LA MACCHINIZZAZIONE
Nietzsche ribadisce più volte che il
fondamento della morale aristocratica presuppone egoismo, un individualismo non
banale, ma forgiato nell’abisso della differenza e dell’unicità (pathos della
distanza), al punto che, di fronte alla dilagante “morale dello schiavo”,
assurge, correttamente dal punto di vista morale, a posizione morale superiore,
quella della “morale aristocratica”. In questo senso, mentre non viene
giustificata una “gerarchia sociale” in quanto tale, viene sempre giustificata
una “gerarchia morale” in quanto tale, cioè solo morale. Egoismo,
individualità, differenza sono punti di forza che, in Nietzsche, vengono spinti
al massimo delle loro potenzialità per generare, non una banda di assassini,
come crede chi ragiona dall’ottica del gregge, ma quell’“oltre-uomo” o
“superuomo” che è il portatore di una morale superiore e fondata sulla realtà e
sulla natura, nonché su un spirito tragico eroico e non rassegnato. Il termine
più adatto per indicare la filosofia di Nietzsche è “individualismo
aristocratico” o “anarchismo aristocratico”, dove il termine aristocratico non
nega l’individualismo o l’anarchismo (che Nietzsche condanna nel modo banale in
cui se lo trova di fronte: aveva di fronte il gregge degli “anarco-socialisti”
e, riguardo all’individualismo, aveva di fronte quello falso dei borghesi,
rimanendo oscuro il rapporto di Nietzsche con Stirner), ma, al contrario, li
rafforza in modo radicale secondo un fortissimo senso della “diversità” e della
“personalità” (caratteri ereditati, bene o male, dal Romanticismo). Dice
Nietzsche: “Si è finora ravvisato il
carattere proprio dell’azione morale nell’impersonalità; ed è stato mostrato
che al principio fu la considerazione dell’utilità generale quella per cui si
lodarono e si privilegiarono in genere le azioni impersonali..Noi tutti
soffriamo ancora della troppo scarsa considerazione di ciò che è personale in
noi; esso è malformato..si è al contrario distolto da esso il nostro animo e lo
si è offerto in olocausto allo Stato, alla scienza e a ciò che abbisogna di
aiuto <altruismo>, come se esso
fosse la parte cattiva, che doveva essere sacrificata” (F. Nietzsche - “Umano, troppo umano” vol. 1° - 95). La morale
altruistica dominante, quella di derivazione cristiana, illuminista, borghese,
socialista, scientista vede solo l’impersonalità, l’indifferenza tra individui,
popoli, sessi, animali ecc. E’ qualcosa che deve essere travolto con la forza.
Riprendiamoci le differenze! Se l’egoismo e il nazionalismo ci aiutano, anche
con il loro aiuto. Quando l’egoismo altrui o il nazionalismo ci minacceranno,
allora li combatteremo, ma per ora dovrebbero essere alleati. Questo modello di
spersonalizzazione dell’individuo e dei popoli segue il criterio della
“macchina” (quando penso che idioti che hanno occupato cattedre universitarie, a
cominciare da Heidegger e Cacciari, fanno di Nietzsche il “filosofo della
tecnica”, mi viene il voltastomaco): “La
macchina come maestra - La macchina insegna, attraverso se stessa, l’ingranarsi
di folle umane in azioni in cui ognuno ha una sola cosa da fare: essa dà il
modello dell’organizzazione di partito e della condotta di una guerra. Non
insegna invece la sovranità individuale; fa di molti una sola macchina, e di
ogni individuo uno strumento per un solo fine. Il suo effetto più generale è di
insegnarel’utilità della centralizzazione” (F.
