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sabato 27 gennaio 2018

LA NEOLINGUA (POPULISMO, OMOFOBIA) - "La neolingua..parla l'inglese operazionale dei mercati..la dittatura dei mercati è..salutata come "democrazia", i colpi di Stato finanziari sono qualificati come 'governi tecnici'..chi difende interessi che non siano quelli delle élite è diffamato come 'populista'..La stessa categoria di 'omofobia'..mette a tacere chiunque osi pensare che esistono uomini e donne..Condannati come omofobi..non sono soltanto coloro che usano violenza..sono anche quanti commettono..il prima evocato 'psicoreato' consistente nel ritenere che restano uomini e donne, che la famiglia non corrisponda a un concetto 'autoritario' da cui prendere congedo..quella dell'omofobia diventa una nuova categoria dell'intolleranza" (D. Fusaro - "Pensare altrimenti")
LA SACRALITA’ DEL CORPO - “C’è un solo tempio al mondo, ed è il corpo umano. Nulla è più sacro di questa sublime figura. L’inchinarsi davanti all’uomo è un rendere omaggio a questa rivelazione nella carne” (Novalis - “Frammenti” - Frammenti e studi 1799-1800 - 75). "Ma da dove la scienza può aver ricavato la sua idea di corpo come aggregato di parti? Se è vero che non c’è proposizione scientifica che non si attenga rigorosamente all’esperienza, diciamo che l’unica esperienza da cui la scienza può aver tratto il suo concetto di corpo è l’esperienza della sua disgregazione nella morte..finché la scienza continuerà, contro ogni evidenza, a considerare il corpo come un <semplice> oggetto, come un aggregato di parti, e la società ad attenersi rigorosamente al dettato scientifico, saremo nell’impossibilità di comprendere qualcosa del corpo e della sua vita" (U. Galimberti - "Il corpo"). Nel senso romantico ciò significa che il corpo è, esteticamente ed eticamente, un “soggetto” e non un oggetto passivo. Trattare il corpo di un essere vivente, sia esso umano o animale, come un oggetto passivo è offesa alla persona corporea. Ora, mentre nel sesso, nell’erotismo e perfino nella pornografia non si può parlare di oggetto passivo, perché soggetto e oggetto sono tutt’uno nel loro porsi, visto che si tratta di un corpo vivente, nel caso di un cadavere usato per qualche scopo il corpo diventa automaticamente oggetto passivo rispetto allo scopo per cui viene usato. In altri termini l’uso per qualche scopo di un cadavere è per se stesso “vilipendio di cadavere”. Ciò al di là del consenso, perché tale consenso è un atto meramente formale che viene a decadere nel momento stesso in cui il corpo non è più quello di un soggetto attivo, ma diviene, con la morte, prevalentemente oggettivo. Non esiste il consenso di un corpo meramente oggettivo, anche perché non è più in grado di dissentire sull’uso che ne viene fatto. Questo vuol dire che il proprio consenso al prelievo di organi o, ancora più genericamente, all’uso che ne fa strumentalmente la scienza è invalidato dalla morte stessa. Ciò soprattutto se la presunta donazione alla scienza porta alla plastificazione del corpo, alla sua esibizione nuda in una mostra dove, per di più, viene mostrato, non solo a fettine come le porzioni di prosciutti, ma anche in posture di vita, come lo stare in bicicletta, come se si stesse facendo una prestazione sportiva, o come se fosse crocifisso (non a Roma, forse, ma in alcune mostre anche nella posizione dell’atto sessuale). Con la morte il corpo passa dalla dimensione etica di soggetto attivo e vivente a quella di soggetto passivo, vale a dire in una dimensione che è sì oggettiva (è oggettiva anche la dimensione corporea del soggetto attivo), ma non è quella dell’oggetto passivo, perché trattare un corpo come oggetto passivo, sia da vivi che da morti, significa vilipendere il corpo; se il corpo è morto, il suo uso strumentale è oggettivamente vilipendio di cadavere. Ciò al di là del consenso.
