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venerdì 10 febbraio 2017

L'IMBECILLITA' ALTRUISTICA - Ognuno tifa per la "sua" squadra, antepone la "sua" casa, la "sua" famiglia, la "sua" città, la "sua" regione. Ma, se antepone la "sua" nazione, la "sua" razza, il "suo" territorio, se antepone proprietari di aziende della "sua" città o nazione e non stranieri, se antepone per il lavoro persone della "sua" gente e non immigrati, diventa un mostro. "Tutti uguali"- urla l'imbecillità altruistica -, come se un romanista tifasse per la Juventus. La vita come "non-senso personale". Chi "antepone" non "sfrutta" o "sottomette" altri. Allora l'altruista tira fuori gli epiteti: "sei egoista", "sei nazionalista", "sei razzista". Vuole il distacco da se stessi, come una madre che ignora i "suoi" figli . Chi si distacca da sé, non ha un "Sé" in cui risiedere, vampirizza gli altri, diventa altruista e quindi imbecille.

venerdì 3 febbraio 2017

INTRODUZIONE (al libro "Saggi inattuali" - "Come si diventa ciò che si è")



    Sia il titolo che il sottotitolo rimandano a Nietzsche, la più grande esperienza critica dell’umanità. Il titolo vi rimanda con l’espressione “inattuali”, ma si limita a indicare l’aspetto formale del libro. Più esplicativo è il sottotitolo “Come si diventa ciò che si è”, che è anche il sottotitolo di un’opera di Nietzsche, cioè “Ecce homo”. Al di là di come Nietzsche abbia inteso la frase, qui verrà intesa nel senso che, a causa dell’educazione e dell’interiorizzazione delle regole sociali, la mente umana viene allontanata dalla realtà di ogni “singolo se stesso”, per cui, pur essendo sempre “se stessi”, occorre ridiventarlo mentalmente, in quanto essere “se stessi” è un destino fissato dal proprio corpo, che non è in nessun modo un semplice meccanismo organicistico. Questo ritorno a sé combatte l’alienazione della mente che crea una continua dissociazione e contraddizione nei pensieri e nei comportamenti (dualismo), tipo egocentrismo che si presenta come altruismo. L’essere “se stessi”, o “Sé”, infatti è “unico” e la filosofia critica può insegnare come tutelarlo, ma non può fornirlo, perché esso è antecedente a ogni pensiero, per questo Nietzsche temeva il fatto di poter diventare “santo”, cioè qualcuno da imitare: “Ho una paura spaventosa che un giorno mi facciano santo” (F. Nietzsche - “Ecce homo” - Perché io sono un destino 1). Le persone ribelli, forse proprio quelle più disadattate, meno integrate, sono le persone più vicine al “Sé”, anche se poi non sempre riescono a gestire bene se stesse, vista l’ernorme pressione ostile dell’organizzazione sociale (vedi lo stesso Nietzsche), su di esse la disciplina militar-mentale dell’educazione ha avuto scarso effetto. Il motivo per cui, ricevuta un’educazione, è di nuovo necessario “diventare” se stessi, dipende dal fatto che la società, l’educazione, l’altruismo distruggono questo se stesso, almeno psicologicamente (talvolta anche fisicamente col concetto di “sacrificio”): “Il pauperismo è la mancanza di valore dell’io..Lo Stato <società, altruismo> non mi permette di farmi valere per quello che sono e la sua esistenza si basa solo sulla mia mancanza di valore: cerca sempre di trarre vantaggio da me, cioè di sfruttarmi, di depredarmi, di logorarmi” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). Nella società moderna e organizzata esiste un “pauperismo di personalità” mostruoso (insicurezza). La personalità appartiene ad un individuo preciso, è l’insieme delle sue caratteristiche psico-fisiche, non è un prodotto del pensiero e della cultura se non nella misura in cui il Sé “adotta” certe idee e certe caratteristiche culturali facendole “sue”: “Prima del mio pensare esisto io..Nessuna idea ha esistenza, poiché è incapace di essere corporea” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). Il che significa che il “Sé” è, prima di tutto, il corpo vivente, un individuo con un certo carattere, una certa sensibilità, una certa costituzione fisica, tutte cose che non si possono “sciogliere” nel mare delle astrazioni simboliche farneticate dalla scienza, questo proprio perché il “Sé” è rigorosamente particolare: “il