Nietzsche - “Umano, troppo umano” vol. 2°, b, 218). L’individuo,
ridotto a ingranaggio di una macchina (centralizzazione), è l’individuo
professionale e moderno, che viene accusato di “razzismo” e demonizzato se, al
bar, non fornisce il caffè ad un cinese o congolese, ma poi, come tutti gli
ingranaggi, fornisce, meccanicamente, il caffè anche al terrorista islamico che,
per il giorno dopo, sta preparando un attentato criminale. Questo degrado
dell’individuo a meccanismo si fonda sull’impersonalità dei rapporti economici,
sociali, tecnologici della modernità. Impersonalità del prestatore d’opera e
impersonalità del fuitore dei servizi. Il fruitore dei servizi, nei limiti in
cui non c’è la costrizione a consumare obbligatoriamente in un certo posto
(come capita in alcune scuole e asili), può ancora scegliere e far valere la
sua personalità e i suoi valori culturali, il professionista o il dipendente,
invece, non può discriminare senza riceve il biasimo insopportabile dei
benepensanti, i quali vedono le persone come macchinette a disposizione degli
altri. Ma il presupposto di vedere gli individui e i popoli come delle “macchinette
altruistiche” a disposizione degli altri, sia in senso collaborativo-solidale e
sia in senso commerciale, è che individui e popoli siano considerati tutti “uguali”
e si distinguano solo in base alla loro “funzione”, come capita agli “ingranaggi”
di una macchina, i quali sono enti con diverse funzioni, ma facilmente
sostituibili, come i pezzi di un’automobile, perché i pezzi sono tutti uguali.
La creazione del “mondo macchina”, o mondo moderno cosmopolitico, presuppone la
spersonalizzazione totale di individui e popoli nel principio totalitario di “uguaglianza”,
il quale considera “ugualmente” ogni individuo e popolo come “pezzo della
macchina” e lo distingue solo in quanto “funzione” nell’ambito dell’altruismo
solidale o commerciale, dando per scontato che, in quanto “pezzo di una macchina”,
cioè “funzione”, ogni individuo e popolo è “sostituibile” perché funzionalmente
“uguale” al pezzo, cioè individuo o popolo, che lo sostituisce. L’eguaglianza è
principio di sottomissione di individui e popoli ad una sovrastruttura etico-politica
o economica (borghesia internazionale) che gestisce dall’alto del suo “fine” i
pezzi della macchina, vale a dire gli individui e i popoli. Questa sovrastruttura,
per esercitare il suo dominio, utilizza la scienza, la tecnologia, la cultura,
fissando che i fondamenti dell’etica si trovano a priori nell’utilità per gli
altri (altruismo): in fondo il valore etico del “pezzo della macchina” è quello
olistico della funzionalità della macchina. Così ogni individuo e popolo ha il
suo valore etico “fuori di sé”, nell’altro, nell’alienazione, nella
spersonalizzazione. Per questo motivo la “macchinizzazione” del mondo ha a suo
fondamento l’eguaglianza. Chi difende la diversità, individuale e dei popoli,
sia esso romantico, anarchico alla Stirner, razzista etico, non può far altro,
come fa Nietzsche, che negare l’eguaglianza, che nasce sempre da una posizione
olistica: “’Gli uomini non sono uguali’ -
così parla la giustizia” (F. Nietzsche -
“Frammenti postumi” 1882-84 - 3 (1), 39). E’ un vero depistaggio a
favore della meccanizzazione e dell’Impero mondiale quello di far credere che
la giustizia consista nell’eguaglianza e nell’equità, eguaglianza ed equità
sono giustizia solo all’interno di un insieme che gestisce dall’alto i singoli
e diversi individui e popoli. Eguaglianza
ed equità sono caratteri della legge, non della giustizia. La legge è il potere
che gestisce dall’alto individui e popoli, essa è l’espressione stessa della
meccanizzazione altruistica e dell’Impero mondiale. “La legge è uguale per
tutti”, ma la giustizia no. La diversità e personalità di individui e popoli
non chiede la legge e l’eguaglianza, bensì chiede la libertà, in cui è compresa
anche quella di rifiutare, nella propria vita (non nella loro; non si tratta di
un rifiuto che prevede la soppressione dell’altro rifiutato, cioè di un rifiuto
assolutizzato: è un rifiuto relativo “a me”, individuo o popolo cha sia), la
collaborazione altruistica con altri. Individui e popoli non sono macchinette
altruistiche. La difesa della diversità e personalità di individui e popoli
dall’oppressione della “morale dello schiavo”, cioè quella che rende “macchinette
altruistiche”, solidali o commerciali, è chiara in Nietzsche: “Obbedienza, senso della funzione, senso
della debolezza hanno innalzato il valore ‘del disinteressato’: in particolare
quando si credeva alla perfetta dipendenza da un solo Dio. Disprezzo verso se
stessi, ma cercare uno scopo per il quale si è, anzi si ‘deve essere’,
cionondimeno attivi <l’ingranaggio è passivamente attivo>: dunque per amore di Dio, e infine, quando
non si credette più in Dio, per amore dell’altro..l’individuo deve essere
arginato - perciò culto dell’altruismo” (F.
