L'ANTI-RAZZISMO STA DIVENTANDO UNA FORMA DI VIOLENZA? (OVVERO IL "BRANCO COSMOPOLITICO")
"Razzismo - Teoria che esalta le qualità superiori di una razza e afferma la necessità di conservarla pura da ogni contaminazione con altre razze, respingendo queste o tenendole in uno stato di inferiorità" (Zingarelli). La definizione dimentica la possibilità peggiore, cioè la soppressione di altre razze. Poiché uomini e topi sono due razze diverse, il fatto di respingere o sopprimere i topi dovrebbe essere "razzismo". Si dirà che la definizione sottintende il fatto che si parli di "razze umane". Se ne deduce che il razzismo nei confronti degli animali è lecito? In effetti, l'uomo, anche quando fa l'amico degli animali, li tratta sempre in modo razzistico. L'animale non viene rispettato né da chi lo ama e né da chi lo detesta. Vorrei capire dove sta scritto che si possa essere razzisti con gli animali, mentre è assolutamente vietato esserlo con gli uomini. Se uno dice "non amo i cani" sta nel suo diritto, se uno, che non è cinese, dice che "non ama i cinesi" non sta nel suo diritto e viene etichettato come "razzista". Imporre ad una persona chi deve amare, per chi deve avere simpatia, con chi deve collaborare è, indiscutibilmente, una forma di violenza. I "buoni", che vivono di indifferenza, sia fisica che culturale, fanno finta di non capire che le differenze fisiche e culturali (che hanno tutto il diritto di esistere) possono suscitare simpatia, ma anche antipatia e che la possibilità di dire "no" al prossimo è un diritto naturale della persona quanto meno pari alla possibilità di dire "sì". L'anti-razzista, invece, ha stabilito che, almeno all'interno delle razze e culture umane, sia obbligatorio dire sempre di "sì". Il "sì" viene imposto. Per me questa è la violenza dell'anti-razzismo. Tornando alla definizione: essa combina troppo meccanicamente due fattori, di cui uno è deprecabile (la presunta superiorità), mentre l'altro (tenere a distanza) è un diritto naturale delle persone. Io posso provare fastidio per i topi, pur non essendo convinto di essere "superiore" ai topi. Lo stesso, posso provare fastidio per la fisicità e la cultura cinese pur essendo convinto di non essere "superiore" ai cinesi in nessun senso. La teoria della superiorità delle razze, specie se imposta dallo Stato (nazismo), è deprecabile, il diritto di respingere razze e culture è, invece, perfettamente legittima moralmente ed è un diritto naturale delle persone e dei popoli (tenendo presente che una cultura, entro certi limiti, può essere assoggettata a critiche, mentre una razza no, il rifiuto di una razza, in altri termini, può avere solo motivi istintivi di idiosincrasia personale, idiosincrasia che rientra nel diritto naturale della persona; ad esempio io preferisco la bellezza femminile mediterranea, anche se non sono così cieco da non vedere la bellezza non mediterranea). Se tenere a distanza persone, culture o animali non graditi è razzismo, allora esiste un razzismo lecito moralmente, perché l'obbligo di dire "sì" a tutto ciò che è umano, solo perché è umano (violenza umanitaria), è proprio la violenza che porta con sé l'anti-razzismo. Alla sottomissione al "branco" tribale, locale, nazionale, oggi si è sostituito un branco ancor più artificiale e sovrastrutturale, quello "internazionale" basato su un metafisico umanitarismo, branco cosmopolitico creato, dopo la Seconda guerra mondiale (ah, questo americanismo!), da giornali, televisioni, internet che dà l'illusione di un'umanità generica "unica", dimenticando realtà, differenze e distanze, un mondo illusorio che, specie nei giovani che in questa illusione sono cresciuti, genera l'intolleranza dell'anti-razzismo.
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