Ammesso e non concesso che l’uso di cadaveri per l’insegnamento medico sia ancora utile (cosa discutibile, perché la perfezione tecnica raggiunta potrebbe benissimo consentire di usare manichini di plastica molto perfezionati), esso deve, non solo ammettere il consenso del defunto, ma essere riservato a maggiorenni e in luoghi estremamente riservati, proprio per la consapevolezza che tutto questo sia un rispetto oggettivamente da concedere al soggetto passivo defunto. Il cadavere è un soggetto passivo, non è mai un oggetto passivo. Nel momento in cui i cadaveri vengono esposti in una mostra e ridicolizzati come persone passive mettendoli in pose da vivi questo rispetto verso il defunto manca oggettivamente. Ciò anche ammettendo che lo scopo sia quello scientifico di mostrare analiticamente la presunta struttura anatomica (presunta perché la dissezione di un corpo o la sua scarnificazione sono costruzioni concettuali che trasformando alcune parti del corpo in idee, pretende di “conoscere” o dominare un insieme che è persona e come tale non corrisponde affatto alla dissezione analitica che, già idealmente, considera il corpo un oggetto passivo). Il passaggio dal particolare del corpo della persona morta al generale e all’indifferenziato dell’analisi anatomica è, infatti, un’astrazione intellettuale, che offende il corpo come persona. Fino a quando la mappatura concettuale dell’analisi anatomica è fatta con disegni o manichini plastificati essa non comporta un’oggettiva mancanza di rispetto verso il corpo vivo o morto, proprio perché non usa corpi vivi o morti naturali. Ma, quando vengono usati corpi veri di defunti e in posizioni ridicolizzanti, il vilipendio diventa evidente, tanto più che non si giustifica neppure con l’utilità medica, che certo non interviene su corpi in movimento o in certe posizioni.
Con questi principi etici mi sono recato, accompagnato da un mio ex-alunno, a vedere la mostra “realbody” di Roma dove venivano esposti cadaveri o parti di cadavere frazionate in mille modi. Non solo non c’è alcuna prova che possa ricondurre a poter ricostruire la filiera della presunta donazione alla scienza dei cadaveri esposti (i feti e alcuni corpi che sembrano di morti giovani, nonché alcuni aspetti orientali, fanno dubitare circa la loro provenienza e il loro consenso), ma non si vede neppure quella sensibilità, che si dovrebbe avere nella riservatezza delle sale di anatomia per studenti di medicina, che è dovuta ai cadaveri e ai corpi in generale. Se fatto in modo di esibizione indiscriminata, consentendo l’ingresso ai minori e alla scolaresche, si educa all’insensibilità e ciò dovrebbe comportare anche la corruzione di tali minori. Né si può pretendere che i giovani o anche gli adulti che non hanno un approccio analitico-anatomico del corpo, cioè da oggetto passivo, tipico di certa insensibile razionalità, possano vedere quei cadaveri con lo sguardo distaccato, se non cinico, della conoscenza astratta che ignora il carattere sacro, cioè di soggetto attivo o passivo del corpo rispettivamente vivo e morto. Il cadavere, resto comunque di una persona, è reso disumanamente indifferenziato dall’astrazione anatomica che educa all’insensibilità verso i corpi. L’impressione che si ha girando nella mostra è quella dell’orrore gelidamente rimosso dalla fredda concettualità. Una mescolanza tra il bancone del macellaio e gli altari dove gli Aztechi squartavano i corpi per i sacrifici umani. Il tutto compresso nell’idea di vedere un composto, di vedere come “siamo fatti”, come se il soggetto corporeo fosse “fatto” o “composto” da qualcuno come un macchinario. Il corpo umano degradato a macchina. Il rispetto del corpo e del cadavere sopraffatto dallo sguardo gelido e disumano della “macchinazione”. Ma non si può dare per scontato che tutti i visitatori abbiano tale sguardo gelido dell’astrazione anatomica, per questo ci sono stati svenimenti e anche gesti paradossali, come quello di due studentesse che, credo a Milano, hanno simulato, in una foto, un rapporto orale col pene di un cadavere (il paradosso è che i gestori della mostra volevano denunciare le studentesse per vilipendio di cadavere, quando in alcune di queste mostre si vedono cadaveri che giocano a carte o simulano l’accoppiamento sessuale: coloro che fanno vilipendio di cadavere con la mostra avevano la pretesa di denunciare le due studentesse per vilipendio cadavere. E’il colmo! Il classico caso di bue che dice cornuto all’asino). Altra curiosità è proprio questa, i cadaveri, per lo più maschili, hanno dei genitali messi bene in mostra e anche di proporzioni stranamente grandi in rapporto alla dimensione dei corpi. Orrore e pornografia assieme.