Nietzsche - “Frammenti postumi” 1881-82 - 11 (323)). Come si vede
Nietzsche, a ragione, considera l’altruismo come un’evoluzione della morale
cristiana, in cui il “tutto” verso il quale ci si mette a disposizione come una
macchinetta, un servo, uno sguattero è scivolato dal cielo in terra
(secolarizzazione), da Dio all’Umanità, cioè agli “altri” in generale, senza
più distinguere la propria personalità e chi è l’altro (indifferenza). E’
veramente incomprensibile capire come possa essere altruista un individuo che
si dichiara ateo. Evidentemente ha solo secolarizzato Dio nell’uomo, è un
cripto-cristiano. L’altruista è la massima espressione dell’impersonalità, ha
le stesse caratteristiche ascetiche che Nietzsche, a ragione, attribuiva al
dotto o scienziato: “Quel che gli resta
della ‘persona’, gli sembra casuale, spesso arbitrario, ancor più molesto:
tanto è divenuto a se stesso un passaggio ed un riflesso di figure ed
avvenimenti estranei. Non di rado, a furia di sforzi, ritorna col pensiero a
‘se stesso’, ma in maniera sbagliata; è facile che si scambi per un altro, cade
in errore nelle sue proprie urgenti necessità e soltanto in questo è rozzo e
trascurato..egli è uno strumento, un bell’esemplare di schiavo, se non
addirittura senz’altro la sua specie più sublime, senza essere, tuttavia, in se
stesso, nulla - presque rien! - ..deve soprattutto attendere una qualche specie
di contenuto per prender ‘forma’ secondo quest’ultimo - egli è di solito un
uomo senza alcun contenuto di nessuna sorta, un uomo ‘senza se stesso’” ( F. Nietzsche - “Al di là del bene e del
male” - 207 ).
Partendo dalla base che la personalità è e
deve essere “sovrana”, individui e popoli, manifestando liberamente la loro
personalità, hanno il diritto anche di essere “razzisti”, con il limite etico
minimo che si può opporre, che è, poi, quello che qui chiamiamo “razzismo etico”.
Quindi non tutte le forme di razzismo sono etiche, ma è falso sostenere che
tutte le forme di razzismo non sono etiche, quest’ultima affermazione è
ideologica, nasce dal tentativo di imporre sempre più radicalmente l’ideologia
altruistica e cosmopolitica della spersonalizzazione e della meccanizzazione. Essendo
l’individuo la fonte primaria della differenza e della personalità, ogni gruppo
deve considerare sacra la libertà individuale, senza la quale non esiste la
dignità, come scritto dal poeta romantico francese De Vigny già riportato: La libertà individuale, ciò è la dignità.
Gli spiriti comuni non hanno mai compreso e non comprenderanno mai questo” (Alfred de Vigny - “Diario di un poeta” -
1847). Ciò significa che la diversità e la personalità di un gruppo,
che sia la tribù, l’etnia, lo Stato regionale, la nazione, è costruita
culturalmente e non è naturale come quella individuale. Si tratta, perciò, di
una diversità e personalità artificiali, di una realtà di seconda posizione, di
livello morale più basso rispetto a quella individuale. Se è inaccettabile la
sottomissione altruistica di individui e popoli all’Umanità in generale, è
altrettanto inaccettabile la sottomissione altruistica, indifferenziata, alla
tribù, all’etnia, allo Stato regionale, alla nazione. Non è l’individuo che
appartiene a un “tutto”, un tutto che materialmente non esiste (il potere si
arroga il diritto di comandare sempre facendosi portatore delle istanze del
tutto, ma il tutto in sé non esiste, quindi il potere inganna per principio), l’individuo
non appartiene alla tribù, all’etnia, allo Stato regionale, alla nazione, come
si dice in genere, allo stesso modo in cui non appartiene all’Umanità o a Dio.
