore della terra a prescindere da ogni cosa. Prima di tutto va osservato che i magistrati, allora, dovrebbero indagare anche sui politici e sui preti perché non hanno vigilato e non hanno denunciato la mancata messa in sicurezza delle case private. Poi i magistrati dovrebbero indagare anche su se stessi per la medesima mancata vigilanza. Fare i giustizieri a terremoto avvenuto ai danni della povera gente è cosa che fa venire il voltastomaco. Dopo di che è ora di dire con forza, anche mandando a fanculo politici, magistrati e preti, che non basta fare delle norme sulla sicurezza come se tutti appartenessero alla ricca borghesia che fa le leggi e come se tutti potessero, perciò, permettersi di adeguare le loro case alle norme sulla sicurezza che cambiano ogni 10 anni. Siamo giunti al punto che, se non se non si sono potuti fare lavori in nome della "sicurezza" (termine ormai usato in modo delirante dai razionalisti borghesi di ogni razza), si è indagati e si è colpevoli. Insomma si è colpevoli di non essere ricchi, di non appartenere alla classe borghese. Questa caccia ai cittadini privati per il crollo delle loro case, vivi o morti che siano, è un comportamento osceno dei magistrati, nonché dei politici e dei preti che lo suggeriscono per tenere se stessi lontani dalle critiche. Vergogna!
BURKINI: LIBERTA' INDIVIDUALE O DIVISA?
Che anche l'ONU si permetta di dire che il divieto di indossare il burkini sulle spiagge è una violenza contro la tolleranza religiosa è troppo. Lasciamo perdere che le donne islamiche, vestite come sono, nelle spiagge appaiono come dei Belfagor che fanno paura anche ai bambini, ma che l'ONU si permetta di richiamare la Francia è inaccettabile. Perché non richiama l'Arabia Saudita e il Qatar per intolleranza religiosa visto che girare vestiti liberamente o in bikini sulle spiagge in quei paesi è vietato? Non è possibile che i tolleranti subiscono tutto perché sono tolleranti e gli intolleranti impongono tutto, anche se non sono a casa loro, perché sono intolleranti. Contro gli intolleranti bisogna essere intolleranti. Quando gli islamici permetteranno alle loro donne di andare in bikini sulle spiagge, solo allora si potrà ammettere anche il burkini sulle spiagge europee. Il cristianesimo divenne religione di Stato nell'impero romano grazie alla sua intolleranza: di fronte alla tolleranza del pluralismo religioso pagano, la religione che disse "Non c'è altro Dio all'infuori di me" travolse tutte le religioni tolleranti. Ribadisco: la tolleranza non può essere concessa indiscriminatamente, con gli intolleranti non si può e non si deve essere tolleranti. Altrimenti dovete riammettere anche il fatto che si giri con la divisa nazista e la svastica perché rientra nella libertà individuale. Quando un comportamento o un vestiario è un precetto di un'ideologia politica o di un'ideologia religiosa non si può parlare di "libertà individuale", ma solo di "divisa". La divisa fa opinione, fa pressione, diventa maggioranza ed è totalmente intollerante. Quindi è intollerante chi indossa "divise" politiche o religiose, non chi le vieta. Vorrei che non uscisse fuori il solito laico idiota, che non ha mai capito nulla riguardo alla "libertà individuale" (la quale presuppone la reciprocità: non si concede la libertà a chi la nega agli altri), che scambia le "divise" per "libertà individuale". Viva la Francia, abbasso l'ONU e il fanatismo religioso islamico, fanatismo religioso che è solo lo sviluppo di quello cristiano in mezzo al deserto tra un popolo ignorante e beduino.