Nella mostra, con mia soddisfazione, ho visto poca gente tra le 10 e le 12 del 23 gennaio 2018. C’erano due scolaresche delle ultima classi, una veniva addirittura dall’Abruzzo. C’è anche da chiedersi in cosa consista questa speculazione globale tra gli organizzatori di simili mostre e le agenzie di viaggi. Ho domandato ad una alunna che si defilava dal gruppo cosa provasse. Risposta: “vomito”. Ho visto una madre con un bambino di 6-7 anni e un padre con una bambina anch’essa di 6-7 anni. Bene, ci sono i genitori, ma allora perché non consentire ai genitori di accompagnare i figli di 6-7 anni a vedere uno spettacolo pornografico? L’osceno starebbe nella realtà vivente dei corpi e non nell’uso indecoroso di cadaveri? Successivamente ho incontrato due studentesse che, non avendo scuola, erano andate da sole a vedere la mostra. Potevano avere 17-18 anni. Una aveva molti dubbi ed era favorevole, ad esempio, al divieto per i minori, l’altra, piena di certezze scientifiche, plaudiva alla mostra e per coerenza con il fatto che il corpo veniva degradato ad oggettività e, ignorando l’orrore e anche il fatto che è diverso esibire un corpo di una persona viva, padrona di sé in ogni istante, dall’esibire un cadavere, per coerenza ammetteva che era favorevole a rimuovere il divieto ai minori anche alla pornografia. In ogni caso ribadiva che, se si entrava lì, bisognava avere una certa impostazione scientifica, anzi sosteneva che ogni visitatore doveva obbligatoriamente averla. Il che fa supporre un cervello molto pericoloso, perché potrebbe far pensare che la stessa cosa la possa pensare in generale, per cui non avere un cervello che squadra analiticamente e razionalmente i corpi sia quasi vietato, non ammissibile. Insomma sembrava quasi ignorare il diritto di ognuno, perciò anche dei visitatori, ad avere uno spazio libero, se si vuole anche irrazionale, in cui la sensibilità oppure la stessa perversione (ad esempio sadica, erotico necrofila ecc.) possano emergere. Sembrava quasi che il permesso per entrare a vedere la mostra non comportasse solo l’acquisto di un biglietto (perché questa presunta sana iniziativa scientifica non è gratuita, ma specula sulla spettacolarizzazione della morte con la scusa dell’iniziativa scientifica), ma anche una visita dentro il cervello del visitatore per verificare con quale spirito si avventurava tra cadaveri e brandelli di carne umana. La studentessa sembrava poi ignorare che era libero l’ingresso anche per i minori e per gli studenti che seguono una classe per stare insieme agli altri, i quali non devono avere obbligatoriamente un cervello insensibile impostato scientificamente. Se una studentessa ha detto che provava “vomito”, appare palese che non c’è alcuna tutela per studenti e minori. Con questo spirito pubblico alcune foto dei cadaveri, riservandomi di effettuare, se tempo e modo me lo permettono, di fare una denuncia per vilipendio di cadavere e corruzione di minori.