Nessun individuo a appartiene a qualcosa o qualcuno, appartiene solo a se
stesso. Al contrario un generico essere uomo può appartenere a un individuo vivente
della razza umana, mentre non appartiene ad un cavallo, dei generici caratteri
nazionali, regionali, etnici, tribali possono appartenere a un individuo, nella
misura in cui li sente “suoi”. Ma questa è una delibera che spetta unicamente
al singolo individuo. In genere, vivendo in un determinato luogo, o per
vocazione o per abitudine, ogni individuo fa “suo” qualcuno di questi caratteri
artificiali del gruppo. Fermo restando, quindi, il principio di supremazia
morale della libertà individuale rispetto alle pretese del gruppo, è chiaro che
gli individui, nella misura in cui condividono alcuni costumi del gruppo, vanno
a costituire una personalità di gruppo, artificiale ma pur sempre
distinguibile, che si oppone all’olismo della totalità semplicemente e
genericamente umanitaria e cosmopolitica. La nazione, la tribù, l’etnia, con le
loro personalità artificiali, interrompono l’estendersi all’infinito della
meccanizzazione altruistica politico-economica o politico-solidale. Contro il
totalitarismo umanitario e altruistico in modo indifferenziato, l’individualismo,
il nazionalismo, il regionalismo, il tribalismo possono e devono essere
alleati. Su questa base è giustificato anche il “razzismo etico”. Il
Romanticismo aveva accettato il concetto di nazione sulla base del suo
individualismo, in quanto concepiva la nazione come una “personalità culturale”
formatasi lungo il corso della storia. Questo ricordando quanto disse Nietzsche
della storia, cioè che “Un uomo che
volesse sentire sempre e solo storicamente, sarebbe simile a colui che venisse
costretto ad astenersi dal sonno..c’è una grado di insonnia, di senso storico,
in cui l’essere vivente riceve danno e alla fine perisce, si tratti poi di un
uomo, di un popolo, di una civiltà” (F.
Nietzsche - “Considerazioni inattuali” II - Sull’utilità e il danno della
storia per la vita). Con i limiti legittimi che l’individuo, la natura,
la vita impongono alle “personalità culturali” del gruppo, si può accettare la definizione
romantica di nazione, che fa ben cogliere come il nazionalismo romantico sia
nato per difendere la diversità e personalità dei popoli da quel cosmopolitismo
indifferenziato e meccanizzato che l’Illuminismo andava proponendo e che oggi,
dopo la vittoria degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, si è
affermato dovunque in modo radicale, portando al fanatismo tecnologico, generando
quella globalizzazione che è solo la manifestazione concreta dell’Impero informale
e commerciale americano. La globalizzazione solidale è solo la versione
buonista di quella americana, cioè miserevolmente ultra-cristiana, fondata su
un altruismo radicale e ipocrita. Il commerciante, infatti, sta sì al servizio
degli altri, quindi è altruista e affarista, ma ha almeno quel residuo di
personalità che fa fare al suo egoismo il calcolo commerciale in cui è esclusa
la gratuità, là dove il solidale, in teoria (nei fatti le cose sono bene
diverse, il solidale è quasi sempre un ipocrita o un benestante), dà tutto se
stesso agli altri, dando per scontato che gli altri facciano altrettanto: con
questa teoria si sente rinfrancato per affrontare la vita, non importa se si è
costruito una menzogna colossale. Nei fatti le cose andranno ben diversamente,
ma, restando alla teoria, l’altruista radicale o solidale è, alla fine, proprio
quell’individuo “senza se stesso” di
cui parlava Nietzsche. Come definizione romantica di nazione si può accettare
la seguente, che ben mostra come essa nacque in polemica con l’appiattimento
della diversità e personalità generato dall’universalità, dall’utilitarismo e
dal cosmopolitismo illuminsti: “Dire
senso di nazionalità, significa dire senso di individualità storica. Si giunge al
principio di nazione in quanto si giunge ad affermare il principio di
individualità, cioè ad affermare, contro le tendenze generalizzanti ed
universalizzanti, il principio del particolare, del singolo. Per questo l’idea
di nazione sorge e trionfa con il Romanticismo” (F. Chabod - “L’idea di nazione”).