Vedi altre reazioni

sabato 20 agosto 2016

IL FASCISMO SANITARIO E IL PRINCIPIO DI INDERIVABILITA’
(CONTRO IL MECCANICISMO LIBERTICIDA DELLA SCIENZA)


    “La colpa è sempre degli altri”. Questo pregiudizio affonda nella notte dei tempi e dimostra, tra l’altro, l’innata insocievolezza dell’essere umano. Avete mai visto un cane prendersela con gli altri cani nel caso di una peste canina? No, perché il cane è più saggio dell’uomo. La colpa era di chi faceva fatture, del diavolo, degli untori, talvolta, nel bene e nel male, perfino di Dio. La scienza ha solo dato un volto moderno e scientifico a questo pregiudizio con la dottrina virologica delle malattie infettive. Questo perché alla scienza sfugge qualcosa di fondamentale, cioè che l’individuo è un’unicità irripetibile. La scienza ragiona per “generi” e non per “individui”, se ragionasse per individui capirebbe che non potrebbe applicare il principio di causa ed effetto agli individui, giacché dire “Giovanni causa la peste di Mario” sarebbe un’affermazione senza senso. La scienza deve prima costruire un’astrazione intellettuale “generica” che faccia da “mediazione” per attribuire a Giovanni quello che capita (la peste) a Mario. Ecco che il mondo si popola di fantasmi scientifici: bacilli, virus e altre cose del genere. La trasmissione di questi fantasmi può avvenire per via orale, contatto corporeo, sessuale (vedi Aids) e altri modi ancora. Tanto non li vede nessuno. Cioè nessuno vede la “trasmissione” del bacillo, per cui si sa solo che Giovanni aveva la peste e dopo la peste l’ha anche Mario. La mente, per puro arbitrio, “connette” la peste di Mario con quella di Giovanni, il bacillo fa da “mediazione” tra Giovanni e Mario, cioè tra due entità corporee individuali assolutamente non mediabili. Reali sono Giovanni e Mario, non il bacillo della peste che si trasmette. Il che non significa che Giovanni e Mario non siano o non possano essere malati di un male che chiamiamo peste, ma solo che non è la trasmissione la causa della malattia. Che la trasmissione del bacillo sia la causa della malattia è solo il sopravvivere del pregiudizio ancestrale per cui “la colpa è sempre degli altri”. Per chi prende la realtà per quello che è, cioè luogo dove si trovano esseri assolutamente individuali, non esiste “mediazione” possibile e quindi neppure “trasmissione” possibile. Compresi questo fatto già nella mia tesi di laurea, quando, contestando il principio di causa ed effetto, elaborai la dimostrazione del “principio di inderivabilità”, principio assolutamente coerente con l’individualismo, a riprova del fatto che l’individualismo (e l’anarchismo individualista) è del tutto inconciliabile con la scienza, la quale ultima non è altro che una filosofia nata nel Seicento, a margine del Neoplatonismo, che ha santificato il modello matematico-scientifico. Nella mia tesi laurea mi espressi così: “la causa o è l’essere del nulla..o è la trasformazione di se stessa nell’effetto (in tutto o in parte), di modo che continua in esso, cioè è se stessa (causa) ed altro da sé (effetto), è e non è se stessa..tra lei e l’effetto c’è sia continuità che discontinuità, la causa è se stessa e non è se stessa (quando è divenuta effetto), in quanto è sempre sia causa che effetto, infatti, quando è effetto, per potervi essere la continuità che il divenire richiede, dovrà essere anche causa (formalmente) e viceversa accadrà all’effetto, così l’effetto deve essere anche causa e la causa anche effetto, ognuno dei due è e non è se stesso, il che è assurdo, ma è l’unico modo in cui può esistere la causalità..(Contraddizione della ‘legge di causalità’ in quanto divenire)” (C. De Cristofaro - “La filosofia dell’immediatezza sentimentale”), poi così: “Come può ciò che non esiste più (la causa quando c’è l’effetto) determinare l’effetto? E come può una causa determinare ciò che non c’è ancora (l’effetto quando c’è la causa)? Dire ciò..