singolo è infatti nemico inconciliabile di ogni generalità” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). Proprio perché il pensiero pensa solo idee e non cose reali, il Sé non è concettualizzabile, non è pensabile e, quindi, alla fine non è nominabile: “Si dice di Dio: ‘Non ci sono nomi che ti definiscano’. Il che vale anche per me: nessun concetto mi esprime, nulla di ciò che si fa passare per la mia essenza mi esaurisce; sono unicamente nomi” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). Innalzando il corpo al livello dello spirito, il pensiero, cioè la ragione, non è più giudice del corpo (vedi Spinoza), il “Sé” è un’unità individuale che precede la posizione del pensiero, il pensare è solo una delle tante possibilità, neppure la migliore, del Sé. Pensare è un verbo, non un’entità metafisica, e, in quanto verbo, presuppone un soggetto. Ogni individuo vivente “trascende” il pensiero, questa è la verità che la ragione, la religione e la scienza non riescono ad ammettere. Trascendendo il pensiero, ogni individuo è incommensurabile rispetto ad ogni altro individuo, sia all’interno che all’esterno della sua razza. Ciò significa che il “Sé” esiste solo nella “separazione” rispetto ad altri individui, la “separazione” è il fenomeno naturale con cui riconoscere la diversità: “Tu, come individuo unico, non hai più nulla in comune con gli altri e perciò non hai neppure più nulla che..ti renda loro nemico..Il conflitto sparisce nella perfetta separazione” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). L’indipendenza degli interessi permette agli individui liberi di andare ognuno per la sua strada, senza discutere o litigare con gli altri circa il modo in cui si effettua lo scambio e il lavoro per gli altri. Le entità naturali più sono diverse e separate meno stanno in competizione tra loro: “non reco alcun danno alla roccia per il fatto che, rispetto ad essa, ho il vantaggio di camminare” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). Individui e popoli diversi e separati vivono più in pace di popoli “mescolati”. Vedere la diversità individuale e dei popoli sempre all’interno dell’unità, come nella sintesi hegeliana, significa imporre dovunque la “mediazione” della ragione. Alla fine la dialettica tra unione (pensiero) e diversità (realtà) sbiadisce le diversità, che, mano mano che la mediazione, cioè l’integrazione, va avanti, spariscono. In Hegel, infatti, ciò che resta, alla fine, è solo la mediazione fine a se stessa. Non si può permettere questo genocidio della diversità individuale e dei popoli, la diversità esiste prima e al di là di ogni unione del pensiero. L’individuo è assoluto sovrano su se stesso solo nella “separazione”. Tuttavia l’individuo ha dentro di sé dei tratti che, visti dal di fuori, appaiono generici, mentre visti dal singolo stesso sono indistinguibili dalla sua personalità. Questi tratti generici degli individui sono la sessualità, la razza e la cultura adottata nel territorio di nascita o “culla”. Sesso, razza, nazione appartengono all’individuo, perché il sesso in sé, la razza in sé, la nazione in sé sono idee e come tali non esistono da nessuna parte: “I nazionalisti hanno ragione: non si può rinunciare alla propria nazionalità..L’elemento nazionale è un mio attributo. Ma io non mi esaurisco nel mio attributo” (M. Stirner - “L’Unico e la sua proprietà”). Questo significa che si può essere sensuali senza essere posseduti dal sesso, si può essere razzisti senza appartenere ad una razza (ancora meno ad uno Stato razzista), si può essere nazionalisti senza appartenere ad una nazione. In quanto il sesso, la razza, biologicamente, e la nazione, culturalmente, fanno parte del “Sé” individuale, risultano essere tratti generici dell’individualità, ma comunque appartengono pur sempre all’individualità, per cui è giusto che l’individualità ne tenga conto nei modi che, escludendo la violenza fisica e il danno (da intendere come separazione, non come omissione, perché a priori nessuno deve niente a nessuno), giudica più opportuni. Non è lecito negare la separazione. Basta vincoli altruisti che impongono di badare prima agli altri che a se stessi!