è dire cose assurde, così si dà esistenza anticipata a ciò che non c’è ancora ed esistenza posticipata a ciò che non c’è più, e in entrambi i casi si dà essere al non-essere (l’effetto quando c’è la causa e la causa quando c’è l’effetto), di modo che, essendoci la causa (trovandoci nel ‘prima’), affinché questa possa determinare l’effetto, cioè lo ‘necessiti’, l’effetto dovrebbe preesistere a se stesso e quindi esistere quando non esiste, iniziare prima di iniziare, allo stesso modo l’effetto, per poter essere determinato dalla causa (trovandoci nel ‘poi’), lascia presupporre che la causa seguiti ad esistere dopo la sua fine, e perciò ad esistere e non esistere, finire e non finire, il che è contraddittorio. Ciò si evita solo ammettendo che la causa ‘divenga’ l’effetto, ma ciò lo si è già mostrato per assurdo (Contraddizione della ‘legge di causalità’)” (C. De Cristofaro - “La filosofia dell’immediatezza sentimentale”). Arrivai, alla fine, ad elaborare il “principio di inderivabilità” o “principio di individualità piena”: “se A è trasformazione di B  (o divenire di B), allora c’è contraddizione in quanto B è se stessa (quando è B nel ‘prima’) e non è se stessa (quando è A nel ‘poi’), perché è sempre B ciò che ‘diventa’ A, lo stesso per A, che è se stessa (quando è A nel ‘poi’) e non è se stessa (quando era ancora B nel ‘prima’)..ciò è contraddittorio rispetto all’oggetto (o realtà) secondo il tempo (Dimostrazione della validità del ‘Criterio di inderivabilità’)” (C. De Cristofaro - “La filosofia dell’immediatezza sentimentale”). Questo significa che la responsabilità di una malattia si trova sempre all’interno di un organismo, cioè di se stessi. Ci possono, certo, essere ambienti più o meno salubri per le persone, ma queste ultime si ammalano sempre per carenze organiche o psicologiche “proprie”. Solo che questo non viene ammesso per il pregiudizio per cui “la colpa è sempre degli altri”, pregiudizio ancestrale che la scienza, in particolare la medicina e la psicologia, segue a pieno. Il fatto è che la scienza consente, in tal modo, non solo l’isolamento della persona considerata infettante (rovinando la sua vita sentimentale, sessuale, sociale), ma consente anche il controllo da parte del potere politico di ogni persona, basta dichiarare che è portatore di malattie infettive o pericoloso. La società, ormai impregnata fino ad un fanatismo medievale di scientismo, nega, su basi scientifiche, la libertà della persona ed è per questo motivo che occorre parlare di “fascismo sanitario”. Non vedere questo contrasto tra scienza e libertà individuale significa essere acritici e aver subito il lavaggio del cervello dall’educazione scientifica scolastica e divulgativa.

sabato 6 agosto 2016

MIGRANTI: L’IPOCRISIA IDEOLOGICA E L’IPOCRISIA DI CHI DICE “ANCHE NOI ITALIANI ERAVAMO EMIGRANTI”

    Sentendo Renzi e molti rappresentanti del Partito democratico che dicono: “anche noi italiani eravamo emigranti”, non si può fare a meno di provare un certo disgusto: occorre notare l’ipocrisia ideologica della borghesia internazionale legata alla sua sostanziale ignoranza della Storia, nonché ad un suo uso superficiale e disinvolto. Vediamo i seguenti punti:
1) Tutto nasce dall’ipocrisia della Chiesa cattolica, che è stato il modello più duraturo di aggregazione di potere basato sullo sfruttamento affaristico e politico della povera gente. Chiesa che ha divulgato il verbo ipocrita della “bontà” mentre strutturava nelle sue mani un potere politico e affaristico che ha sempre mirato al controllo mondiale dell’umanità (chiamandolo "fratellanza").
2) La borghesia internazionale, il cui modello deve intendersi quello degli Stati Uniti (o Londra in Europa), ha tentato e tenta ancora di realizzare questo modello di sfruttamento affaristico e politico della povera gente a livello mondiale, ma spogliandolo della sua veste “buonista”. I commercianti e gli industriali non fanno la “carità”. Questo modello borghese è l’unica dimensione realizzabile del modello cattolico prima visto. Il movimento delle merci, dei passeggeri e dei migranti serve, oggi come oggi, a mantenere il modello voluto dalla borghesia internazionale.
3) La sinistra e anche molte frange cattoliche contestano il modello borghese immaginando un mondo politico e affaristico integrato nella “bontà”, queste fazioni portano avanti il modello cristiano collaborando attivamente all’unica sua dimensione realizzabile, cioè quella della borghesia internazionale, nella quale la bontà si rivela un principio di indifferenza che contrasta con la realtà, la diversità, i sentimenti, i popoli e si traduce in conti economici..
4) Impregnata in questo modo di ideologia cristiana, la sinistra afferma: “anche noi italiani eravamo emigranti” e lo dice con ignoranza della Storia e ben sapendo che, se il modello di convivenza è multi-culturale (tipo Stati Uniti, che sono un vero fallimento, perché è tutto da stabilire che le comunità italiane, islamiche, spagnole, nere, ecc. americane siano “integrate”; e gli Stati Uniti non hanno dietro la storia culturale degli europei: già questa è una prima ignoranza della Storia), allora è vera ipocrisia dire “noi italiani”, visto che ciò che dovrebbe sparire nell’Europa e nell’Italia è proprio il fatto che ci siano “europei” o “italiani” (tanto è vero che la Boldrini, con un ecumenismo degno del papa e del progetto della Chiesa cattolica che sopravvive nella sinistra, già dice che tutti gli italiani devono avere una copia de “Il Corano” a casa).
5) Gli emigranti italiani, per chi conosce la Storia, erano cosa del tutto diversa dal fenomeno dei migranti che arrivano ora in Europa. Ciò per i seguenti motivi:
a) Gli italiani sono stati emigranti soprattutto a fine Ottocento e inizio Novecento, il fascismo cercò di limitare il fenomeno, che, tuttavia, riprese massiccio negli anni Quaranta e Cinquanta. Questi italiani andarono, soprattutto, in Canada, Stati Uniti, Argentina, Australia ecc. Andarono cioè in paesi che avevano vastissimi territori, una densità di popolazione relativamente bassa e andarono lì con poche pretese.
b) Per i paesi indicati nel punto a) fu relativamente facile accogliere emigranti, sia perché erano di cultura europea come gli italiani, sia perché avevano grandi possibilità di sviluppo, sia perché, come detto, poco densamente popolati. Tranne alcune cose facilmente superabili, non c’erano scontri di civiltà seri da affrontare. E la cultura europea, o italiana, non è quel modo culturalmente approssimativo che si poteva trovare in ex-colonie europee come Canada, Australia, Argentina, Stati Uniti (comunque dominate da un formale modello o anglo-sassone o spagnolo).
c) I migranti asiatici, indiani, ma soprattutto islamici, che vengono oggi in Europa non sono di cultura europea e quindi l’integrazione può avvenire solo a danno della cultura europea o italiana. Non vengono “pupazzi” da integrare facilmente a solo vantaggio dell’economia europea o italiana, come credono i borghesi più “buonisti”. Per di più i migranti vengono in Europa in un momento di crisi che è l’opposto dell’espansione che conobbero anni addietro Australia, Canada, Argentina, Stati Uniti, cioè i luoghi principali dell’emigrazione italiana. Non solo, ma i migranti giungono in un continente densamente popolato e dotato di una cultura forte come è l’Europa.
6) E’ falso poi sostenere che i migranti non entrano in competizione economica con i lavoratori italiani. Dire che vengono a fare i lavori che gli italiani non vogliono fare è affermazione che, mentre vorrebbe mostrare saccenteria economica, è allo stesso tempo strutturalmente razzista. Anzi affermazioni del genere finiscono per giustificare, in qualche modo, lo stesso sfruttamento dei migranti e il fenomeno del “caporalato”. I migranti sono poi veri affari per tutto un mondo torbido, che si definisce “sociale”, che mangia sui migranti con cooperative, alberghi e altro ancora. E’ chiaro, poi, che i migranti, per lo più, non entrano in conflitto con un lavoratore “iper-qualificato” e con le élite borghesi, ma possono entrare in conflitto con i lavoratori più semplici. Quindi è anche falso sostenere che non entrano in competizione economica con i lavoratori italiani, soprattutto in un momento di crisi in cui molti non trovano lavoro: è questa una falsità ideologica tipica delle élite economiche della borghesia, quelle stesse che usano ideologicamente la frase “anche noi italiani eravamo emigranti”.
Smettiamola, quindi, di paragonare i migranti che arrivano ora in Europa con gli emigranti italiani del passato, perché il confronto è superficiale, mostra ignoranza della Storia ed è solo una scusa ideologica della borghesia internazione, di cui Renzi e il Partito democratico sono la versione “buonista”, per giustificare l’affarismo della sua globalizzazione.